Portare la Parola di Dio ai malati, e soprattutto vicinanza e presenza, è ciò che Papa Francesco ha invitato i sacerdoti a fare, in questi giorni.
Lo ha fatto nel corso della messa mattutina che ha celebrato a Santa Marta, per la prima volta trasmessa in diretta mondiale sulle reti vaticane. Il Pontefice ha infatti preso questa decisione per stare vicino agli ammalati di tutto il mondo, che in questi giorni sono costretti a restare a casa per le restrizioni adottate dai governi nazionali, diverse in ogni angolo del mondo, sempre più rigide in Italia.
“Abbiano il coraggio di uscire e andare dagli ammalati, portando la forza della Parola di Dio e l’Eucarestia”, ha detto il Papa ai sacerdoti, pensando anche a tutte le persone che non possono andare a Messa in questi giorni, per il divieto di assembramenti in luoghi pubblici.
L’invito è forte e radicale, e si inserisce nelle discussioni di questi giorni, in cui ci si chiedeva come debbono comportarsi i sacerdoti nelle diverse aree del Paese, oggi tutte sottoposte a restrizione nelle stesse modalità. Stare in casa, allontanati dal mondo per la paura di ricevere il virus oppure di contagiare gli altri, o cercare di stare il più possibile vicino al proprio popolo?
Vero è che anche i sacerdoti sembrano essere tra i più colpiti da questo virus, perché nelle loro routine quotidiane incontrano molte persone. Quindi è giusta la precauzione. Ma il Papa lo ha indicato in maniera chiara: ridisegnate le vostre priorità. Non pensate solo a voi stessi, non siate egoisti. Cercate strade nuove per incontrare i vostri malati, date una prova di vera fede in Cristo. Non trasgredite le regole ma inventatene di nuove, che si poggino tutte sulla stessa regola: quella dell’amore di Cristo per i suoi figli, tra loro fratelli.
Nel corso dell’omelia il Pontefice ha riflettuto sulla figura degli scribi, che al tempo si facevano chiamare “maestri” ma non facevano nulla per meritarsi questo appellativo. Erano ipocriti, innamorati della propria vanità e del titolo che veniva loro attribuito davanti agli altri. Ma questo atteggiamento, ha spiegato il Papa, è da stigmatizzare. E lo ritroviamo oggi nei comportamenti di molti cittadini, specialmente in chi riveste posizioni di autorità, decisionale o anche solamente morale.
Un rischio perciò in cui possono incorrere gli stessi sacerdoti, e da cui devono ben guardarsi. “Coprire la verità del nostro cuore con la vanità – ha affermato Francesco -. La vanità non guarisce mai! La vanità non guarisce mai. Anche, è velenosa, va avanti portandoti la malattia al cuore, portandoti quella durezza di cuore che ti dice: no, non andare dal Signore, non andare. Rimani tu”.
Un esempio invece a cui guardare, ha spiegato il Pontefice, è San Girolamo. Così penitente che voleva dare sempre al Signore tutto ciò che il Signore stesso gli domandava. “Ma il Signore non era contento”. Allora quel Santo, che – ricorda Francesco, con un pizzico di ironia – aveva “un caratteraccio”, si arrabbiò, e disse: “Ma, Signore, io non ti capisco. Io ti do tutto, tutto e tu sempre sei come insoddisfatto, come se mancasse qualcosa. Cosa manca?”. La risposta di Dio non si fece in alcun modo attendere: “Dammi i tuoi peccati: è questo che manca”
Giovanni Bernardi
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