La ripresa della messa dopo il lockdown ha causato un calo della partecipazione dei fedeli, come prevedibile. Quali sono le cause?
Un allarme su questo delicato argomento è stato lanciato da alcuni religiosi, pochi a dire il vero. Mentre per la parte restante della Chiesa, che comprende purtroppo gran parte delle gerarchie ecclesiastiche, i segnali sulle misure precauzionali e il corretto svolgimento delle messe sono positivi.
Si è parlato in queste settimane dei dati sui cosiddetti cattolici culturali, che negli anni precedenti si sono detti in calo ma ora un nuovo sondaggio spiega che potrebbero essere tornati in crescita. Non si parla però dei numeri sulla partecipazione alla liturgia, il momento più importante per la vita di un fedele
Per i più critici, sono gli effetti di un abbandono dei fedeli da parte di una certa chiesa durante il lockdown, e di una fede sempre più mondanizzata, schiava delle logiche mondale, modaiole, giovaniliste. E quindi sempre più annacquata, debole, a tratti inutile. Perché scimmiottare il mondo, ci si chiede, quando è ovvio che tra la copia e l’originale si sceglierà sempre l’originale? Se la Chiesa deve essere missionaria, e in uscita, la domanda che va posta è: verso cosa?
I numeri sulla partecipazione alle Messe riportati dal sito lanuovabq.it parlano di un calo dell’affluenza che va dal 30 al 50 per cento. Alcuni fedeli, dalla fine del lockdown, non sono mai ritornati a messa. Sono magari i più fragili, i più anziani e spaventati, coloro che (giustamente) preferiscono non correre rischi per la propria salute. Ma alcuni si chiedono: queste persone sono state abbandonate, lasciate indietro e sole dalle comunità cattoliche?
Domanda che forse ogni singola comunità dovrebbe porsi, e in maniera seria. Per alcuni, tuttavia, questo calo di partecipazione era da aspettarselo. “Non poteva che finire così”, viene affermato. I vescovi e i capi religiosi italiani, quindi, avrebbero fatto ben poco, soggiacendo semplicemente alle direttive del governo, chiudendosi nelle sacrestie e negli episcopati, e lanciando deboli strali all’indirizzo di non precisati destinatari. L’unica figura ecclesiastica che si è vista uscire fuori dalle proprie stanze è stato Papa Francesco.
Ma la drammaticità delle morti per Coronavirus, o durante i mesi del Coronavirus, che non hanno ricevuto né funerali né alcun tipo di saluto da parte dei parenti, ma che al contrario se ne sono andati da un momento all’altro nel più totale silenzio generale, segnerà indelebilmente la coscienza collettiva.
L’idea ancora più drammatica, però, è stato l’inaccettabile messaggio di fondo che si è lanciato in questi mesi di quarantena. Quello cioè che vorrebbe fare credere che della Messa si può farne a meno, come se possa una qualunque attività di intrattenimento.
Che in fondo possiamo accontentarci della salute del proprio corpo, e di una preghierina in camera la domenica. Forse, però, direbbero in molti, è troppo poco. Forse la Chiesa, per celebrare degnamente il mistero dell’Incarnazione e dell’Eucarestia, ha bisogno di vivere ogni domenica, con presenza corale, viva, partecipe.
La Messa non è infatti un servizio qualunque che si può interrompere quando vogliamo. Il Sacrificio Eucaristico è l’atto di riparazione che gli uomini offrono a Dio, al fine di espiare le colpe dei loro peccati particolari, conseguenze del Peccato originale di cui l’umanità si è macchiata.
Nella Santa Messa si celebra ogni volta il sacrificio di Cristo sul Calvario, ricordandone la sua presenza nella vita di ogni fedele, che ne attende il ritorno. Partecipando alla celebrazione eucaristica si celebra l’unione fra Cristo e la Chiesa, nel ricordo dell’Ultima cena, e si rende grazie per la pace e la benevolenza infinita che ci viene donata.
Tutto questo non può essere derubricato a un qualcosa di accessorio. Al contrario, si tratta di un evento fortemente necessario per la vita di un cristiano. E vedere poliziotti che entrano durante una funzione per interromperla rappresenta una violenza inaudita, che dovrebbe essere chiara a tutti quando invece non lo è affatto.
Per la semplice ragione, oltretutto, che i vescovi, le gerarchie della Chiesa, i vicari generali, i teologi, le persone cui spetta il compito di guidare la voce della Chiesa di fronte all’opinione pubblica, sono stati fin troppo silenti, dimenticandosi di sottolineare il grave disagio arrecato ai cristiani con il blocco arbitrario delle celebrazioni.
Forse, il problema, è la mancanza di fede. Lo ha attestato il vescovo di Pavia Corrado Sanguineti: “Dobbiamo riconoscere che è cresciuta la disaffezione alla Messa, gesto fondamentale della fede, e rischiamo d’essere un popolo sempre più disperso”, ha affermato il religioso.
Aggiungendo, in maniera sconsolata, che “non sono in molti a sentire la necessità di venire a Gesù, d’incontrarlo alla mensa della Parola e del Pane di vita, e tutto ciò ci deve interrogare come pastori, come Chiesa”. Insomma, è la deduzione del religioso: “le circostanze di questo tempo fanno venire alla luce una povertà di fede nel vissuto di tanti”.
Preghiamo il Signore che doni la fede al suo popolo, affinché il suo mistero possa risplendere con forza viva e rinnovata nelle celebrazioni eucaristiche al termine di questo periodo difficile, dovuto alla crisi sanitaria ma anche alla debolezza di molti dei suoi figli. Che il Signore ci doni la gioia e la forza di ritrovare una fede viva e ardente, che renda degno il Suo Sacrificio per la redenzione dell’intera umanità. Ti preghiamo, Signore, con tutto il nostro cuore.
Giovanni Bernardi
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