L’approccio delle istituzioni italiane nell’affrontare il Coronavirus è sempre più di tipo paternalistico. Ma è ora di trattare i cittadini da adulti e non da bambini.
L’intera impostazione assunta dalle istituzioni in questi mesi è stata rivolta al continuo controllo, alla normazione estrema di qualsiasi attività e comportamento umano, fin dentro le proprie abitazioni e in famiglia. Un nuovo lock-down dimostra ancora una volta questo tipo di approccio, che però è secondo molti totalmente errato.
L’allarmismo che mette in luce la debolezza delle istituzioni
L’allarmismo, la politica dell’emergenza continua, testimoniata dal prolungarsi infinito dello stato di emergenza, unico Paese in Europa ad averlo fatto, mette in luce la debolezza di governi e di istituzioni. Che pensano di potere avere risposte a tutto, in una sorta di delirio crescente di onnipotenza. Quando invece non è così.
Si tratta cioè di un “paternalismo moralista e autoritario”, come lo definisce Alessandro Barbano su Huffington Post, che è del tutto inaccettabile. Politici, scienziati, comitati di esperti, da mesi dibattono tra loro per decidere del destino delle altre persone, nel bene o nel male, visti ad esempio gli effetti economici delle chiusure sanitarie imposte dall’alto.
Dall’inizio del Coronavirus si è pensato solo a dire agli altri cosa fare
Uomini e donne dall’inizio della pandemia hanno cominciato a incontrarsi nelle segrete stanze per decidere cosa il resto dei cittadini avrebbero dovuto fare. Senza rendere conto a nessuno, nemmeno al Parlamento italiano, visto l’utilizzo dei dpcm da parte del Premier Conte. Un atteggiamento a dir poco autoritario che ha portato a scelte a dir poco discutibili, quando non del tutto e arbitrarie e controproducenti.
Medici e scienziati non allineati alla narrazione del governo, infatti, ogni giorno spiegano l’arbitrarietà delle decisioni assunte, e la mancanza molto spesso di qualsiasi tipo di presupposto scientifico che vi sono alla base. Il consulente di Oms e del Governo Ricciardi aveva parlato del lockdown come “misura di cieca disperazione”, e il suo commento è stato ben presto scientemente oscurato dal sito dell’organismo internazionale.
La realtà è che gran parte della crisi è dovuta a errori umani
In Lombardia, è ormai assodato che gran parte dei decessi nei mesi più duri della pandemia sono dovuti a errori di gestione dell’emergenza, a un’ospedalizzazione esagerata dei positivi che ha portato a una diffusione del virus nelle corsie degli ospedali, le stesse in cui venivano portati i positivi.
Così si è diffuso il Coronavirus. Nel vicino Veneto i positivi sono stati lasciati a casa, e i medici sono andati da loro a visitarli. Risultato: la pandemia è stata gestita in maniera molto migliore, e i decessi in numero molto inferiore.
Molti pazienti sono morti per reazioni autoimmuni fuori controllo
“Molti pazienti hanno perso la vita non per effetto della polmonite interstiziale indotta dal Covid, ma perché la loro reazione autoimmune è andata fuori controllo”, si spiega nell’articolo. “Tant’è vero che il farmaco con cui vengono trattati i casi più gravi è un immunosoppressore, cioè una molecola che riduce la risposta immunitaria”.
Invece oggi, con il rialzo dei contagi, si continua ci si divide tra “lockdown e coprifuoco, tra lanciafiamme e multe, tra delazioni e controlli”. Le misure di salute pubblica sono praticamente scomparse dai radar, inesistenti. Eppure è l’unica cosa di cui dovrebbe occuparsi il governo.
Trasorveglianza e responsabilità, l’Italia ha scelto il primo approccio
Subito dopo lo scoppio della pandemia, lo storico israeliano Yuval Noah Harari scrisse un articolo che ha fatto il giro del mondo in cui si spiegava che nei mesi successivi la risposta di tutti i governi del mondo avrebbe potuto oscillare entro due estremi. “Da una parte la sorveglianza totalitaria e dall’altra la responsabilizzazione dei cittadini”.
Purtroppo, “l’Italia ha dato fin qui la sensazione di preferire la prima alla seconda. Non tanto e non solo per aver adottato il lockdown più rigido d’Europa, ma soprattutto per le modalità con cui le singole misure sono state introdotte”.
Coronavirus. La verità occultata è la sanità pubblica carente
Mentre invece la verità occultata da politici e scienziati è un’altra. Quella cioè della mancanza di posti letto negli ospedali, di fondi investiti nella sanità pubblica. Di un sistema di test, di tamponi e di tracciamenti che dopo mesi di promesse sono in uno stato inaccettabile, con file interminabili lunghe ore per fare un singolo test, negli ambulatori ospedalieri dove si praticano i tamponi.
Di interessi dei privati che hanno la precedenza su quelli pubblici. Di roboanti annunci che corrispondono a una totale mancanza di provvedimenti. Sono questi che spaventano il sistema sanitario, e quindi i cittadini. “Allo scoppiare della pandemia si era detto: ne usciremo trasformati e migliori”, conclude l’articolo.
Coronavirus, si diceva che saremmo cambiati. Ma non è stato così
“Oggi sappiamo di non essere cambiati per niente. Non è cambiata la sanità. Non è cambiata la scuola, ancora in attesa degli inutili banchi a rotelle, incapace di contrattare con i sindacati dei docenti i doppi turni per decongestionare le aule, impreparata di fronte all’ipotesi sempre più concreta della didattica a distanza”.
“Non sono cambiati i trasporti urbani, prima vera fonte del contagio, se è vero che gli scuolabus scoppiano mentre il governo paga la cassa integrazione agli autisti di 22mila bus turistici inutilizzati”.
Giovanni Bernardi