Una triste notizia arriva dalla Cina. 31 nuovi contagi sono stati registrati a Pechino, 137 negli ultimi sei giorni, che hanno portato la capitale a chiudere nuovamente le porte.
Sono stati fermati i voli e schierati centomila operatori sanitari, al servizio delle comunità sociali, le “shequ” . Oltre centomila abitanti sono stati sottoposti a tampone, e i test starebbero continuando tutt’ora a tappeto. Si parla di code lunghissime di fronte ai laboratori, con novantamila test quotidiano a Pechino.
I controllori presidiano le zone di propria competenza, lasciano funzionare le strade e invitano le persone a sottoporsi ai controlli. I cittadini che vivono nei comprensori sono invitati a stare a casa e non possono ricevere visite.
Il personale vigila 24 ore su 24 entrare e uscite da ogni complesso residenziale, misurandone la temperatura. La gente viene convocata e incolonnata dalla propria abitazione verso i pullman, che li portano direttamente nei 190 centri dove vengono eseguiti i tamponi.
La paura però è che il focolaio possa nuovamente esplodere con maggiore intensità nei prossimi giorni. Ventisette zone cittadine sono state dichiarate a “medio rischio”, mentre una presenterebbe un “alto rischio”. Ovvero l’area intorno al grande mercato il mercato all’ingrosso Xinfadi, nel distretto Fengtai, da cui passano oltre l’80 per cento dei prodotti alimentari della città.
Si tratta del mercato più grande di tutta l’Asia, esteso per qualcosa come 157 campi di calcio messi assieme, venti volte più grande del mercato del pesce di Wuhan, lo stesso da cui si originò in partenza la prima ondata dell’epidemia di coronavirus.
Chi vive nelle aree considerate a medio rischio non può lasciare la città. In ogni caso, la maggior parte dei cittadini di Pechino per lasciare l’area metropolitana hanno bisogno di un certificato in cui si attesta che sono risultati negativi al tampone.
Per la prenotazione del test, servono in media quattro giorni di attesa. Alcuni centri rimandano le visite a luglio. Di questo passo, se la situazione non migliorerà, centinaia di migliaia di pechinesi saranno obbligati a rimanere nella capitale.
Nella sola giornata di oggi sono stati cancellati quasi 1300 voli tra partenze e arrivi nei due aeroporti cittadini, riducendo il programma di voli di due terzi. In questo modo, la capitale della Cina è diventata una fortezza da cui si spera di non fare fuoriuscire nuovamente il virus, mettendo nuovamente a rischio il Paese, e, di conseguenza, l’intero pianeta.
Le autorità cinesi stanno cercando in tutti i modi di evitare che i casi possano ricominciare a salire, anche perché ne andrebbe della loro immagine nel mondo. La questione è anche di natura politica che il Governo sta cercando di contrastare con tutte le armi a sua disposizione. Ma il modello Wuhan, anche in questo caso per ragioni di immagini, non è stato ancora replicato per la capitale.
L’Oms ha parlato di una situazione “estremamente grave“, mettendo fortemente in guardia da nuovi pericoli e invitando a fronteggiarli con tutte le proprie forze. Il virus è già arrivato anche nella provincia di Hebei, e un caso sospetto è stato registrato nella lontana area di Sichuan.
Un epidemiologo della capitale avrebbe asserito che stavolta l’infezione potrebbe essere tornata indietro dall’Europa. Un funzionario della capitale ha ammesso che “gli sforzi di contenimento dell’epidemia sono rapidamente entrati nella modalità da tempo di guerra”.
Il portavoce della municipalità di Pechino, Xu Hejian, ha affermato che “non siamo sicuri riguardo alla mutazione del virus. Attualmente l’epidemia si sta diffondendo nella capitale e dobbiamo rimanere vigili”. Preghiamo perché non scoppi un nuovo focolaio.
Giovanni Bernardi
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