Il governo ha deciso di “prorogare fino al 13 aprile tutte le misure di limitazione alle attività e agli spostamenti individuali finora adottate”.
L’annuncio, che era già nell’aria da settimane, è stato dato durante l’informativa al Senato dal ministro della Salute Roberto Speranza. “Sbagliare i tempi e anticipare alcune mosse rischia di vanificare gli sforzi. Questa è l’unica strada praticabile per riaccendere i motori”, ha spiegato il ministro.
La decisione che nasce da esperti e scienziati
Precisando che la decisione, di confermare la chiusura di tutte le attività economiche e degli spostamenti individuali fino al 13 aprile, nasce a partire dalle indicazioni del comitato tecnico scientifico.
Il ministro ha affermato che è necessario “uscire da questa crisi più forti di come ne siamo entrati”. “Siamo nel pieno di una esperienza durissima, drammatica, che segnerà il nostro Paese e il mondo intero. Una esperienza collettiva e individuale, ciascuna indelebile che segnerà ognuno di noi”, è stata la dichiarazione di Speranza.
La battaglia principale riguarda il vaccino
Una battaglia importante che si sta giocando è quella scientifica che riguarda il vaccino, senza il quale difficilmente potremo dire di avere sconfitto il virus. Quindi, ciò porta alla consapevolezza che il periodo in cui dovremo fare grande attenzione ad ogni spostamento non sarà breve. “Dovremo sapere gestire questa fase di transizione ed evitare l’esplosione di nuovi focolai”, ha detto Speranza.
Nel dire che nella lotta per la ricerca del vaccino, Speranza ha ribadito che l’Italia è presente. Ma ha anche lanciato un appello: “L’Europa cambi le sue politiche”. Perchè “questo che stiamo vivendo è un passaggio difficilissimo della nostra storia nazionale e non è più il tempo delle divisioni. Unità e coesione sociale sono indipensabili come ha detto il presidente Mattarella”.
Da crisi sanitaria a economica
La crisi globale da sanitaria è ormai passata ad essere economiche. Il numero totale dei contagiati sfiora attualmente un milione in tutto il mondo, e le economie di quasi tutti i paesi del pianeta sono praticamente ferme, se non per le attività essenziali. “Sono ormai datate le dispute geopolitiche e l’ora della solidarietà, perché nessuno si salva da solo”, ha perciò chiosato il ministro della Salute italiano.
E il mantenimento di un clima politico “positivo e unitario è una precondizione essenziale per tenere unito il Paese in questo momento difficile della nostra storia. Non è il tempo delle divisioni”, ha aggiunto. Mettendo in luce anche la necessità di un “investimento strategico sul sistema sanitario cardine per la ripartenza”.
La dura condizione per ospedali e medici
Speranza si è poi concentrato anche sulla dura situazione che stanno vivendo medici e ospedali, alle prese con un’emergenza molto difficile da gestire, che ci ricorda quali siano le priorità su cui concentrarsi anche in tempi normali.
“Il Servizio sanitario è il patrimonio più prezioso che possa esserci: su di esso dobbiamo investire con tutta la forza che abbiamo. È la cosa che conta di più. Dobbiamo assumere come principale tema della ripartenza nazionale l’investimento strategico sulla salute”, ha detto Speranza.
Non bisogna perdersi d’animo
Una lotta che giorno dopo giorno si fa sempre più serrata ma non per questo bisogna mollare la presa. “Siamo stati costretti a concentrare grandissima parte delle nostre risorse nella lotta contro il coronavirus e sarà così ancora per tanto tempo. Ma anche i malati cronici, come gli oncologici e di altre patologie, come quelle rare, meritano la massima attenzione e dovremmo su di loro costruire specifiche politiche per la fase che verrà”.
Per quanto riguarda invece o casi più duri, quelli cioè dei “malati cronici, dovremo costruire specifiche politiche per la fase che verrà”, ha spiegato il ministro.”E’ fondamentale tornare a sviluppare in parallelo con gli ospedali, che sono e restano essenziali, la rete dei servizi territoriali, tutti i servizi di prevenzione e una rinnovata integrazione tra politiche sanitarie e politiche sociali. Dobbiamo uscire da questa crisi più forti di come ci siamo entrati”.
Giovanni Bernardi
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