Sembra proprio che il pericolo di contagio per il Coronavirus sia iniziato insieme al Tempo di Quaresima di questo anno. Non vi pare?
I collegamenti che si possono fare tra il tempo di digiuno e di preghiera, di allontanamento dal vizio, dettato dal calendario liturgico, e quello attuale, pregno di restrizioni per la salvaguardia dell’incolumità e della salute di ognuno, sono lampanti e all’ordine del giorno.
Il numero 40, ad esempio, molto significativo nella Bibbia, specialmente in merito agli eventi pre e post Quaresima, sembra poter comprendere, ormai, anche i giorni di “quarantena” che ci vengono imposti dalle autorità.
Allora, senza dare adito alle voci che presuppongono azioni divine e punitive, questo tempo di isolamento -dalla realtà che siamo abituati a vivere- potrebbe fruttare davvero tanto alla nostra anima.
Lontani dalle abitudini e dallo spreco, costretti a centellinare le uscite e a dar conto di ogni nostro spostamento; distanti dagli affetti delle persone care che vivono in altri luoghi; privati delle smancerie quotidiane del baciarsi e dell’abbracciarsi, anche solo per convenienza; potremmo davvero riscoprire la vita semplice e genuina, essenziale, che abbiamo smarrito, lungo il percorso della nostra vita.
Ora, il mondo la fuori ha quasi l’aspetto di un deserto, come quello che Cristo stesso attraversò, proprio per 40 giorni, provato dalle tentazioni del demonio che voleva dissuaderlo dalla sua missione.
Ora, la preoccupazione di ogni giorno non è più per la corsa al lavoro, al guadagno, all’autobus di passaggio, al semaforo verde, al primo posto della fila in banca, ma per la salute propria e delle persone care.
Sarebbe normale e legittimo che fosse così sempre per un cristiano (per tutti, in realtà), che si priva della propria avidità, perché la riconosce come una mancanza di rispetto -per lo meno- nei confronti di chi ancora, su questa stessa terra, non ha pane per sopravvivere.
Come al passaggio del mar Rosso le acque fermarono coloro che volevano ostacolare il realizzarsi della Parola di Dio, che chiedeva libertà per il popolo d’Israele schiavo d’Egitto, così, lasciamo che il mare del superfluo si chiuda alle nostre spalle, mentre poggiamo i piedi sulla terra ferma e solida della Parola che salva.
Quel viaggio per Israele durò 40 anni; per noi finirà molto prima e certamente ci porterà alla prossima risurrezione, il giorno di Pasqua, ed avrà un sapore nuovo anche per i non credenti. La quarantena finirà e, come quando dopo una tempesta si vede spuntare il primo raggio di sole, tireremo un sospiro di sollievo e, forse, intanto, avremmo riformulato le nostre priorità.
Leggi – Coronavirus: le piccole parrocchie d’Italia rispondono
Antonella Santisani
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