Nelle ultime ore cresce la rabbia di sindaci e governatori di tutta Italia contro le immagini di movida incontrollata nelle città subito dopo la prima riapertura dalla crisi del coronavirus.
I messaggi si susseguono uno dietro l’altro, e tra di questi un filo comune: l’appello ai cittadini affinché siano responsabili negli spostamenti e nelle interazioni, per evitare che il paese possa finire in una seconda emergenza, fatta di decessi e di divieti. Aperitivi, incontri pubblici, chiacchierate, manifestazioni, balli. Le immagini sono molteplici e arrivano da tutte le aree del paese.
I comportamenti che fanno infuriare
Comportamenti eccessivi e sopra le righe, spesso di una minoranza di persona, che rischiano di fare ricadere nuovamente tutti nell’incubo del lockdown e dell’emergenza sanitaria. Il rischio della comparsa di nuovi focolai e alto e per questo sale anche la preoccupazione di chi ha responsabilità di gestione della cosa pubblica.
Ieri sono arrivate le parole di ieri del premier Conte. In cui ha spiegato che “rimane fondamentale, anche quando siamo all’aperto, il rispetto delle distanze di sicurezza e, ove necessario, l’utilizzo delle mascherine”. E che “non è ancora questo il tempo dei party, delle movide e degli assembramenti”.
Le parole del premier Conte
Conte ieri ha ricordato al Paese che non siamo ancora fuori dall’emergenza e che per questo bisogna fare molta attenzione. “Occorre fare attenzione perché esporre se stessi al contagio significa esporre al contagio anche i propri cari”, ha detto.
Spiegando che il governo ha “predisposto un accurato piano nazionale di monitoraggio, che consente – sulla base delle informazioni quotidiane che sono tenute a trasmetterci le Regioni – di disporre di un quadro dettagliato della curva epidemiologica”. Un piano che “permetterà di intervenire, se necessario, con misure restrittive nel caso in cui, in luoghi specifici, dovessero generarsi nuovi focolai“.
La protesta di Veneto e Lombardia
Oggi invece ne sono arrivati altri. Ad esempio da Veneto e Lombardia, dove le numerose segnalazioni hanno ricevuto la risposta furiosa dei governatori. Zaia ad esempio ha spiegato che “alla volta del 28 maggio, dieci giorni dopo l’apertura del 18, capiremo come vanno i numeri. Se ci saranno casi di re-infezione dovremmo ripensare a chiusure, restrizioni e anche a fare quarantene di focolai evidenti”.
Mentre il governatore della lombardia Fontana, reduce dalle grandi sofferenze vissute dalla propria regione, si è scagliato contro “i quattro ‘stupidotti’ che non stanno alle norme vigenti dico solo che vanificare gli sforzi compiuti fin qui è follia. Ho quindi chiesto, a Prefetto e Sindaco di intensificare i controlli: chi rispetta le regole continui a lavorare. Chi, ad oggi, ancora sottovaluta la situazione, chiuderà. A Milano come in tutta la Lombardia”.
La circolare del ministro dell’Interno
Oltre loro, si è espresso anche il sottosegretario all’Interno Achille Variati, dopo la circolare dei giorni scorsi del Capo del Viminale Lamorgese in cui chiede alla Polizia e alle Forze dell’ordine di intensificare controlli e sanzioni. “Le notizie che ricevo da molte prefetture sono preoccupanti”, ha spiegato Variati.
“C’è troppa leggerezza da parte di troppe persone, specie nei contesti aggregativi come quelli di piazze, bar, della movida cittadina: usi ‘creativi’ della mascherina, mancato rispetto della distanza di sicurezza, contatti e scambi che rischiano di facilitare la trasmissione del virus”, ha aggiunto.
La preoccupazione del Viminale
Variati ha anche confessato di avere sentito le prefetture del Veneto, e che “purtroppo i rapporti confermano il quadro che ci siamo fatti grazie alle immagini diffuse dai mezzi di informazione e dai social media”.
Ragione che ha portato il Viminale a richiamare l’attenzione delle forze dell’ordine sugli assembramenti. “Nessuno, razionalmente, vuole tornare indietro. Ma il rischio è quello”, ha chiosato.
L’invito accorato degli esercenti pubblici
Preoccupazione e richiesta di responsabilità sono arrivati anche dal direttore generale della Federazione italiana dei Pubblici Esercizi Roberto Calugi. “Se tra dieci giorni la curva dei contagi dovesse tronare a salire e fosse necessario disporre ulteriori chiusure, sarebbe un dramma per tutti”, ha confessato Calugi. “Dopo 3 mesi di lockdown, sarebbe il colpo mortale per un settore già in ginocchio. Non si puo’ essere superficiali: è importante rispettare alla lettera le norme di sicurezza che ci siamo dati”.
Di qui l’invito. “Invito dunque i gestori dei locali, con la responsabilità che è propria del loro mestiere, a diventare il primo argine contro la movida irresponsabile: è chiaro che non possiamo trasformarci in tutori dell’ordine, ma contiamo sull’aiuto delle forze di pubblica sicurezza per evitare assembramenti e mettere in sicurezza anche chi pensa che il coronavirus sia ormai sconfitto.
Solo così questa fase due potrà davvero essere l’anticamera di un ritorno alla normalità“.
Giovanni Bernardi
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