La ricercatrice del Sacco: il Coronavirus non ha pericolosità elevata, e indossare la mascherina da sani è inutile. I miei genitori non l’hanno neanche comprata.
Un team di ricercatori dell’ospedale Sacco di Milano ha isolato il ceppo italiano del coronavirus. La giovane biologa ricercatrice del Sacco, Alessia Lai, fa parte del gruppo che ha raggiunto l’importante obiettivo. Intervistata da Agi ha spiegato il loro operato di questi giorni. Che nel momento in cui i contagi si rialzano e tutti i media martellano sul tema, diffondendo panico e apprensione, diventa inevitabilmente più intenso.
“Il Sars-cov2 non è un’influenza, ma non ha pericolosità elevata”
“Il Sars-cov2 non è un’influenza, ma non è neanche un patogeno a pericolosità elevata”, afferma a questo proposito la ricercatrice. “Se mi sta chiedendo se ho imposto misure di emergenza alla mia famiglia, la risposta è no. I miei genitori non hanno neppure comprato mascherina o disinfettanti particolari”.
Il consiglio della ricercatrice, che da giorni, racconta, arriva in 8.30 all’ospedale per uscirne alle 21, “è quello di seguire le regole base dettate dal Ministero, ma senza chiudersi in casa. Bisogna condurre una vita normale”. Tuttavia, “indossare la mascherina se non si è infetti è perfettamente inutile. La mascherina serve solo a non trasmettere un virus che già si ha, non a non contrarne uno che non si ha”.
Il gruppo che ha isolato il ceppo del Sars-cov2
Il gruppo è riuscito a il ceppo del Sars-cov2 grazie al congelamento di una linea cellulare animale, poi messa in coltura con il virus. “Da lì si osserva la morte delle cellule e come agisce il virus che viene iniettato“, spiega la ricercatrice.
Un batterio infatti è differente dal virus perché il primo si sviluppa indipendentemente. Il secondo, al contrario, “per vivere ha bisogno di un ospite”. “Sapevamo dove andare a cercare, così come lo sappiamo per ogni virus che studiamo. Ora abbiamo prodotto una grande quantità di virus, che servirà per testare l’efficacia dei farmaci esistenti e magari per realizzarne di nuovi”.
Come opera il team di ricercatori che studio il Coronavirus
Il team di ricercatori da anni studia l’hiv. E gli stessi farmaci testati per l’hiv vengono usati anche sul Sars-cov2. Ora il loro lavoro sarà quello di sequenziare il genoma completo del virus, il cosidetto Rna. “In sostanza lo interroghiamo per farci dare da lui tutte le risposte in merito a dove è stato, in quali condizioni si è sviluppato”.
Attraverso il genoma di tutti i pazienti gli scienziati riuscirebbero a ricostruire la “carta d’identità” del Sars-cov2, spiega la donna. Per quanto riguarda la pericolosità del virus, la scienziata ha affermato che “non va sottovalutato, ma non moriremo di questo. Per capirci: i laboratori che si occupano del Sars-cov2 hanno un livello di sicurezza Bsl3, quando ci occupiamo dell’ebola ne dobbiamo usare uno in più”.
Coronavirus, la dottoressa: per arrivare a un vaccino “ci vorranno anni”
Per arrivare a un vaccino, invece, “ci vorranno anni“, spiega la dottoressa, molto distante dalle narrazioni che si leggono invece ogni giorno. “Il fatto di aver isolato il ceppo del virus è fondamentale, soprattutto per capire se è mutato rispetto al virus cinese. Però sicuramente servirà molto tempo, esistono dei passaggi formali e dei test che non possono essere ignorati”, spiega.
Ma quando è esplosa la psicosi del Coronavirus, a marzo, e tutti si sono gettati nel panico a fare scorte di cibo ai supermercati, la dottoressa spiega di non avere certamente fatto parte di quei gruppi di persone. “Certo che no”, risponde all’intervistatrice. “Non è una pandemia, bisogna vivere normalmente. Il problema è che, essendo un virus nuovo, non lo conosciamo molto bene. Ma da qui a pensare all’Apocalisse, sicuramente no. Non ho fatto scorte di cibo, ma neppure di Amuchina”.
Giovanni Bernardi