Il momento è critico. Nessuno di noi sa davvero cosa pensare e come regolarsi, in merito al dilagare dell’emergenza Coronavirus.
C’è un aspetto, però, più preoccupante ed è quello espresso dai Social, quei mezzi mass mediatici che usiamo quotidianamente per sfogare la nostra inquietudine, per appagare la sete di protagonismo.
Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha detto: “È necessario fare ancora di più per contenere il contagio. Garantire un efficace distanziamento sociale è fondamentale per combattere la diffusione del virus. Il comportamento di ciascuno è essenziale per vincere la battaglia”.
E questo implica di non frequentare luoghi pubblici, nemmeno all’aperto, nemmeno se intorno non c’è nessuno, almeno per una forma di rispetto nei confronti di chi rimane a casa, osservante delle regole.
I Social, invece, sono pieni di post che parlano dell’ultima passeggiatina salutare, del bisogno estremo di uscire di casa per sgranchirsi le gambe, con una scusa qualunque.
I Social sono colmi di quelle frecciatine al Governo, all’esercito, agli addetti ai lavori che non farebbero abbastanza. I Social pensano di sapere tutto e ragionano -apparentemente e malamente- sulle ultime disposizioni governative, diffondendo notizie false, che non fanno altro che fomentare lo scoraggiamento, la rabbia, la preoccupazione con cui riempiamo la nostra solitudine.
Forse ci sfugge un fatto fondamentale: al momento, nessuno al mondo conosce una cura per il Coronavirus. Anche i farmaci sperimentati non danno lo stesso effetto su ogni persona! Diciamo questo, non per creare allarmismi, ma per far capire che è importantissimo non esporsi al contagio e null’altro ci serve sapere. Anche in situazioni di non emergenza, ognuno reagisce in maniera diversa ai farmaci, come alle influenze stagionali. La spiegazione non risiede nella capacità dei medici o degli infermieri, ma nel modo di reagire del nostro organismo.
Dunque, bando a quei post terroristici che parlano di medicinali che accelererebbero il processo del Coronavirus, almeno fino a quando ciò non sia confermato dalle autorità competenti. Bando a quelle chiacchiere che vorrebbero soppesare il contributo di aziende e privati alla causa. Bando alla irriconoscenza nei confronti di coloro che stanno facendo il possibile per salvare chi è già infetto, mettendo a rischio la propria vita.
Pregate e leggete il Vangelo, per capire che la speranza di salvare la vita viene dalla generosità dell’auto-isolamento. Pregate, perché tutti comprendano di poter essere migliori, poiché è l’aridità dell’anima che ci fa sputare sentenze, pur di avere qualche like di considerazione.
Al momento non c’è nessun protocollo certo, per la cura al Coronavirus -lo ripetiamo- se non quello di convertirci, per uscire fuori da quel contagiosissimo egoismo. E’ quello che ci sentire al si sopra di ogni sospetto e ci fa puntare il dito contro il prossimo.
Nel caso specifico dell’ibuprofene, abbiamo avuto modo di accertare personalmente che nell’ospedale di Pavia -da cui, a ore, uscirà il paziente n.1- molti malati trattati con questo farmaco sono guariti, solo alcuni peggiorati.
Fidiamoci dei medici. E che nessuno ci dica mai: “Come puoi dire al tuo fratello: ‹Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio›, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita!” (Lc 6, 42) e smettiamola di “inoltrare” post-spazzatura!
Antonella Sanicanti
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