A partire da aprile, a Roma è iniziato il “Drive-in” del tampone: persone selezionate e potenzialmente a rischio vengono invitate fare il test in auto.
Il modello è stato attuato per la prima volta in Corea del Sud ed è stato ripreso in varie regioni. Adesso anche la Capitale ha deciso di adottarlo per aumentare il numero dei controlli.
Con il numero di contagi e quello dei decessi che non si arresta, è emersa la necessità di dover accelerare la raccolta di tamponi oro-faringei per i test sul Coronavirus. Per farlo a Roma si è deciso di adottare il metodo “Drive-in”. I pazienti selezionati per il test si recano presso il posto indicato dalla Sisp (Servizio Igiene e Sanità Pubblica) con la propria auto e vengono accolti dai medici.
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In questo modo vengono invitati un numero più ampio di possibili positivi a cui, non dovendo accoglierli nella struttura ospedaliera e farli aspettare, viene prelevato rapidamente il campione utile all’analisi. Per il momento il tampone stile ‘Drive-in’ viene applicato esclusivamente sul territorio della Asl Roma1, presso il complesso Santa Maria della Pietà. Non è escluso, però, che nei prossimi giorni tale decisione venga estesa anche ad altri territori della capitale.
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A spiegare come funziona il test ed il perché è stata presa questa decisione è stato Enrico Di Rosa, direttore del Sisp della Asl Roma1: “Questa metodologia consente di ottimizzare l’utilizzo delle risorse sia umane che di dispositivi di protezione – spiega – e consente di aumentare di molto la nostra capacità produttiva. Fino a ora abbiamo fatto complessivamente circa 300 tamponi”. Chiaramente non tutti i cittadini sono chiamati a fare il test. In base alle segnalazioni, sarà il Sisp a decidere chi sottoporre al test. Una volta individuati i pazienti a rischio contagio, si procederà con una convocazione presso la struttura. Un simile espediente, inoltre, può essere utile per valutare le condizioni del personale medico in isolamento per sospetto contagio.
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Luca Scapatello
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