Una storia che ha dell’incredibile. Una vicenda che vede uno scambio di salme all’Ospedale di Roma. Ad accorgersi dell’accaduto, sono i figli.
“Quella lì non è nostra madre” – affermano i figli della donna, sepolta al posto di un’altra. L’incredibile vicenda raccontata dalla loro stessa voce.
Giuseppina: dal Coronavirus allo “scambio”
Una vicenda che non può avere commenti. Una donna sepolta al posto di un’altra e dei figli che reclamano la salma della loro vera madre. A quanto raccontano i figli, la donna pare sia stata “letteralmente inghiottita” dagli ospedali, dopo la sua positività al Coronavirus.
Ma andiamo con ordine. Giuseppina è ospite di una Rsa di Nerola. I suoi figli vengono contattati dall’Asl Roma 5 che informa loro la positività al Covid della mamma. “Il 25 marzo la stessa Asl trasferisce tutti i pazienti al Nomentana Hospital. Lì un’infermiera ci assicura che nostra madre è arrivata con la sua cartella clinica e con tutte le sue medicine al seguito” – iniziano a raccontare i figli della donna.
“Dicevano di aver perso la sua cartella clinica”
E’ il 29 marzo ed uno strano messaggio sul cellulare dei figli di Giuseppina arriva: “Ci comunicano che il trasferimento è stato attivato e fatto dagli operatori ASL e che, con il paziente, è partita anche la cartella clinica e la relativa terapia agli operatori del 118. A quanto abbiamo appreso, successivamente da loro persa e da noi rinviata digitalmente” – continuano i figli.
La situazione degenera: “Il 30 marzo, un medico di turno ci comunica che nostra madre sta bene, non ha febbre e ci dicono solo che è arrivata qui senza vestiti e che avremmo dovuto lasciare al posto di guardia qualche indumento. Ma il 2 aprile, invece, veniamo a sapere che mia madre ha contratto la scabbia e che è stata sottoposta a un trattamento antiparassitario. Il 10 aprile arrivano i risultati dei tamponi Covid e sono entrambi negativi”.
Il peggioramento di Giuseppina
Al Nomentana Hospital, però scoppia un focolaio. Giuseppina, due giorni dopo, il 12 aprile, si aggrava e viene trasferita in un altro pronto soccorso: “Nessuno ha saputo dirci quale però. Ci dicono che è ricoverata all’Umberto I, è negativa al Coronavirus e una dottoressa parla di nuovo di “stomia” (di cui Giuseppina soffriva sin dal suo primissimo ricovero dopo la positività al Covid). Il 14 aprile, infine, ci chiamano dal pronto soccorso: nostra madre è morta. Il 15 aprile ci rechiamo alla camera ardente. E cosa scopriamo? Che la salma non è quella di nostra madre”.
La scoperta che, quella salma, non era di Giuseppina
Scioccati, i figli di Giuseppina denunciano tutto alle autorità competenti. Le prime indagini affermano che Giuseppina è stata, forse, tumulata, a Rocca Sinibalda, in provincia di Rieti, ma con un altro nome. Successivamente, i figli hanno scoperto che, al Nomentana Hospital, nello stesso periodo in cui era ricoverata la loro mamma, un’altra donna era lì, con la “stomia”, poi trasferita al Sant’Andrea. “Ci hanno detto che la documentazione di nostra madre, al momento dell’arrivo al Nomentana era deficitaria e dalla copia del documento non era possibile riconoscerla” – concludono i figli.
Una cosa è certa. Ad oggi i figli di Giuseppina non hanno una tomba su cui piangere e la vicenda presenta ancora dei lati oscuri. Perché questo “scambio” di pazienti? Com’era possibile che non fossero riconoscibili?
Per leggere la vicenda completa, vai su: roma.repubblica.it
ROSALIA GIGLIANO
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