Assistere gli ammalati di Coronavirus senza le dovute precauzioni. La storia di due infermiere.
Due infermiere della casa di risposo “San Luigi Gonzaga”, di un comune in provincia di Varese, raccontano la loro storia: “Così ci siamo infettate”.
Questa che stiamo per raccontarvi è la storia di due infermiere che hanno lavorato in una casa di riposo di un comune della provincia di Varese. Una di loro ha contratto il virus, l’altra, invece, ha deciso di lasciare il suo posto di lavoro: “Abbiamo lavorato senza mascherine” – hanno dichiarato.
“Il virus iniziava la sua diffusione in Lombardia e, all’interno della struttura, non veniva preso alcun provvedimento” – inizia a raccontare una di loro, che ha lavorato nella casa di riposo di Gorla Minore fino al mese scorso – “Lavoro anche in un’altra struttura in provincia di Milano e lì sin dall’inizio si sono preoccupati di fare scorte di dispositivi di protezione che, anche se non sempre ottimali, ci sono stati forniti con una certa regolarità”.
L’infermiera racconta che le precauzioni non sono state prese con tempestività: “Solo alla notizia della morte di un anziano, che aveva contratto il Coronavirus, hanno iniziato a farci arrivare le mascherine. Tutto in ritardo”.
La sua paura, il capire se aveva anche lei contratto il virus, l’aver paura anche per la sua famiglia, l’ha portata a non rientrare a lavoro all’inizio di aprile. “Fino al 27 marzo non ho visto mascherine all’interno della casa di riposo, se non quelle fatte con la carta velina o con le tovaglie in tessuto non tessuto” – ha dichiarato affranta.
Nessuno aveva ancora capito la gravità della situazione, solo chi era un po’ più esperto aveva capito che, anche lì era arrivato il Coronavirus: “Molti anziani in casa di riposo avevano la febbre. Già a marzo è iniziato l’aumento dei decessi. Le morti venivano fatte risalire regolarmente ad altri motivi.
Durante l’ultimo turno che ho svolto, ho trovato 3-4 ospiti con la febbre e una di loro è stata ricoverata su richiesta dei familiari. Dal tampone è risultata positiva e dopo qualche giorno è morta” – ha continuato nel suo racconto.
La paura ha assalito molti suoi colleghi. Un’altra infermiera è stata ricoverata in ospedale, dopo il risultato positivo del suo tampone Covid19: “Lavoro da due anni alla San Luigi Gonzaga. Confermo che fino alla fine di marzo non sono state date mascherine. Solo litigando riuscivamo ad ottenere qualche dispositivo” – ha dichiarato quest’ultima.
Insomma: una situazione difficile, ma al tempo stesso surreale. Tanti anziani morti, la cui vita poteva esser salvata semplicemente se ci si fosse accorti in tempo che il virus era anche lì arrivato.
Ascoltare dalla viva voce delle infermiere che si lavorava senza dispositivi di protezione, fa male, oltre a far paura. La vita è sacra e deve esser difesa sempre e comunque. Speriamo, quanto prima, siano presi provvedimenti contro chi ha visto con leggerezza la gravità della situazione.
ROSALIA GIGLIANO
Fonte: varesenews.it
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