Secondo i dati ottenuti da uno studio multidisciplinare italiano, il raggi UV a frequenza corta neutralizzano il Coronavirus.
Lo stesso accade anche con i raggi UV di tipo A e B che emette il nostro sole e che non vengono filtrati dall’atmosfera come quelli di tipo C.
Raggi Uv e Sole possono neutralizzare il Coronavirus
Da tempo si parla della possibilità che il Coronavirus possa affievolirsi a causa del caldo. Finora si trattava semplicemente di ipotesi basate sull’andamento delle altre diffusioni virali, con molti virus, tra cui quelli influenzali, che tendono a scomparire con l’arrivo della bella stagione. L’obbiettivo dello studio sperimentale multidisciplinare condotto dall’INAF, dall’Università di Milano, dall’INT e dall’IRCCS Fondazione Don Gnocchi era proprio quello di dimostrare l’efficacia dei raggi uv sul virus.
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Partendo dal presupposto che la capacità dei raggi UV-C di abbattere batteri e virus è ben nota, i ricercatori hanno cercato di capire in quanto tempo e su quali concentrazioni di coronavirus questi avessero un effetto neutralizzante. I dati ottenuti dalla sperimentazione sono stati ben oltre ogni aspettativa. A spiegarlo ad ‘Agi’ è stato l’esperto dell’INAF, Andrea Bianco: “Abbiamo trovato che è sufficiente una dose molto piccola – 3.7 mJ/cm2, cioè equivalente a quella erogata per qualche secondo da una lampada UV-C posta a qualche centimetro dal bersaglio- per inattivare e inibire la riproduzione del virus di un fattore 1000, indipendentemente dalla sua concentrazione”.
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Le lampade utili a disinfettare l’ambiente, ed il sole?
Lo studio di fatto dimostrerebbe che le lampade UV sono efficaci a disinfettare gli ambienti interno. Questo significa che, se i risultati venissero confermati, le aziende possono dotarsi di dispositivi a raggi UV per proteggere i dipendenti dal contagio. Il risultato, però, è utile anche per mostrare come il Sole nel periodo estivo potrebbe avere un effetto determinante nella diffusione del virus.
Il punto di partenza era uno studio americano che dimostra che i raggi UV-A e UV-B prodotti dal sole impiegano un paio di minuti per inibire l’azione di un virus. INAF e INT volevano capire se lo stesso valeva anche per il Covid-19. A tal proposito Fabrizio Nicastro, ricercatore dell’INAF, ha dichiarato: “Il nostro studio sembra spiegare molto bene come la pandemia COVID19 si sia sviluppata con più potenza nell’emisfero nord della Terra durante i primi mesi dell’anno e ora stia spostando il proprio picco nei Paesi dell’emisfero sud, dove sta già iniziando l’inverno, attenuandosi invece nell’emisfero nord”.
Seconda ondata in autunno?
Quale sia l’influenza del sole nella diffusione del virus in realtà è ancora tutta da dimostrare. Servono altri studi, infatti, per comprendere quale ruolo hanno avuto le misure cautelative (lockdown, mascherine e distanza) e quale le mutazioni genetiche del virus stesso. Un dato più certo lo si potrebbe avere in autunno. Se ci sarà una nuova ondata si capirà se il sole ha avuto un ruolo determinante, coadiuvante o inesistente nella fine della prima.
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Luca Scapatello