Uno studio afferma che la totalità delle persone che vengono colpite dal coronavirus ne sviluppano anche gli anticorpi.
“Seppure in quantità variabili, i pazienti guariti da Covid-19 producono anticorpi contro il virus. Questo è bene perché rende affidabile la diagnosi sierologica e, se gli anticorpi fossero proteggenti, promette bene per l’immunità“, annuncia su Twitter il virologo Roberto Burioni, secondo qui quella che arriva dallo studio cinese pubblicato sulla rivista “Nature medicine” è una buona notizia.
A firmarlo, scienziati della Chongqing Medical University. “Un articolo in cui si mostra che 285 su 285 pazienti con Covid-19 sviluppano IgG contro Sars-CoV-2 entro 19 giorni dall’inizio dei sintomi clinici”, spiega Guido Silvestri, della Emory University di Atlanta . Ovvero il cento per cento, la totalità delle persone che contraggono il virus.
Secondo gli autori di questo studio, infatti, si sono verificate “”risposte anticorpali acute a Sars-CoV-2 in 285 pazienti con Covid-19”. Questo, su un campione totale di 285, dando così il risultato del cento per cento.
“Entro 19 giorni dall’esordio dei sintomi, il 100% dei pazienti è risultato positivo all’immunoglobulina G (IgG) antivirale”. Si tratta cioè del tipo di anticorpo che nella normalità è responsabile della protezione a lungo termine, contro l’agente microbico.
“La sieroconversione per IgG e IgM si è verificata contemporaneamente o in sequenza. Entrambi i titoli anticorpali di IgG e IgM hanno raggiunto il plateau entro 6 giorni dalla sieroconversione”, affermano gli scienziati.
Da questo se ne potrebbe quindi ricavare anche la conclusione che “i test sierologici possono essere utili per la diagnosi di pazienti sospetti di avere contratto il coronavirus”, con “risultati Rt-Pcr (tamponi, ndr) negativi e per l’identificazione di infezioni asintomatiche”.
Il test che riguarda questo specifico studio “usa come antigeni la nucleoproteina di Sars-CoV-2 e un peptide della spike”, ha spiegato lo stesso Silvestri con un post su facebook. La spike è la proteina-arpione che verrebbe agganciata dal coronavirus nelle cellule colpite.
“Lo studio è importante in quanto conferma che il nostro sistema immunitario monta una risposta anticorpale contro il virus”, conclude Silvestri, che lavora negli Stati Uniti e che è co-fondatore assieme allo stesso Burioni del cosiddetto “Patto trasversale per la scienza“.
“Risposta che con tutta probabilità, basandosi sui precedenti di Sars-1 e Mers, oltre che sui modelli animali di infezione da coronavirus, protegge dalla reinfezione o almeno dal ritorno della malattia. Come detto molte volte ancora non possiamo sapere quanto dura questa risposta. Ma i precedenti con virus simili suggeriscono che dovrebbe durare almeno 12-24 mesi”.
Giovanni Bernardi
fonte:adnkronos.com
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