La dura testimonianza di un medico di un ospedale milanese. Uomini e donne catapultati negli ospedali con la pandemia. L’amore e la cura ha cambiato tutto.
La testimonianza della dottoressa Federica Poggiali, medico di “Medicina ad Alta Intensità” diventato un reparto unico di “Medicina Covid”, è avvenuta all’interno di un video nell’ambito del Meeting di Rimini 2020.
La dottoressa ha ripercorso i duri momenti della pandemia, che hanno segnato l’inconscio collettivo di tutti noi ma che allo stesso tempo ha duramente messo alla prova il personale degli ospedali e le persone che hanno vissuto la vicenda in prima persona.
La donna ha spiegato che una volta arrivata in riparto ha trovato tanti pazienti impauriti ma soprattutto sprovvisti di qualsiasi cosa fosse loro necessaria. Uomini e donne trascinate all’interno degli ospedali e catapultati in uno stato di angoscia senza precedenti.
Una volta però che gli operatori hanno cominciato a trattare le loro situazioni con empatia e cura, riservando loro le attenzioni che meritavano, i loro volti sono cambiati. E i loro occhi hanno cominciato a sorridere.
Non si è trattato perciò solamente di una corsa contro il tempo fatta di farmaci e di sofferenze, di allarmi e tabelle cliniche. Si è trattato al contrario di una vicenda umana altamente toccante in cui uomini e donne hanno visto in faccia la sofferenza.
Il compito del medico è perciò non quello di applicare protocolli ma al contrario quello di guardare in faccia il paziente per offrirgli una risposta, certamente di tipo medico, ma soprattutto di natura umana. Che guardi il bene della persona nel suo insieme e non nel risultato da inserire all’interno di un referto freddo e analitico.
Il video in cui si spiega tutto questo è stato realizzato da “Medicina e Persona”, con il contributo di Banco Farmaceutico e di Emme Esse, in occasione del “Meeting di Rimini 2020 Special Edition”, andato in scena prevalentemente in formato web, con alcune persone in presenza a seguire gli incontri svolti al Palacongressi di Rimini.
“All’inizio di marzo sono stata catapultata ad uno dei reparti di Covid che erano stati allestiti”, è il racconto che fa la dottoressa. “Una mattina, dopo la vestizione, entro nella stanza di un paziente, e gli chiedo di mostrarmi la lingua”.
L’uomo però le disse di no perché “non ho lo spazzolino”. “In quel momento ho compreso che i malati ricoverati nel reparto, venivano quasi prelevati di forza, messi in isolamento e nessun parente poteva venirli a trovare. Quindi erano sprovvisti di tutto ed erano in difficoltà”, ha spiegato la donna.
Tutto questo ha acceso una scintilla che ha fatto mettere in moto una proposta fatta di umanità e di cura. Che ha rivoluzionato la situazione che sia il medico che il paziente stavano vivendo. “Alla fine del turno decido di andare a fare la spesa e ho comprato spazzolini, dentifrici, rasoi e tutto quello di cui avevano necessità i pazienti”, racconta la donna.
Che ha capito che “che il bisogno era molto superiore rispetto alle mie risorse e ho avuto una intuizione. Ho provato a chiedere al servizio clienti del supermercato se potevano regalare dei kit per i pazienti e subito mi sono accorta di una benevolenza: la risposta è stata positiva”.
La consapevolezza emersa nel cuore della dottoressa che, in modo particolare in casi come questi, si è pienamente “parte di un popolo”. Che anche se era difficile “far pervenire burocraticamente tutto quel materiale in ospedale”, bisognava a tutti costi trovare una soluzione. In gioco c’era l’umanità di quei tristi momenti.
“Tramite mio cognato che lavora in amministrazione, mi sono messa in contatto con il servizio approvvigionamenti del nosocomio, che a sua volta si è messo in contatto col supermercato. Così sono arrivati 400 kit per i pazienti”, ha raccontato ancora la dottoressa.
Così nel momento in cui il paziente e riuscito a lavarsi i denti, durante la visita, cose semplici come il dentifricio sullo spazzolino diventavano il punto di approdo di uno sguardo totalmente diverso sulla vita e sulla difficile condizione di quei giorni. “Ho visto un’altra espressione sul suo viso, ribaltata”, è il racconto toccante della donna.
“Dall’essere piegato dalla paura di morire ad essere “spostato” su un altro piano: quello del bene che gli è stato voluto, attraverso quel piccolo gesto”. Che ha fatto muovere una lunga catena di solidarietà. Il personale ospedaliero ha cominciato a lasciare in amministrazione scorte di beni di prima necessità come spazzolini, salviette, e dentifrici, donati dallo stesso.
“Non era più la lotta contro il virus, ma la commozione davanti all’umano“.
Giovanni Bernardi
Fonte: Aleteia
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