All’appello del card. Bassetti di riaprire le Messe ai fedeli, si aggiungono le parole del vescovo e dell’infettivologo in materia di Coronavirus.
In una recente intervista da Adnkronos, il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, fa una serie di proposte. Potrebbero, per sua stessa affermazione “sembrare da modalità aereo” ma consentirebbero di raggiungere l’obiettivo che tanti fedeli rivendicano: la riapertura delle Messe.
Coronavirus: l’opinione del vescovo Domenico Mogavero
Mons Mogavero crede che con una buona organizzazione e volontà di volontari e sacerdoti, l’opportunità di partecipare alla Messa, può essere data a tutti i credenti, evitando comunque assembramenti. Oltre a dare la sua piena disponibilità là dove ci siano sacerdoti in difficoltà.
E offre alcune soluzioni pratiche, applicabili ovunque, come il raddoppiamento delle celebrazioni, e l’entrata in chiesa di un massimo di cinquanta fedeli alla volta. “Le nostre chiese – aggiunge il vescovo – “per piccole che siano, non creano situazioni di assembramento con quel numero.
Se ordinariamente si fanno due messe, vediamo di arrivare a quattro. Io sono disposto ad andare in qualsiasi posto ad aiutare qualche sacerdote. E’ vero, non abbiamo tante forze ma se ci organizziamo potremo garantire un numero di celebrazioni per i fedeli che chiedono di essere presenti”
Come evidenzia il porporato, oggi la gente è abituata a fare gran parte delle cose on line. Allora si potrebbe usare il web anche per prenotarsi alla Messa, in modo da regolare l’afflusso delle persone ed evitare i rischi da assembramenti.”Può sembrare artificioso ma chi ci crede penso subisca questo piccolo ‘fastidio’ senza troppe storie”.
Coronavirus: l’opinione dell’infettivologo Roberto Cauda
Una serie di proposte per la fase due da parte del Vescovo di Mazara del Vallo, che sono assolutamente in accordo con quelle dell’infettivologo, Roberto Cauda, intervistato da Aleteia.
Roberto Cauda, professore ordinario di Malattie infettive presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità di malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma, esclude innanzitutto che sia praticabile fare i test rapidi all’esterno delle chiese, prima delle celebrazioni liturgiche:
“I test sierologici necessitano di essere confermati, mentre i tamponi hanno tempi più lunghi, non danno risposte immediate. Per cui dico “no” a soluzioni di questo tipo prima di entrare in chiesa. La soluzione migliore nella “fase 2” è tenere le chiese sanificate, riprendendo le celebrazioni a “porte aperte” e verificando che gli ingressi siano contingentati, come avviene in altri luoghi. Utile anche la presenza di gel disinfettante all’ingresso degli edifici.
Applichiamo nelle chiese le stesse norme che valgono per uffici e mezzi di trasporto
E’ fondamentale stabilire un numero limitato di posti in cui la gente si può sedere, e che tra i fedeli si garantisca la distanza di almeno un metro. La ripresa sarà graduale e queste norme, che valgono, ad esempio, per uffici e mezzi di trasporto, dovrebbero estendersi formalmente anche agli edifici di culto, così come la mascherina: deve essere utilizzata anche in chiesa.
Consiglierei di svuotare ancora le acquasantiere, non perché il virus si trasmette con l’acqua, ma per evitare che ci possa essere qualsiasi rischio di assembramenti intorno ad esse”. E riguardo allo scambio della pace,il professore aggiunge:”Meglio evitarlo, con o senza guanti, si può sostituire ad esempio, con un sorriso, in modo da garantire il distanziamento sociale, che è ancora necessario”.
Voglio precisare – evidenzia l’infettivologo del Gemelli – che l’ingestione dell’ostia non trasmette il coronavirus, tuttavia bisogna tenere conto di tutto ciò che è collaterale alla particola: dal contatto, anche a distanza, tra celebrante e fedeli, a come l’ostia si porta alla bocca. Bisogna fare una serie di attente valutazioni per “salvare” il sacramento, ma in assoluta sicurezza, ed evitare qualsiasi rischio di potenziale trasmissione del virus”.
Norme di sicurezza per Battesimo e funerale
“Non vedo grandi difficoltà, dall’Unzione degli Infermi al Battesimo, non penso ci debbano essere particolari limitazioni. Per il Battesimo, come dicevo prima, l’acqua non trasmette il virus, ma è necessario che il sacerdote e gli altri partecipanti, considerata la distanza ravvicinata, svolgano il rito con la mascherina”.
Infine, per i funerali “valgono le misure di una normale celebrazione con distanziamento sociale e l’avvertenza suddetta nel caso dell’eucaristia”.
Fonti: https://www.adnkronos.com – https://it.aleteia.org
Simona Amabene
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