Zangrillo: in Germania salgono i contagi perché aumentano i test, ma i ricoveri nel frattempo crollano. E si combatte la “drammatizzazione” della pandemia.
Per vincere il Coronavirus, con un modello di gestione intelligente della pandemia, il professore Zangrillo ha invitato a guardare al Paese guidato da Angel Merkel, e in particolare alla campagna sdrammatizzante messa in atto dal governo tedesco.
Il primario del reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale San Raffaele di Milano è stato più volte al centro delle critiche dei giornali. Per le sue affermazioni perentorie sul fatto che ad oggi il virus è “clinicamente morto”. Ora, sul social Twitter, ha postato l’estratto di un articolo in cui viene narrata la modalità con la quale si sta fronteggiando il virus in Germania.
Nell’articolo postato dal professore Zangrillo si legge che “gli esperti del governo tedesco sottolineano che ad aprile il 22% dei contagiati dovevano farsi ricoverare in ospedale”. Mentre invece “oggi la Germania ha moltiplicato i test fino a raggiungere un ritmo di un milione a settimana. Ma i ricoveri sono crollati al 5 % dei casi positivi”.
Nel testo si spiega che le spiegazioni di questo fatto sono chiare, e sono legate al fatto che il “virus contagia i più giovani, ha preso forme meno gravi, e si è imparato a curarlo meglio”. Una presa di coscienza che ha portato il governo tedesco, nonostante i numeri che vengono quotidianamente descritti come alti e preoccupanti, a “una campagna sdrammatizzante”.
Il direttore del dipartimento epidemiologico dell’ospedale di Bonn Hendrik Streeck lo ha addirittura affermato a parole chiare: “il numero dei contagi non ha più alcun significato”. Una presa d’atto che porta il governo tedesco, ha spiegato il medico, a “non volere nemmeno parlare di lockdown. All’eventuale apparizione di focolai reagirà con misure mirate”.
A questo proposito, in vista della stagione autunnale, uno studio di Assosalute spiega che il maggiore impegno dei prossimi mesi sarà quello di distinguere i sintomi del Coronavirus con quelli dell’influenza stagionale. Tanto che “il timore più diffuso tra gli italiani è proprio quello di non essere in grado di saperle distinguere prontamente“, emerge da una ricerca.
Per esattamente una persona su tre, il 33 per cento del totale, è questo lo spauracchio principale. A ruota seguito dalla paura di non potere avere cure adeguate per le proprie malattie, un timore che colpisce in particolare uomini e donne con età superiore ai sessantacinque anni. Infine, poco dopo, è forte la paura di doversi trovare a vivere un nuovo periodo di isolamento. Preoccupazione che riguarda in modo particolare i più giovani”.
Per quanto riguarda infine il tema del vaccino, per il direttore sanitario dello Spallanzani Francesco Vaia “a fine ottobre” arriveranno i primi responsi per quanto riguarda la sperimentazione che sta avvenendo all’interno del suo istituto. “Se tutto andrà bene, dopo aver completato le tre fasi, sarà commercializzabile in primavera”, ha spiegato Vaia.
Anche se ha messo tutti in guardia, affermando che “non bisogna correre, perché il vaccino deve essere sicuro ed efficace, non bisogna cedere alle pressioni economiche e politiche”. “La seconda ondata non è affatto ineluttabile se ci comporteremo con responsabilità e con spirito di solidarietà nazionale”.
Giovanni Bernardi
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