Oggi non si parla più del fatto che in origine la celebrazione del Corpus Domini avveniva non la domenica ma il giovedì, determinando una modifica di cui purtroppo sotto certi aspetti se ne stanno pagando ancora oggi le conseguenze.
Per questo in diversi si chiedono, se non sia il caso di ripristinare la data originaria per tornare a conferire a questo importante appuntamento il suo grande valore, sempre più dimenticato.
Ormai da 45 anni la Chiesa italiana ha smesso di celebrare l’Ascensione e il Corpus Domini al giovedì, per portarlo alla domenica seguente. Precisamente, a partire dalla Legge 54/1977, momento in cui si decise di cambiare il giorno della celebrazione con l’obiettivo di aumentare la partecipazione dei fedeli, anche se di fatto così non è stato. Al contrario oggi si comincia a pensare che in realtà quello che potrebbe essere accaduto sia più legato a un indebolimento spirituale che altro, e una perdita della consapevolezza rispetto all’importanza di questa solennità.
Tutto nacque con la decisione dello Stato di togliere alcune giornate festive, tra cui quella del Corpus Domini, a cui la Cei decise di adeguarsi modificando anche il calendario liturgico togliendo il precetto festivo anche ad altre feste come San Giuseppe, i Santi Pietro e Paolo, l’Epifania e infine Ascensione e Corpus Domini.
La maggiore partecipazione dei fedeli che si aspettava però di fatto non c’è stata, e la risultante è la ferita creata al calendario liturgico e anche alla consapevolezza dei fedeli rispetto a questo momento fondamentale della propria fede, quello della Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, nata per celebrare la reale presenza di Cristo nell’eucaristia che è solo simbolica ma reale.
A livello di opinione pubblica infatti l’Ascensione e il Corpus Domini hanno finito per perdere alcuni tratti fondamentali della loro specificità, fino a renderne alcune simbologie quasi sconosciute o irriconoscibili per i fedeli. Stando a quanto affermano i Vangeli la solennità deve cadere di giovedì. Secondo gli gli Atti degli Apostoli (At 1,3) Gesù ascese al Cielo il quarantesimo giorno dalla Risurrezione.
In gioco ci sarebbe il numero fortemente simbolico del “quaranta”, frequentemente presente nella Sacra Scrittura, che potrebbe questa festa ad essere spesso accomunata anche alla liturgia della Messa in Cena Domini del Giovedì santo. Per questo l’Ascensione cade il giovedì che precede la settima domenica del tempo pasquale, e lo stesso la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, che celebra l’Eucaristia istituita da Gesù la sera del Giovedì Santo nella vigilia della Sua Passione e Morte in Croce.
Per questo il cambiamento imposto ai fedeli, con la celebrazione dell’Ascensione che avviene la domenica successiva, rischia di creare una sorta di confusione nei fedeli oltre che un’indebolimento della ricorrenza dovuta al suo snaturamento temporale. È come se si perdesse una parte fondamentale dell’identità di questa festa, che inevitabilmente si indebolisce e rischia di venirne sempre più meno nel calendario degli appuntamenti di importanza fondamentale per i fedeli.
Tra l’altro la difficoltà aumenta nel momento in cui di celebra la novena allo Spirito Santo in ricordo di ciò che fecero gli apostoli dopo l’Ascensione di Gesù, nel momento cioè in cui riunirono nel Cenacolo con Maria Santissima per nove giorni in attesa della discesa del Paraclito promesso da Cristo, secondo le sue stesse indicazioni. Chi infatti inizia la novena dopo l’Ascensione si troverebbe la Pentecoste di mercoledì, e così accade che la novena inizi ancora prima.
La giustificazione che l’Ascensione non sarebbe stata spostata, ma solamente cambiato il giorno della celebrazione, sembra tuttavia deboli a coloro che ancora oggi sono particolarmente critici rispetto a questa impostazione, e che chiedono ai vescovi italiani di riportare l’Ascensione e il Corpus Domini al giovedì precedente la settima domenica di Pasqua e successivo alla solennità della Santissima Trinità.
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