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La diocesi di Torino fa un corso di fedeltà per coppie omosessuali

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La diocesi di Torino fa un corso di fedeltà per coppie omosessuali. Il sacerdote don Gianluca Carrega è da sempre aperto all’approvazione delle relazioni omosessuali, tanto da aver ricevuto mandato dalla diocesi di Torino di promulgare una pastorale per gli omosessuali. Il sacerdote è convinto che non bisogna ghettizzare i fedeli per le proprie propensioni sessuali, ma permettere loro di manifestare la propria fede come tutti gli altri. Non è un caso che don Gianluca sia stato invitato a 3 matrimoni omosessuali e solo ad uno etero, nel corso del 2017, e non è un caso che proprio da una sua iniziativa il prossimo 24 e 25 febbraio la diocesi di Torino terrà un corso di fedeltà coniugale per coppie omosessuali.

L’iniziativa ha già sortito l’indignazione di molti fedeli, che, pur volendo massimamente rispettare le scelte dei gay, non comprendono come sia possibile parlare cristianamente della loro unione. Ecco una di quelle opinioni, citate dal blog cristiano Aleteia e non solo: “Adesso si mette a fare anche dei corsi per invitare queste persone alla fedeltà di coppia omosessuale. Cioè lei invita ad essere fedeli al peccato. Un intento diabolico, direi. Un uomo che cerca di essere casto, un omosessuale che cerca Dio, come dice il Papa, se ogni tanto cade – anche in rapporti occasionali – se si pente e si confessa può accedere all’eucaristia. Uno che ha come programma di vita quello di peccare tutti i giorni finché morte non lo separi, no”.

Il sacerdote ci tiene a sottolineare come non voglia essere un corso di insegnamento, ma un corso di condivisione nel quale si proverà a far emergere i valori cristiani della fedeltà al compagno all’interno di una coppia: “Non vogliamo erigerci troppo a maestri, ma vogliamo dire che anche i gay meritano la fedeltà”. L’idea è nata dall’osservazione di un controsenso all’interno della legge sulle unioni civili, la quale non include per le coppie l’obbligo di fedeltà come il classico matrimonio: “La legge può anche non prevedere l’obbligo di fedeltà, ma riflettendo sull’affettività dei gay, possiamo dire che ciascuno merita un amore esclusivo, unico. La legge può decidere quali siano i requisiti minimi, ma noi vogliamo parlare di qualità del rapporto”.

Ecco ancora Aleteia: “Mi chiedo se il suo Vescovo, monsignor Cesare Nosiglia, lo sa. Lo sa che lei invita queste coppie ad avere rapporti sessuali stabili e continuativi e necessariamente sempre chiusi alla vita, contrari a tutto quello che Dio ha pensato nel suo disegno di amore per l’uomo? E se lo sa, perché non prende provvedimenti, il Vescovo?”

E non è tutto. Sulle iniziative di don Gianluca la comunità cattolica si divide, c’è chi considera lui e la diocesi di Torino come una sorta di avanguardisti, mentre c’è chi come Il Timone lo giudica un sacerdote Omoeretico. A tal proposito, il parroco ricorda che agisce su mandato della stessa diocesi e che tale mandato non è stato mai contestato dal Vaticano. Si tratta di uno dei pochi sacerdoti che ha questo compito di unire il mondo omosessuale con la dottrina cattolica e, sulla reticenza ancora esistente all’interno della Chiesa, ha un parere molto forte: a suo avviso, c’è un controsenso all’interno dell’insegnamento della dottrina tradizionale a riguardo del tema omosessualità.

Ma come può essere conciliata la fede in Dio e nei suoi insegnamenti con le proposte e le aspettative nel mondo gay, questo proprio non si capisce. Sarebbe come miscelare acqua e olio: conosciamo già l’esito.

Addentrandosi maggiormente su questo concetto, don Gianluca spiega che questo atteggiamento di condanna porta al rischio che molti fedeli, spinti dal desiderio di pregare, vivano la propria condizioni in clandestinità o che addirittura vengano deresponsabilizzati dal compiere peccati, poiché allontanati dalla stessa Chiesa. Il weekend della fedeltà nasce proprio per evitare questa diaspora di fedeli omosessuali: “Una coppia credente che fa un’unione civile dovrà pur portare la sua fede religiosa all’interno della convivenza”, dice don Gianluca che poi aggiunge: “Come dice il vescovo di Nanterre, Gérard Daucourt, alcuni dei gay che decidono di vivere in coppia vi trovano una maggiore serenità e cercano di restare fedeli. E noi dobbiamo valorizzare ciò che di bello c’è nella loro vita”.

Ciò che più lascia interdetti è che il Vescovo, Monsignor Cesare Nosiglia, della su citata diocesi di Torino, spalleggia don Gianluca, ribadendo: “Esso vuole dunque aiutare le persone omosessuali a comprendere e realizzare pienamente il progetto di Dio su ciascuno di loro. Ciò non significa approvare comportamenti o unioni omosessuali, che restano per la Chiesa scelte moralmente inaccettabili: perché tali scelte sono lontane dall’esprimere quel progetto di unità fra l’uomo e la donna espresso dalla volontà di Dio Creatore (Gen. 1-2) come donazione reciproca e feconda. Questo però non significa non prendersi cura dei credenti omosessuali e della loro domanda di fede”.

Anche se volessimo comprendere la posizione del Vescovo, ci sarebbe da dire che, in questo caso, si sta cercando di spegnere il fuoco con la benzina, aspettandosi che le coppie gay capiscano di essere in peccato davanti a Dio e, nel contempo, invogliandoli alla fedeltà reciproca. Invece, ci sarebbe da educarli ad una cristianità particolareggiata, nel rispetto delle propensioni sessuali di ognuno, ma soprattutto dei comandi divini.

Luca Scapatello

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Luca Scapatello

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