La sentenza della Corte Costituzionale austriaca autorizza di fatto la pratica del suicidio assistito. Cresce la cultura contro la vita: la rabbia dei vescovi.
In Austria, la Corte Costituzionale ha praticamente ribaltato la disposizione di diritto penale che proibisce ogni forma di assistenza a chi si suicida. Il codice austriaco sostiene infatti che chiunque “induca un’altra persona a suicidarsi o gli dia aiuto per farlo” rischia di andare incontro a una pena detentiva compresa tra sei mesi e cinque anni. Ma gli alti togati hanno definito questo divieto incompatibile con i valori della Costituzione austriaca.
Così è accaduto che la Corte Costituzionale, dopo l’arrivo di alcune denunce e lamentele anche da parte di persone in stato di malattia grave, ha deciso di esprimersi in altra direzione. Stabilendo che le parole “o gli dà aiuto per farlo” dovranno essere rimosse dal testo alla fine del 2021.
Questo perché, ha detto dei giudici, “violano il diritto all’autodeterminazione perché vieta ogni tipo di assistenza in tutte le circostanze”. Vale a dire che, sempre per l’opinione dei togati, dovrebbe essere compreso il diritto a “una morte dignitosa”. Che comprenderebbe quindi la possibilità, per una persone che ha deciso di uccidersi, di farlo essendo assistito da un’altra persona.
Non si capisce però come sia possibile che un giudice parli di diritto alla morte. Esiste forse una dignità di uccidere? Ciò a molti suona come qualcosa di molto improbabile. Per i cristiani, in evidente contrasto con il quinto comandamento.
Nella stessa sentenza, la Corte ha poi confermato tutto il resto della legge, anche nella parte in cui stabilisce la stessa punizione per chiunque “uccida un’altra persona su sua richiesta seria ed enfatica”. Il che fa pensare a un contrasto in sé, e non si sa ancora cosa emergerà alla fine di questa vicenda. Di conseguenza, i cittadini austriaci non sanno ancora cosa sarà loro consentito fare e cosa invece no a partire dall’anno 2022.
L’unica decisione presa dal tribunale, al momento, riguarda il fatto che i legislatori saranno chiamati a mettere in campo misure per prevenire gli abusi della norma. Garantendo così che “la persona colpita non prenda la decisione di uccidersi sotto l’influenza di terzi”. Un fatto che, purtroppo, in una cultura pervasa dall’individualismo e dalla morte, accade.
Molto spesso agenzie che offrono servizi propriamente eutanasici proliferano grazie anche a un marketing aggressivo, che si serve di una falsa ideologia politica per convincere le persone che è bello morire, che la morte è accettabile anche quando viene da mano umana. Naturalmente, si tratta di pura menzogna, ed è necessario che le istituzioni combattano contro questo genere di inaccettabili vicende.
Mentre invece per la Corte sarebbe incostituzionale vietare l’assistenza al suicidio perché violerebbe il diritto all’autodeterminazione. Escludendo l’eutanasia tout court, ma rendendo possibile il suicidio assistito a certe condizioni. Una sentenza che per il vescovo di Feldkirchen, Benno Elbs, è “uno schiaffo in faccia all’umanità” e “solleva più domande che risposte”.
“Proteggiamo il diritto alla vita e con esso i deboli e i malati tra noi oppure mettiamo i paraocchi con il pretesto dell’autodeterminazione, e facciamo della morte e della malattia un tabù sociale?”, ha chiesto il religioso. A cui ha fatto eco Mons. Josef Marketz, vescovo Carinzia, che ha chiesto di “fare di tutto per garantire che il minor numero di persone possibile esprima il desiderio di un suicidio assistito, soprattutto perché un tale desiderio è spesso un grido segreto di aiuto, affetto, vicinanza e compassione”.
Anche il cardinale di Vienna Christoph Schönborn è intervenuto sulla vicenda, mettendo in luce il grave rischio che “ci sarà una pressione sempre maggiore su persone ammalate, stanche e sofferenti al punto che si percepiranno come un ostacolo per gli altri”. Che in questo modo cominceranno a immaginare possibile una via d’uscita nel suicidio.
I vescovi austriaci hanno così giustamente alzato la voce contro la sentenza, chiedendo ai parlamentari austriaci di lavorare alacremente per contrastare la sentenza e per ampliare la disponibilità di strutture palliative e per anziani. Il punto, infatti, non è di certo aiutare i malati a morire, piuttosto offrire loro cure e accompagnamento perché possano continuare a vivere nella maniera migliore possibile.
“Occorre prima chiarire cosa si intenda per ‘morte dignitosa’ in una cultura della solidarietà e ‘dolore insopportabile’ in un’epoca di medicina superspecializzata”, ha commentato il teologo austriaco Paul Zuhlener. Il rischio, infatti, secondo quanto paventato dal teologo, è purtroppo che possano inserirsi “interessi secondari, come l’onere delle cure o i costi di un morire spesso lento”.
Giovanni Bernardi
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