Quest’anno la Quaresima, segnata dalla crisi del Covid, rappresenta un tempo per ritrovare qualcosa di molto importante.
Vale a dire, un orizzonte di forte fede e speranza, ciò di cui abbiamo infatti maggiormente bisogno. Proprio in quest’ottica il Pontefice celebrerà, presso l’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro, la Santa Messa con il Rito della benedizione e imposizione delle Ceneri. La tradizione vuole infatti che il rito abbia luogo nella Basilica di Santa Sabina all’Aventino. Ma con tutta evidenza, quest’anno è diverso.
Non si è di certo in un momento “tradizionale”. Sono infatti le accortezze dovute al Covid che stravolgono la ritualità, e si spera per non molto altro tempo. Domani, infatti, la partecipazione dei fedeli sarà molto ristretta, proprio al fine di rispettare le misure sanitarie di protezione.
In questo contesto, anche il significato dell’imposizione stessa delle Ceneri sembra assumere un valore diverso, come ha spiegato il teologo Padre Ermes Ronchi ai media vaticani. Dopo un anno dallo scoppio della pandemia, il virus ha provocato quasi due milioni e mezzo di vittime nel mondo. Tutto ciò segna inevitabilmente il cuore dell’intera umanità.
“Viviamo un tempo che ci può riportare all’essenziale, riscoprendo ciò che è permanente nelle nostre vite, da ciò che è effimero. Quindi è un dono questo tempo per dare più frutto, non per castigare ma per rendere fecondi“, ha spiegato il teologo. In tutto ciò, “un virus non cambia il cuore dell’uomo, non cambia la profondità delle persone. Penso che noi abbiamo due strumenti maggiori per avere una Pasqua di fraternità: la carità e il perdono”.
Nel primo caso si tratta di prenderci cura dell’altro, e si nutre della tenerezza che si è capaci di provare verso il prossimo, chiunque esso sia. Mentre nel secondo caso, quello del perdono, si tratta di uno strumento che “libera il futuro delle persone, non tanto libera il passato. Penso che il perdono da cogliere e da offrire sia qualcosa da chiedere al Signore. Vuol dire liberazione, nel Vangelo è usato il verbo della nave che salva, della carovana che parte al levare del sole, dell’uccello che spicca il volo, della freccia che scocca”.
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Per queste ragioni, secondo il teologo Ronchi di fronte al dolore al cristiano è chiesto ancora un segno di carità. In quanto “Gesù è venuto a portare questa rivoluzione della tenerezza e la rivoluzione del perdono senza misura”.
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Con la Quaresima si entra infatti “nel cammino della trasformazione, della evoluzione e il cuore della trasformazione è essere piccoli e fragili dove Dio entra, lo Spirito entra come soffio“. La fragilità, la stessa che molti stanno provando oggi di fronte al male della pandemia, non può infatti essere motivo di paura, ma attesa di trasformazione, “dalle ceneri alla luce”.
“Io lo vedo un tempo non penitenziale, ma vitale, non tempo di mortificazione, ma di vivificazione”, è lo sguardo del teologo. “È il tempo del seme dentro la terra. La Quaresima inizia sempre in inverno, che è l’ultima delle stagioni, un po’ la cenere dell’anno, e termina sempre in primavera. Questa sapienza della natura – il creato è la prima parola di Dio – ci fa guardare alla primavera che non si spaventa di nessun inverno, Dio non si spaventa da nessuna cenere in cui io sono seduto o che sono ridotto a diventare”.
Giovanni Bernardi
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