Nella Bibbia San Paolo usa un’espressione molto particolare, che colpisce: essere “rivestiti di Cristo”. Ma che cosa significa?
Queste parole si ritrovano nella Lettera ai Galati, dove san Paolo dichiara: “poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Galati 3,27).
In un primo momento, chi legge queste parole può immaginarsi che si tratti di un linguaggio simbolico, metaforico, che insomma essere “rivestiti” di Gesù sia solamente una sorta di “modo di dire”. Non è però così. San Paolo infatti con questa espressione intendeva qualcosa di molto reale.
Il linguaggio in questione attinge a più addietro del periodo in cui visse l’Apostolo delle genti, cioè riporta a delle vicende accadute nell’Antico Testamento. In queste, infatti, le persone erano letteralmente “rivestite” dello Spirito del Signore, e da questa condizione erano propriamente legittimate a parlare o agire per conto di Dio.
San Paolo stesso infatti spiega che essere rivestiti di Cristo genera, ad esempio, conseguenze molto importanti. Come la forza di vivere secondo i propositi divini, oppure quella di unire i credenti a Dio e fra loro. Insomma, qualcosa di nient’affatto simbolico ma di molto concreto.
Lo stesso accadeva quando gli antichi israeliti facevano esperienza dello Spirito di Dio. Nella Bibbia, questi vengono descritti come rivestiti di abiti divini. Quando ad esempio Dio visita Gedeone prima di andare in battaglia, al tempo dei giudici, dice: “Ma lo spirito del Signore rivestì Gedeone; egli suonò il corno e gli Abiezeriti furono convocati al suo seguito” (Giudici 6,34).
La stessa parola usa san Paolo per essere “rivestito” in Cristo viene poi utilizzata nell’antica traduzione greca di questo versetto, come anche quando ai tempi di Davide si racconta che uno dei suoi uomini ricevette lo Spirito di Dio prima che egli si unisse al seguito militare del re. “Allora lo spirito rivestì Amasài, capo dei Trenta” (1Cronache 12,18).
In quello specifico caso, essere stati rivestiti dello Spirito significava in realtà sostanzialmente equipaggiarsi per la battaglia. Vale a dire il motivo per cui in Efesini si ripropongono le stesse immagini per descrivere la difesa contro il male. “Rivestitevi dell’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo” (6,11).
L’argomento riporta però anche al combattimento spirituale, al concetto di “imitazione di Cristo” e di conseguenza al significato del discepolato cristiano, visto che la parola discepolo indica il movimento che consegue dalla chiamata da parte di Gesù a condividere il progetto di Dio, e da cui consegue l’inizio della missione degli Apostoli.
Se infatti avere fede significa camminare dietro Gesù, essere discepolo ha a che fare con la figura sacerdotale, cioè con la chiamata ad una vita interamente donata alla carità e alla pietà, ed è proprio San Paolo che ha messo al centro delle sue lettere proprio l’imitazione di Cristo, da cui ne conseguono le relazioni tra Gesù di Nazareth e i discepoli secondo il modello della sequela o del discepolato. Paolo ha seguito Gesù con una vera e propria imitazione, così da lui in poi con il termine discepolato si indica qualcosa di analogo a un cammino di imitazione di Cristo.
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In tutto ciò, la possibilità di essere rivestiti dello Spirito Santo consente ai predicatori di annunciare la parola di Dio. Quando Zaccaria rimproverò i capi di Giuda, dopo essere stato incaricato dal cielo, nella Bibbia si dice che “allora lo spirito di Dio rivestì Zaccaria, figlio del sacerdote Ioiadà, che si alzò in mezzo al popolo e disse: Perché trasgredite i comandi del Signore? Per questo non avete successo; poiché avete abbandonato il Signore, anch’egli vi abbandona” (2Cronache 24,20).
Quello stesso abito spirituale di Zaccaria gli permetteva di parlare in nome di Dio, e in tutto ciò il profeta era del tutto concorde col Signore nell’attuare la volontà di Dio. Tutto questo significa che l’arrivo dello Spirito Santo produce un rinnovamento nelle persone che vengono da lui rivestite, e tutto ciò accade in modo che queste si trasformino in rappresentanti di Dio.
Si tratta esattamente di quello che San Paolo intende dice che i credenti che sono stati “rivestiti” di Cristo sono “tutti uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). L’Apostolo infatti osserva che in Cristo “non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina” (3,28). Ciò sta a significare che quello che si produce non è un cambiamento carnale nelle persone, che modifichi ad esempio la loro etnia o il loro genere.
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Al contrario, San Paolo afferma che chiunque è rivestito di Cristo è divenuto uno con Lui e tra i fratelli. Questo, ovviamente, senza alcun rapporto con variabili come etnia, sesso, posizione sociale. Lo Spirito di Dio, infatti, si effonde in egual modo su tutti.
Giovanni Bernardi
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