La pandemia è arrivata come un fulmine nella vita di molti, ma la fede è stata fin da subito un grande strumento di riscossa contro il male, e lo sarà fino in fondo.
Il lavoro silenzioso di tanti cattolici a favore dei più deboli ne è stato poi il coronamento inevitabile. Durante la prima fase della pandemia tutto il mondo si è trovato all’improvviso immerso in un cambiamento radicale del proprio modo di vivere quotidiano. Purtroppo, anche delle proprie pratiche religiose, a causa dell’improvviso divieto della celebrazione delle Messe con concorso di popolo, con la conseguenza impossibilità di ricevere la Santa Eucarestia.
Poi a cascata è arrivato anche tutto il resto, dalla scuola all’economia, cioè il lavoro, le relazioni sociali, gli hobbies: tutto è stato sacrificato sul fittizio “altare” della pandemia. A scandire però questo drammatico ritmo di “reclusione” pandemica c’è stata la preghiera casalinga, la riproduzione di una vera e propria “chiesa domestica”, vissuta in famiglia con cadenza costante.
Intervallata dal grande impegno dei sacerdoti sui social, e dalla liturgia quotidiana celebrata dal Papa ogni giorno, prima sulle televisioni cattoliche e in seguito sull’emittente pubblica nazionale. Nuove forme di evangelizzazione sono poi sorte una dietro l’altra, soluzioni creative e improvvisate di fronte all’impossibilità di vivere nella pienezza di sempre la propria fede. Il tutto coadiuvato da un lavoro costante degli operatori della comunicazione religiosa, in particolare sul web.
Momento iconico e fondamentale di quello che sta già diventando un vero e proprio momento storico, un passaggio cioè della grande vicenda storica dell’umanità, è stata la preghiera di Papa Francesco del 27 marzo in piazza San Pietro, solo, isolato da tutto e tutti, a scandire parole che hanno segnato profondamente il cuore dei molti che erano davanti alla televisione, almeno un terzo degli italiani.
“Perché avete paura? Non avete ancora fede?“, chiedeva il Santo Padre al mondo collegato in diretta, a schermi unificati, e forse anche con i cuori uniti nella prova, dando grande attualità alla potenza delle parole dell’evangelista Marco (Mc 4,40). La forza e l’impatto di quel momento, in cui il Pontefice ha riportato al centro delle sofferenze di questo mondo Cristo e la sua Parola immortale ed eterna, resterà quindi a lungo, forse per sempre, nel cuore e nella mente di chi l’ha vissuto e di chi lo riporterà sui libri di storia.
In quella data il Papa ha affidato il mondo intero alla protezione di Maria, e soltanto due settimane dopo sempre sullo sfondo di piazza San Pietro è arrivata la Via Crucis del 10 aprile. “Siamo tutti sulla stessa barca”, fu un’altra delle espressioni pronunciate di Francesco, portando l’attenzione sulla centralità della Chiesa, la Barca di Pietro, dove “le forze degli inferi non prevarranno” (Mt 16, 18).
In quelle settimane di lockdown ogni giorno migliaia, o meglio milioni di fedeli ogni giorno si sono messi in ascolto della liturgia quotidiana di Papa Francesco. Ma soprattutto altrettanti cattolici ogni giorno non hanno mai smesso di pensare al prossimo, di servirlo, di adoperarsi per rendere la vita dei più soli e più deboli anche solamente un poco migliore.
In tutta Italia ogni giorno parrocchie, gruppi, associazioni e singoli fedeli e volontari si sono mossi sotto l’invito e il messaggio di Cristo per rendersi disponibili ad alleviare la sofferenza di quanti si sono trovati, a causa del virus, ancora più in difficoltà di quanto già non fossero. Conservando ben salde nel cuore il dettame evangelico: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
Supportando chi aveva problemi con bollette non pagate, affitti inevasi, uomini e donne rimaste senza lavoro, senza fissa dimora che da un giorno all’altro hanno smesso di vedere i tanti amici che ogni sera, insieme a una preghiera e a un gesto di amicizia, portano loro anche qualcosa da mangiare, e qualche coperta per sopravvivere al freddo della notte e alla durezza del marciapiede.
Un lavoro silenzioso ma forte, robusto e soprattutto ampio, proprio come l’amore che Gesù prova per i suoi figli, capace di portare un messaggio di amore universale e radicale che ancora oggi guida e scalda i cuori di quello che è un vero e proprio esercito di persone diffuse in tutto il mondo, che amano senza compromessi. E che anche oggi sono uniti da una certezza: che cioè anche di fronte al dolore della pandemia, sarà soltanto la fede in Cristo a salvarci.
Francesco Gnagni
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