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Covid, crisi: il messaggio della CEI per San Giuseppe Lavoratore

Di fronte alla dura crisi provocata dal Coronavirus, la Chiesa italiana interviene nel sostenere chi è in difficoltà.

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Lo hanno fatto nel messaggio della CEI per il primo maggio, festa dei lavoratori e di San Giuseppe lavoratore, ma lo hanno dimostrato anche nelle diverse situazioni sui singoli territori, ora più che mai alla prova del ritorno alla normalità, che prevede quindi anche la fine del blocco dei licenziamenti e degli aiuti economici alle imprese, di cui molte probabilmente saranno costrette a chiudere i battenti dopo questi mesi di chiusura forzata.

Il duro monito dei vescovi per il lavoro

Nel loro messaggio, i vescovi si sono richiamati al libro biblico di Neemia:  “Al popolo stava a cuore il lavoro” (Ne 3,38). Nel documento per la Festa dei lavoratori si richiama l’attenzione sulla “terribile prova della pandemia” che “ha messo a nudo i limiti del nostro sistema socio-economico”, ma anche al fatto che “nel mondo del lavoro si sono aggravate le diseguaglianze esistenti e create nuove povertà”.

In tutto ciò, i tavoli aperti per le crisi industriali sono numerosi, e interessano in questo momento in particolare in Piemonte dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia e nelle Marche dall’arcivescovo di Fabriano-Matelica e Camerino-San Severino Marche, Francesco Massara. Ad esempio, il primo è impegnato sul fronte della drammatica vertenza “Mahle”, meglio nota come l’ex Embraco, per la quale è stato promosso dal presule “un tavolo apposito di incontro che coinvolga tutte le principali realtà del mondo del lavoro del nostro territorio”.

L’iniziativa a Torino dell’arcivescovo Nosiglia

Nosiglia ha dato vita a questa iniziativa affinché si possa dare la possibilità ai rappresentanti degli operai di presentare al governo le “proposte da perseguire per risolvere la questione”. A tal fine, le spese del viaggio a Roma “saranno sostenute dalla diocesi”. Situazione del tutto analoga è quella che sta vivendo il territorio di Fabriano, nelle Marche, dove da giorni si è annunciata la chiusura lo stabilimento “Elica” di Cerreto d’Esi, che porterebbe a quattrocento esuberi con gravi ricadute sull’intero territorio, già duramente provato dalla crisi.

Qui la Chiesa è da tempo in campo dal punto di vista del mondo del lavoro, e per affiancare i lavoratori nelle loro lotte. Così dopo la doccia fredda dell’annuncio da parte dei vertici dell’azienda, è arrivato l’appello dell’arcivescovo Massara. “In una delle principali aziende di un territorio già ad elevato tasso di disoccupazione, sono stati annunciati oltre quattrocento esuberi “, ha spiegato il presule, parlando di “una voragine sociale” che “minaccia il futuro anche dei lavoratori dell’indotto spingendo verso il fallimento un’intera filiera”.

Il dramma a cielo aperto nelle Marche

“Sono le ditte del comparto delle cappe aspiranti che tradizionalmente sono un punto di forza del nostro storico distretto dell’elettrodomestico”, ha spiegato con dolore ma non con rassegnazione. Proprio per questo il vescovo ha chiesto  “un intervento deciso e tempestivo delle istituzioni”, a livello sia regionale che nazionale.

“Dietro i numeri angoscianti degli annunciati licenziamenti ci sono persone e famiglie che soffrono e la diocesi non farà mancare loro vicinanza e sostegno”, ha continuato il vescovo. Nell’anno che Papa Francesco ha deciso di consacrare a San Giuseppe, il 2021, proprio per mettere i lavoratori e le famiglie sotto la protezione del patrono universale della Chiesa, c’è quindi bisogno di scongiurare con tutte le forze quelle che rappresenterebbero delle vere e proprie tragedie tanto per le famiglie quanto per intere comunità, pezzi di territorio nazionale che cominciano già a pagare a duro prezzo la crisi che stiamo ancora vivendo con la pandemia.

La voce del vescovo Massara e l’impegno della Chiesa

Alzando la voce e facendo tutto il necessario. Una voce che deve salire dal popolo, e dal mondo della Chiesa che lo supporta, per arrivare fino alle istituzioni e a chi ha in mano le leve del potere, per il bene di tutti. “Nei prossimi giorni è prevista l’apertura di un tavolo di crisi alla Regione Marche e il nostro auspicio è che un’analoga iniziativa venga adottata al più presto anche al ministero per lo Sviluppo economico”, ha concluso il vescovo.

“A tutti i livelli, infatti, vanno intraprese procedure di confronto tra le parti sociali per salvaguardare la dignità dei lavoratori e la continuità della produzione”. Come? Dando vita “a una sinergia positiva e una costruttiva convergenza di intenti: una significativa prova di unità sarebbe, ad esempio, quella di sollecitare a intervenire il governo attraverso un’interpellanza parlamentare trasversale”. Questo anche perché “diventa più povera e più debole una società che non si fa carico di lavoratori e famiglie che non chiedono assistenza né elemosina”.

LEGGI ANCHE: Lavoro, il grido della Chiesa: “Non si abbandonino famiglie e lavoratori”

“Ho ascoltato il dolore di questi fratelli e sorelle attraverso le loro dirette testimonianze”, ha concluso l’arcivescovo nel suo intervento riportato da La Stampa. “La diocesi farà la sua parte per andare incontro alle necessità di chi non può essere lasciato andare alla deriva”.

Giovanni Bernardi

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Giovanni Bernardi

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