La decisione del Tar rivoluzione la situazione che da due anni a questa parte si era rivelata drammatica, riguardante il “protocollo” di emergenza in cui si invitava alla somministrazione di “Tachipirina e vigile attesa” per i malati Covid a casa.
Finalmente è arrivata una svolta che permette di fare un decisivo passo avanti su uno degli aspetti più dolorosi di tutta la gestione della pandemia.
Ovvero quello delle cure domiciliari e delle difficoltà degli ospedali di fronte all’aggravamento delle terapie intensive, e che dovrebbe quindi deve essere accolta in maniera univoca da tutti.
Il Tar ha infatti finalmente annullato, seppure soltanto in parte, la famosa e molto criticata circolare del ministero della Salute in cui si invita i medici a curare i pazienti con sintomi lievi di Covid con la somministrazione domiciliare di paracetamolo e alla vigilante attesa. Una metodica che spesso, sostengono i più duri critici, ha finito per provocare molti drammi.
É stato il Comitato Cura domiciliare Covid-19 a presentare il ricorso che finalmente ha avuto esito positivo. La sentenza del Tar del Lazio, arrivata nella giornata di sabato 15 gennaio, ha annullato la circolare ministeriale in cui, insieme alla “vigile attesa”, nei primi giorni della malattia dava indicazione di somministrare solamente i cosidetti “fans”, farmaci antinfiammatori non steroidei, come può essere l’ibuprofene, insieme al paracetamolo.
I casi “lievi” di cui la circolare parlava sarebbero quelli in cui si presenta febbre sopra i 37,5 gradi, o altri sintomi quali malessere, tosse, mal di gola, congestione nasale, cefalea, mialgie, diarrea, mancanza di gusto e olfatto. Il discrimine per passare da caso lieve a non lieve sarebbe stato quello della presenza di difficoltà respiratorie o infine della alterazione dello stato di coscienza.
“In linea generale, non è indicata alcuna terapia al di fuori di una eventuale terapia sintomatica di supporto“, diceva la circolare, parlando poi di vigile attesa “intesa come costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente”, e anche la “misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno”. Oltre a questo, si parlava di un utilizzo su “giudizio clinico” di altri farmaci sintomatici, e di “appropriate idratazione e nutrizione, in particolare nei pazienti anziani”, e ci mancherebbe altro.
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Il tribunale amministrativo ha ora ribaltato le indicazioni del ministro Speranza parlando di un testo che “si pone in contrasto con l’attività professionale” dei medici stessi, per il quali al contrario “è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito”.
La sentenza insomma pare che ponga “fine alla vigile attesa”, come sostiene il Comitato Cura domiciliare Covid-19 che ha presentato il ricordo. Di conseguenza, l’accusa fortissima nei confronti delle istituzioni che hanno affrontato il Covid ricorrendo a questa metodica è quella di avere “privato i cittadini delle cure domiciliari precoci”. Cure che non si sostituiscono al vaccino ma cercano di evitare che la situazione del paziente degeneri evitando quindi che questo possa finire in ospedale.
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Tra queste cure ci sono poi anche terapie, come quella degli anticorpi monoclonali, che ad oggi sono state accolte da alcune Regioni italiane ma anche da interi Paesi come la Russia, e che non solo ha permesso di guarire a personalità come l’allora presidente Usa Trump, ma anche al noto virologo italiano Massimo Galli, uno dei principali avversatori delle stesse, insieme alla maggior parte dei suoi colleghi maggiormente esposti sui media.
Molti medici che hanno combattuto per le cure domiciliari precoci sono in questi mesi infatti stati avversati duramente, silenziati, ridicolizzati, alcuni persino cacciati dall’Ordine dei medici, per avere messo anima e corpo nel salvare le persone durante la fase peggiore della pandemia curandole a casa. Ora, dopo questa sentenza che riabilita le loro posizioni, siamo certi che pochi porgeranno a costoro le proprie scuse rispetto al dramma accaduto, e che sicuramente almeno in parte si sarebbe potuto limitare.
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Tra i politici, l’unica che ha salutato con clamore la sentenza è stata la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che ha così anche chiesto le dimissioni del ministro della Salute, Roberto Speranza.
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