L’infettivologo Mario Magliocca, noto come primario “coraggio”, è morto nel suo reparto di Malattie infettive all’ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino.
Sessantasei anni, mancavano soltanto 3 mesi alla pensione. “Si è ammalato salvando la vita agli altri”, commentano i colleghi. Il nome dell’ospedale non è un caso. Il santo beneventano, noto come il “medico dei poveri”, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 1987, dedicò la sua vita alla cura dei suoi pazienti. Che ora assiste dal cielo, intercedendo presso il Padre.
San Giuseppe Moscati, medico e ricercatore, si dedicò tutta la vita all’assistenza dei sofferenti, spesso curandoli gratuitamente e anche aiutandoli economicamente. Offrì quindi anima e corpo per i malati, talvolta senza chiedere nulla in cambio, proprio come il medico avellinese che, come purtroppo tanti altri dall’inizio della pandemia, si sono sacrificati fino all’ultimo per combattere questo male terribile, e salvare le vite di quanti si sono infettati.
Il dottore Magliocca ha lavorato per quasi trent’anni nello stesso ospedale, e da primario del reparto di Malattie infettive, ha combattuto contro il Coronavirus fino all’ultimo giorno.
Infatti, molto probabilmente, è proprio qui che ha contratto l’infezione, passando in questo modo dalla parte dei malati il 20 novembre scorso, ricoverato nell’area Covid. La stessa dove aveva fronteggiato con le unghie e con i denti la seconda ondata della pandemia. Giovedì scorso è arrivato il decesso.
Il dottor Magliocca cominciò la sua carriere da medico di famiglia nel suo comune d’origine, Roccarainola, e nel 1991 entrò nell’ospedale irpino. Per anni ha lavorato fianco a fianco del dottore Carmine Sanseverino, medico del pronto soccorso del Moscati, anche lui colpito dal Coronavirus, ma poi guarito.
“Mario era spesso chiamato, insieme ai colleghi di Malattie infettive, a dare il suo contributo nella cura dei pazienti Covid”, ha raccontato ad Avvenire Sanseverino, parlando del collega deceduto. “Dopo che ho saputo della sua positività e poi del suo ricovero, ho sperato fino all’ultimo nella sua guarigione, ma così non è stato. Ci vedevamo spesso, condividevamo l’attività all’interno del sindacato”, prosegue.
“È chiaro che la probabilità che abbia contratto il virus fra i reparti è alta. Pur disponendo delle protezioni, quando si trascorrono diverse ore a contatto con i pazienti la più piccola distrazione può risultare fatale. Ma parliamo di congetture”.
Sono diversi i medici che purtroppo sono andati incontro alla morte lottando contro la pandemia in Irpinia. Lunedì è toccato al primario del reparto di Rianimazione della clinica Malzoni di Avellino Sergio Pascale. Poi a Giuseppe Mosca, 34 anni, impiegato nella Asl di Caserta nel coordinamento del contact tracing. Infine ad Aldo Spinazzola, 85 anni, medico in pensione di Melito Irpino.
Che il Signore possa accogliere l’anima di questi medici eroi nella gloria del cielo, e possa il loro esempio essere di ispirazione per tanti uomini e donne che ogni giorno combattono per salvare la vita del prossimo, negli ospedali e dovunque ce ne sia bisogno.
Giovanni Bernardi
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