Le frasi di padre Livio fanno discutere. “Coronavirus? Il demonio agisce attraverso menti criminali. Lo scopo è un colpo di Stato sanitario”
Da qualche ora tutti i giornali hanno messo in risalto le parole del direttore di Radio Maria. Eppure il sacerdote da tempo non fa mistero della sua posizione, peraltro non molto dissimile da quella dell’arcivescovo ed ex nunzio negli Stati Uniti d’America, Carlo Maria Viganò, poche settimane fa rilanciata anche dallo staff dell’ancora presidente americano Donald Trump.
Ci si chiede per quale ragione proprio ora queste assumano un grande risalto. C’è chi parla di un’opera di mistificazione mediatica. Il meccanismo è questo: mettere in luce per scatenare il moralismo di chi ha sempre pronta la certezza in tasca, e difficilmente si pone domande.
Un’onda che i più critici dipingono come la “grancassa del politicamente corretto”, dove quando si vuole screditare un’opinione, che in un paese libero è sempre legittima, la si mette in risalto dipingendola come grottesca. Così, in questo modo, in particolare nell’era dei social che purtroppo sempre più spesso sono un forte amplificatore del conformismo più spicciolo, si scatenano i commenti indignati.
Di conseguenza, quella posizione e anche tutte altre riflessioni che solo vagamente potrebbe esservi riconducibili diventano impresentabili o facilmente attaccabili. Tuttavia, ciò non significa che si debba rinunciare a presentare la propria opinione nel dibattito. Anzi, tutt’altro. Come noto, se una posizione non fa discutere significa che ha ben poco valore, se non quello di una minestra riscaldata già masticata da tutti e in tutti i modi.
Tornando ai fatti, la frase di padre Livio è la seguente. “Vi dico come la penso”, ha esordito il prete. “Ho allargato le mie conoscenze e allargato i miei orizzonti: questa epidemia è un progetto, ben preciso, per colpire l’Occidente. Io l’ho sempre attribuito al demonio, che agisce attraverso gli uomini e quindi delle menti criminali, che l’hanno realizzato con uno scopo ben preciso: creare un passaggio repentino per attuare una specie di colpo di Stato sanitario”.
Tesi certamente forti, dirette, per molti discutibili, ma che comunque meritano una discussione franca e approfondita. Padre Livio le ha pronunciate durante la trasmissione “Lettura cristiana della cronaca e della storia”, che è andata in onda l’11 novembre scorso.
A detta del sacerdote, quindi, secondo quanto emerge dai suoi approfondimenti, dietro il Coronavirus esiste “un progetto volto a fiaccare l’umanità, a metterla in ginocchio, per instaurare una dittatura sanitaria e cibernetica, creando un mondo nuovo che non è più di Dio Creatore”. Come? “Attraverso l’eliminazione di tutti quelli che non dicono sì a questo progetto criminale portato avanti dalle élite mondiali, con complicità magari di qualche Stato”.
Ci sarebbe da dire che le sue parole trovano di certo conferma nelle reazioni che subito si sono scatenate in ogni angolo del sistema mediatico predominante. A cui disturba non tanto che si abbia un pensiero diverso sul Coronavirus, ma parlare del demonio. In ogni caso, ha continuato padre Livio, il Coronavirus non è solamente legato da un’origine cinese, quella cioè del mercato di Wuhan di cui spesso si è parlato fin dallo scoppio della pandemia. Ma c’è un disegno ben più ampio e pericoloso.
“Questa epidemia è un progetto non casuale, che non viene dai pipistrelli o dal mercato di Wuhan”, ha spiegato. “Si è sviluppata come un progetto ben preciso per colpire l’Occidente, forse non solo dalla Cina. Partiva dal Brasile, causando 60 milioni di morti, con una simulazione della Fondazione Gates. E poi infatti è arrivata esattamente così”.
Alla base di tutto ciò, ha concluso padre Livio, ci sarebbe il desiderio di “eliminare tutti quelli che non stanno a questo gioco, realizzando il mondo nuovo — che sarebbe quello di satana — dove noi saremo tutti degli zombie. È una cosa reale, non campata per aria. E hanno fretta di realizzarla entro il 2021, a mio parere”. Un’opinione molto simile a quella espressa dall’arcivescovo ed ex nunzio negli Stati Uniti d’America, Carlo Maria Viganò.
Giovanni Bernardi
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