Nella lotta al Coronavirus, alcuni scienziati avrebbero chiesto presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di dare seguito a misure drastiche e al più presto.
La richiesta è stata inserita all’interno di una lettera-appello firmata da un centinaio di scienziati e docenti universitari. Tra questi, il Rettore della Normale di Pisa, Luigi Ambrosio e Fernando Ferroni, ex presidente Istituto Nazionale Fisica Nucleare. I destinatari sono invece il capo dello Stato Sergio Mattarella e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Gli scienziati: “provvedimenti drastici nei prossimi due o tre giorni”
In questa si chiede “di assumere provvedimenti stringenti e drastici nei prossimi due o tre giorni“. Per “evitare che i numeri del contagio in Italia arrivino inevitabilmente, in assenza di misure correttive efficaci, nelle prossime tre settimane, a produrre alcune centinaia di decessi al giorno”.
Nel testo gli studiosi affermano: “Come scienziati, ricercatori, professori universitari riteniamo doveroso ed urgente esprimere la nostra più viva preoccupazione in merito alla fase attuale di diffusione della pandemia da Covid-19″.
Per i firmatari la tutela della salute conta più dell’economia
Oltre a questo, i firmatari della lettera segnalato un appello contenuto in un articolo del Presidente dell’Accademia dei lincei, professor Giorgio Parisi. Pubblicato nelle scorse ore nel blog dell’Huffington Post. La questione che pongono i firmatari dell’appello è che le difficoltà economiche non devono essere messe in primo piano rispetto a quelle di salute.
“Il necessario contemperamento delle esigenze dell’economia e della tutela dei posti di lavoro con quelle del contenimento della diffusione del contagio deve ora lasciar spazio alla pressante esigenza di salvaguardare il diritto alla salute individuale e collettiva sancito nell’art. 32 della Carta costituzionale come inviolabile”, scrivono.
I nomi della lettera inviata a Conte e Mattarella
Altri nomi che spuntano da questo appello sono: Gianfranco Viesti, economista dell’Università di Bari. Carlo Doglioni geologo e presidente Istituto nazionale geofisica e vulcanologia. Alfio Quarteroni, matematico applicato. Enzo Marinari, ordinario di Fisica alla Sapienza. Roberta Calvano, ordinaria di Diritto costituzionale Unitelma Sapienz. Piero Marcati, prorettore Gran Sasso Institute. Alessandra Celletti astronoma vicepresidente Anvur.
“La salvaguardia dei posti di lavoro, delle attività imprenditoriali e industriali, esercizi commerciali, e le altre attività verrebbero del resto ad essere anch’esse inevitabilmente pregiudicate all’esito di un dilagare fuori controllo della pandemia che si protraesse per molti mesi”, è un altro passaggio del testo inviato a Conte e Mattarella.
Secondo i firmatari chiudere tutto salverebbe l’economia
Per questo, a detta dei firmatari “prendere misure efficaci adesso serve proprio per salvare l’economia e i posti di lavoro. Più tempo si aspetta, più le misure che si prenderanno dovranno essere più dure, durare più a lungo, producendo quindi un impatto economico maggiore”.
Ragione che spingerebbe ad affermare che il contagio andrebbe fermato subito attraverso misure adeguate e se necessario anche forti, altrimenti in seguito la situazione, anche quella economica, potrebbe peggiorare ancora di più.
La tesi degli scienziati però è di dubbia applicazione
“Per questo che il contagio va fermato ora, con misure adeguate, ed è per questo che chiediamo di intervenire ora in modo adeguato, nel rispetto delle garanzie costituzionali, ma nella piena salvaguardia della salute dei cittadini, che va di pari passo ed è anch’essa necessaria e funzionale al benessere economico“, concludono gli scienziati.
Una tesi che tuttavia non convince molti, tra cui indirettamente il professore Crisanti. Per il semplice fatto che gli effetti di misure come un eventuale nuovo lockdown aiuterebbero a combattere il diffondersi del contagio ora, ma nel lungo termine non servirebbero a nulla. Se infatti non si mette in campo un piano ben articolato per fare fronte alla pandemia, alla fine di ogni lockdown farà seguito una nuova crescita dei contagi.
E visto e considerato che nei prossimi mesi ci aspetta l’inverno, e un clima in cui il Coronavirus prolifererà sempre più indisturbato, nessun Paese potrebbe chiudere tutte le proprie attività per sei mesi o un anno. Perlomeno, senza pensare di andare incontro a pesanti ripercussioni economiche. Che porterebbero inevitabilmente a contesti di grande difficoltà sociale. Con il rischio, però, di pesanti rivolte sociali che sfocerebbero in situazioni difficile da gestire.
Giovanni Bernardi