Covid, il Piemonte è all’avanguardia. Dopo quasi un anno di sperimentazione, i protocolli per l’assistenza domiciliare sono una realtà.
Grazie all’ok del Comitato Tecnico Scientifico regionale e alla ratifica dell’assessore alla Sanità, Luigi Icardi, i medici piemontesi potranno recarsi a casa dei pazienti sin dalle prime ore di sintomi.
Niente più “paracetamolo e vigile attesa”, dunque. Il Covid è una patologia troppo complessa per poter essere monitorata telefonicamente o in videochiamata. Tuttavia – e questa è la buona notizia – può essere curata a casa, con possibilità altissime di guarigione completa in tempi rapidi. Bisogna, però, intervenire per tempo.
I farmaci? Stop all’inefficace tachipirina, e avanti con antiinfiammatori non steroidi, vitamina D, antibiotici, eparina e la tanto controversa idrossiclorochina. “In più, prevediamo la possibilità di attivare ‘ambulatori Usca’ per gli accertamenti diagnostici altrimenti non eseguibili o difficilmente eseguibili al domicilio, ottimizzando le risorse professionali e materiali disponibili”, ha dichiarato l’assessore Icardi.
In questo modo, la Regione Piemonte, recepisce la sentenza del Consiglio di Stato, che dà via libera all’utilizzo del farmaco, tradizionalmente somministrato contro la malaria. A condizione, che l’idrossiclorochina sia assunta all’intervenire dei primi sintomi e non nella fase più acuta della malattia, tantomeno dopo il ricovero ospedaliero.
L’intenzione dell’assessore Icardi è ora quello di coordinarsi con il Ministro per gli Affari Regionali, Maria Stella Gelmini, affinché durante la prossima conferenza Stato-Regioni, il modello piemontese possa essere esteso a livello nazionale.
“Siamo convinti, perché lo abbiamo riscontrato sul campo fin dalla prima ondata, che in molti casi il virus si possa combattere molto efficacemente curando i pazienti a casa – ha affermato Icardi –. Non vuol dire limitarsi a prescrivere paracetamolo per telefono e restare in vigile attesa, ma prendere in carico i pazienti a domicilio. Siamo stati tra i primi, l’anno scorso, a siglare un protocollo condiviso con Asl, Prefetture e organizzazioni di categoria dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta”.
“L’obiettivo – ha proseguito l’assessore – è evitare che i ricoveri, così come le degenze prolungate oltre l’effettiva necessità clinica, delle persone che possono essere curate a domicilio determinino una consistente occupazione di posti letto e l’impossibilità di erogare assistenza a chi versa in condizioni più gravi e con altre patologie di maggiore complessità”.
Significative, a riguardo, sono le parole del professor Pietro Luigi Garavelli, direttore di Struttura Complessa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero Universitaria “Maggiore della Carità” di Novara: “I cinesi sono intervenuti precocemente nelle cure. Sorprende perché gli altri non si sono accodati”, ha affermato l’infettivologo in un’intervista rilasciata alla trasmissione Fuori dal Coro (Rete 4).
In novembre, nel pieno della seconda ondata, con la sperimentazione delle cure domiciliari, il Piemonte aveva visto crollare il numero dei ricoveri del 75-80% in un mese.
Il nuovo protocollo piemontese è partito dall’esperienza sul campo di primari ospedalieri e medici di base, dei territori di Novara e Alessandria. Già nella scorsa primavera, la cura precoce per Covid aveva fatto registrare il 30% di ricoveri in meno rispetto alla media nazionale, mentre i dati relativi all’ultima settimana registrano una letalità ridotta di tre quarti.
Luca Marcolivio
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