Da tempo si parla di questa speciale cura contro il Coronavirus, che non è un vaccino ma ha effetti altamente positivi sulla malattia.
Finalmente, perché fin dai primi mesi della pandemia si era già certi della bontà di questa cura. Persino il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva affrontato la malattia con questa speciale medicina, superandola con successo. Ora, anche in Italia è arrivato il primo paziente curato con questa formula medica.
Si tratta di quanto accaduto al San Martino di Genova, dove un settantunenne con problemi cardiaci sta affrontando al meglio il Covid grazie agli anticorpi monoclonali.
Il successo della terapia fa quindi pensare alla possibilità, e anche all’opportunità, di utilizzarla di qui in poi al meglio e quando possibile. Oltretutto, il trattamento a base di anticorpi monoclonali, infatti, non è limitato esclusivamente al momento in cui si rileva la positività al Covid.
Al contrario, questo può essere utilizzato in alcuni casi anche in via preventiva, ovvero nella stessa modalità con cui viene utilizzato il vaccino. Il che rappresenta una novità certamente di non proprio conto. Nello specifico, riguarda quelle persone che riconoscono di aver avuto dei contatti con persone affette dalla malattia e che si trova in particolari condizioni di salute. E che quindi, di conseguenza, sono a rischio di essere rimaste contagiate.
Tuttavia, sappiamo che ora è ufficiale che gli anticorpi monoclonali entrano a far parte delle terapie per il trattamento del Covid-19 nel nostro Paese. La determina porta infatti la la firma dell’Agenzia Italiana del Farmaco, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 9 marzo scorso, e in questa sono state anche definite le modalità e le condizioni di impiego dell’anticorpo monoclonale bamlanivimab.
Giusto pochi giorni prima del momento in cui il trattamento ha trovato applicazione sull’uomo che aveva contratto il coronavirus. Il trattamento è cominciato a partire dal terzo giorno dalla scoperta della sua positività. Ora che la cura è stata somministrata, seguirà il resto del trattamento direttamente all’interno della sua abitazione privata.
A dirigere la somministrazione degli anticorpi, avvenuta all’interno della clinica malattie Infettive San Martino di Genova, è stato il professor Matteo Bassetti, volto noto della televisione e dei media in generale in questo ultimo anno di emergenza sanitaria. Al quotidiano Il Giornale, Bassetti ha commentato la somministrazione della cura con una certa soddisfazione personale.
“Finalmente possiamo utilizzare i monoclonali e spero che possano davvero essere un’ulteriore terapia complementare rispetto a quelle che già abbiamo”, ha detto il medico. Infatti, fino a questo momento le uniche terapie somministrate ai pazienti che avevano contratto la malattia si sono basate sul farmaco antivirale Remdesivir, dimostratosi in passato efficace per combattere Ebola o la Sars.
In altri casi particolari si è poi utilizzato il cortisone, sia in ospedale che a casa, oppure l’eparina, per evitare i fenomeni trombo embolici. Ora con i monoclonali il bagaglio di terapie che possono essere somministrate a casa aumenta in maniera sensibile, impedendo alla malattia di svilupparsi in forme più gravi, e di conseguenza anche lasciando liberi maggiori posti letto e di terapia intensiva negli ospedali.
Nello specifico, si tratta di anticorpi che hanno il compito di riconoscere batteri e virus permettendo all’organismo di agire per neutralizzarli. Alla base di questo funzionamento, c’è il fatto che gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario dell’essere umano sono tantissimi, si parla di cifre dell’ordine dei miliardi. Tuttavia, solamente alcuni reagiscono in modo efficace contro la stessa tipologia di patogeno.
Nel momento in cui si vuole debellare una specifica malattia, c’è bisogno di produrne molti in poco tempo, come accade per esempio per il caso particolare del Covid-19. Un fatto molto difficile, per la quale però la produzione artificiale di monoclonali rappresenta un aiuto importante.
Allo stesso tempo, è necessario che questi anticorpi vengano usati nelle prime fasi della malattia, prima del momento in cui si inneschi la “cascata infiammatoria”. Nel caso invece in cui si decida di utilizzarlo in maniera preventiva, nella stessa modalità cioè con cui si utilizza il vaccino, bisogna che intervengano degli specialisti per valutare di volta in volta le diverse circostanze e agire di conseguenza.
Purtroppo, però, a tutto questo c’è anche da aggiungere una triste realtà, che cioè nonostante il parere positivo dell’Aifa, in Italia si va ancora molto a rilento da questo punto di vista. Non basta insomma essere partiti in ritardo rispetto ad altri Paesi, anche una volta dato il via libera si continua a stentare. Il che è inaccettabile. Perché tanti pazienti si potrebbero salvare in questa maniera, e altrettanti troverebbero maggiore spazio nei reparti ospedalieri.
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“Il messaggio che rivolgo a tutti è quello di utilizzare i monoclonali per offrire maggiori opportunità ai cittadini di tutte le Regioni”, dice Bassetti, spiegando che purtroppo ancora oggi molte regioni non sono affatto organizzare in questa direzione. “Adesso che i abbiamo i monoclonali noi clinici dobbiamo usarli. Non si può dare più la colpa al sistema della politica, conclude Bassetti. Aggiungendo che “per chi, tra medici, volesse prendere visione del nostro protocollo, può chiederlo, saremo ben lieti di condividerlo”.
Giovanni Bernardi
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