Da giorni si parla di un piano di distribuzione dei vaccini già per il mese di gennaio. Tuttavia, sono molte le ombre e i dubbi, a partire dalla gestione.
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha illustrato ieri a Camera e Senato le linee strategiche del piano vaccini: acquisto centralizzato, somministrazione gratuita, con il coinvolgimento delle Forze armate, e cuore dell’operazione tra la prossima primavera e l’estate.
Speranza ha detto che avranno priorità operatori sanitari e sociosanitari, residenti e personale delle Rsa per anziani, persone in età avanzata per ottenere una maggiore copertura vaccinale e coprire persone con maggiori fattori di rischio.
Poi ha spiegato che la distribuzione dei vaccini avverrà con il coinvolgimento delle forze armate, e attraverso vaccinazioni centralizzate presso gli ospedali o con unità mobili. Con un fabbisogno stimato di circa ventimila persone per attuare la campagna.
Per quanto riguarda invece la necessità di avere una catena del freddo standard, Speranza ha sostenuto che ci sarà un sito nazionale di stoccaggio e siti territoriali. Mentre per i vaccini con catena del freddo estrema questi saranno consegnati da aziende presso 300 punti vaccinali.
Tuttavia sono molti i dubbi riguardo a tutti questi aspetti, messi in luce dal docente di Logistica all’Università Cattolica di Piacenza e membro del comitato scientifico del Freight Leader Council Luca Lanini. Per Lanini, intervistato dal Sussidiario, i sei diversi tipi di vaccini che verranno distribuiti, avranno bisogno di una catena logistica propria. Su questo punto, c’è ancora una certa attesa riguardante le specifiche.
Ci saranno poi le notevoli difficoltà di organizzazione negli aeroporti, visto che molti dei vaccini dovranno passare da lì. Un aspetto cruciale sarà poi quello legato all’organizzazione dei punti di somministrazione. Per il docente questi “dovranno essere grandi aree, di almeno 2mila metri quadrati, all’aperto e con parcheggi, che devono accogliere almeno 1.500-2.000 vaccinati al giorno, che dovranno essere organizzati a gruppi”.
Di certo, però, non potrà “essere l’ospedale il luogo della vaccinazione di massa, perché si incrociano troppi flussi: i cittadini sani, i cittadini malati, le auto del personale”. Andranno invece bene “bene poli logistici, centri agroalimentari, interporti o aree comunque ogni grande area chiusa, protetta e controllata negli accessi”.
Per quanto riguarda il trasporto degli stessi, infine, i problemi sono numerosi, e riguardano anche la sicurezza. I vaccini possono fare gola al mercato nero. Se poi in altri paesi come Francia o Germania sono già stati presentati piani ben dettagliati, e “si sta ragionando da tempo sul potenziamento degli aeroporti e sulla creazione di grandi centri di stoccaggio”, in Italia le cose non vanno così.
“Ancora l’altro ieri in audizione in commissione Trasporti, le aziende di logistica chiedevano al governo: diteci come possiamo aiutarvi, perché non sappiamo nulla”, ha spiegato il docente. “L’approccio italiano, invece è opposto si basa su quella che io chiamo la sindrome dell’a-logistica”, ha concluso il professore.
“Si lavora sui punti finali e non sull’accompagnamento necessario. È un po’ come se lo sbarco in Normandia fosse stato deciso a partire dal giorno e non dal come“.
Giovanni Bernardi
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