Il duro appello dei vescovi: nel Covid, “le autorità civili sostengano le famiglie con misure concrete”. E attestano: le chiese si sono dimostrate luoghi del tutto sicuri.
Le famiglie, infatti, di fronte al periodo più buio della crisi pandemica sono state, ancora una volta, il vero argine al dilagare della sofferenza. Senza la possibilità di stare in casa, facendosi forza a vicenda, sostenendosi l’un l’altro tanto materialmente quanto moralmente e spiritualmente, la prima fase della pandemia sarebbe stata un disastro ancora maggiore di quello che è stato.
Le famiglie sono state il vero argine alla pandemia
Le famiglie, in molti casi, sono diventate vere e proprie chiese domestiche, e nelle case ci si è fatti conforto contro il male. Eppure ancora oggi, anche di fronte alle misure emergenziali, le famiglie sono le prime a pagarne le conseguenze. Come sono anche le prime ad essere abbandonate dalle istituzioni, lasciate totalmente a sé stesse.
Il messaggio dei vescovi rimarca questi aspetti e rilancia l’invito a porre l’attenzione dovuta proprio sulle famiglie. Per fare in modo che non continui a verificarsi “l’iniquità” purtroppo già dilagante, aumentata ancora più con la pandemia. Ma anche che “confortati dal magistero di papa Francesco, siamo certi che per il bene comune occorra continuare in questa linea di dialogo costante e serio”.
Crollo psicologico e iniquità, il grido dei vescovi: il governo intervenga
“Dinanzi al crollo psicologico ed emotivo di coloro che erano già più fragili, durante questa pandemia, si sono create delle “iniquità“, per le quali chiedere perdono a Dio e agli esseri umani. Dobbiamo, singolarmente e insieme, farcene carico perché nessuno si senta isolato!”, è il grido dei vescovi italiani.
Bisogna quindi a tutti i costi reagire. Perché alla fine dei tempi, “saremo giudicati sulla carità“, ricordano i sacerdoti. Per cui l’appello è a rinunciare a tutti i costi alla logica del “si salvi chi può”. Altrimenti, il rischio è che sarà un “tutti contro tutti”.
Il bene della società passa attraverso le famiglie
“Sappiamo che il bene della società passa anzitutto attraverso la serenità delle famiglie”, è quanto affermato dei presuli. Che auspicano “che le autorità civili le sostengano, con grande senso di responsabilità ed efficaci misure di vicinanza“. In tutto ciò, “le comunità cristiane sappiano riconoscerle come vere Chiese domestiche, esprimendo attenzione, sostegno, rispetto e solidarietà”, spiegano.
Per quanto riguarda invece la celebrazione delle Messe, i sacerdoti, nel messaggio inviato a nome del Consiglio episcopale permanente della Cei e indirizzato “alle comunità cristiane in tempo di pandemia”, che lo svolgimento in sicurezza e nel pieno rispetto delle norme è assolutamente possibile.
Le chiese si sono dimostrate luoghi del tutto sicuri contro il Covid
Le chiese, infatti, durante la crisi “si sono rivelate luoghi sicuri nei quali celebrare la messa col popolo nel rispetto delle norme”. Le liturgie e le celebrazioni sono state inequivocabilmente luoghi di particolare cura e prudenza. “Le ristrettezze – osserva la Cei – possono divenire un’opportunità per accrescere e qualificare i momenti di preghiera nella Chiesa domestica; per riscoprire la bellezza e la profondità dei legami di sangue trasfigurati in legami spirituali“, hanno spiegato i vescovi.
Tuttavia ancora oggi l’Italia, insieme a molti altri Paesi, è sottoposta a grandi limitazioni, da cui ne derivano “effetti preoccupanti a livello personale, sociale, economico e finanziario”, hanno spiegato ancora i vescovi.
Il dolore e il bisogno di portare l’amore che viene da Gesù
Oltre al grande dolore, dovuto al fatto che “dietro i numeri apparentemente anonimi e freddi dei contagi e dei decessi vi sono persone, con i loro volti feriti e gli animi sfigurati, bisognose di un calore umano che non può venire meno”. E che per questo, “la situazione che si protrae da mesi crea smarrimento, ansia, dubbi e, in alcuni casi, disperazione”.
In tutto ciò, però, “le Chiese in Italia stanno dando il loro contributo per il bene dei territori, collaborando con tutte le Istituzioni, nella convinzione che l’emergenza richieda senso di responsabilità e di unità”. I cristiani, infatti, “portano anzitutto il contributo della fraternità e dell’amore appresi alla scuola del Divin Maestro di Nazareth, morto e risorto”.
Quindi non si può mai abbandonare la speranza, è il centro del messaggio. “Non possiamo ritirarci e aspettare tempi migliori, ma continuiamo a testimoniare la risurrezione, camminando con la vita nuova che ci viene proprio dalla speranza cristiana”
Giovanni Bernardi