Credere ma non essere praticanti: in molti si definiscono tali. Ma ecco quali possono essere le motivazioni dietro questo “inganno”.
Credere in Dio ma non sentire la necessità di stare con Lui, di ascoltare la sua parola, di ricevere il suo Corpo e il suo Sangue. E’ coerente?
Credo ma non vado in Chiesa
Un’idea che si sta facendo largo, purtroppo, sempre di più: quella di credere in Dio, ma di non andare in chiesa. Il “non esser praticanti”, tanto per intenderci. C’è chi dice che “non vado in Chiesa non perché non credo in Dio, ma perché sono deluso dall’istituzione chiesa”, o ancora “non vado perché non ho tempo e mi annoio”, fino a dire “io credo, ma non sono praticante”.
Partiamo dal principio: cosa vuol dire essere credenti? Una persona che crede che Dio esista e che operi per il bene di ciascuno di noi. Differenza sostanziale da chi si professa ateo, ovvero colui che non crede in Dio.
Ed esser praticanti, cosa vuol dire? Non possiamo svilire questo termine al solo dire “frequentare la Chiesa”, perché si tratta di un’accezione molto vasta del termine. Frequentare la chiesa va dal partecipare alle funzioni religiose (che siano esse la Santa Messa, l’Adorazione, il Rosario…), sino a quello di frequentare dei gruppi parrocchiali (come i Ministranti, il Coro…).
Non praticare la presenza di Gesù: è possibile?
Tornando alla nostra domanda principale: cosa vuol dire esser “credenti ma non praticanti”. Certo: i valori evangelici possono esser presenti anche fuori le mura ed i contesti parrocchiali. Ma come si fa a dire no a Gesù? Al suo invito a stare con Lui, a quel suo richiamo di trascorrere anche pochi minuti alla sua presenza ed esser colmati d’amore e di pace, anche in quei momenti difficili e incomprensibili della nostra vita?
Quante volte sembra che Dio sia da noi lontano, specie quando ne abbiamo bisogno. E questa potrebbe essere una motivazione che ci porta all’affermazione di credere sì, ma non frequentarLo, “tanto Lui non mi ascolta quando ne ho bisogno”. Non è così: il Signore c’è sempre, conosce ogni nostra necessità e difficoltà.
Credere in Lui implica qualcosa di profondo, che nasce da dentro. Anche meravigliarci, ancora ed ancora, come bambini davanti al grande mistero dell’Eucarestia, di questo Dio che si offre come pane vivo per noi, senza chiederci nulla in cambio. Chi mai lo farebbe? Lui invece sì.
Lui ci chiama a sé: perché dobbiamo rifiutare il suo invito?
Pensiamo che esser praticanti possa, anche, significare obbligatoriamente, frequentare la parrocchia in modo assiduo, anche se non siamo in piena sintonia con “le idee di quell’ambiente”. No: Gesù ci chiama alla sua mensa perché vuole stare con noi, e viceversa. Specialmente se la nostra fede vacilla, Lui vuole renderla più salda, anche solo partecipando alla Messa.
La Madonna, a Medjugorje, non definisce le persone “non credenti”, ma semplicemente come “coloro che non hanno fatto ancora esperienza dell’amore di Dio“. Noi quando sperimentiamo il Suo Amore e ci sentiamo amati, desideriamo stare con Lui, incontrarlo, passare del tempo con Lui…questo è importante.
L’amore si pone sempre al centro di ogni relazione, a cominciare proprio da quella con Dio.
Affidiamoci a Lui ciecamente, senza timore o paura. Crediamo in Lui, nella sua misericordia e “pratichiamo” la sua presenza. Perché essa ci riempie, ci dà vita e forza e ci permette di vivere anche con più serenità e tranquillità.