Per uscire al meglio dal duro periodo del coronavirus bisogna puntare sulla vera libertà: quella che viene dalla Parola del Signore e indicata dalla Dottrina sociale della Chiesa.
Ne è convinto l’Arcivescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi. Che ha descritto quella che stiamo vivendo come “un’occasione per riprogettare il proprio cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno (Caritas in veritate)”.
“Sradicare statalismo e burocrazia, favorire la sussidiarietà, scuole libere, libertà fiscale e di nascere una volta concepiti, prestito nazionale, combattere il nuovo umanesimo del globalismo sovranazionale che nel Covid ha realizzato un esperimento di libertà limitate e autoritarismo politico”. È il programma per la ripartenza indicato dal religioso in un suo intervento pubblicato sul quotidiano online La Nuova Bussola Quotidiana.
“Sarà impossibile percorrere la strada della vera libertà senza la libertà di nascere una volta concepiti, di essere procreati e in modo umano, di nascere sotto il cuore di una mamma e di un papà, di non essere costretti a morire per volontà altrui facendoci credere di morire per volontà nostra, senza la libertà vera di poter educare i nostri figli”, dice Monsignor Crepaldi.
Le riflessioni del religioso hanno origine cioè nella situazione sociale inedita ed emergenziale provocata dalla crisi sanitaria, del tutto inattesa, del coronavirus. Una situazione difficile. Che però richiede di essere valutata, a detta del monsignore, anche “in chiave spirituale e nella visione di una teologia della storia umana segnata dalla caduta e dalla redenzione”.
Nell’enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI scrive: “La crisi ci obbliga a riprogettare il proprio cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno”. Da queste parole nasce la sfida che i cattolici, e la comunità nel suo insieme, hanno davanti.
“Il prossimo futuro dovrà essere una fase della vera libertà, ricordando che «la libertà è pienamente valorizzata soltanto dall’accettazione della verità» (Centesimus annus, n. 46)”, scrive nel suo intervento monsignor Crepaldi. Ricordando che nel corso dell’emergenza sono state accettate durissime limitazioni della libertà.
Sulla base poi, purtroppo, di “dati scientifici non sempre sono stati utilizzati secondo verità“, come poi diverse inchieste hanno recentemente ancora più smascherato. In questo contesto, “le restrizioni e le sanzioni talvolta non sono state applicate con buon senso, sono emerse anche nuove forme di autoritarismo politico”.
Così, l’unico rimedio a queste tristi considerazioni, è orientare il prossimo futuro verso un progetto di libertà, “da viversi nelle varie realtà naturali, dalla famiglia all’impresa, dal quartiere alla scuola”, scrive il religioso.
“C’è una grande occasione per superare una libertà artificiale e costruire una libertà reale e naturale, espressione della vera essenza della persona umana e dei fini autentici della comunità politica”.
Lo sguardo di Monsignor Crepaldi va perciò verso la paura di nuovi statalismi e autoritarismi. Cioè di uno Stato che garantisca la sicurezza economica e sorvegli sulla giustizia ma che non finisca per ridurre la propria azione a distribuzione assenzialistica dimenticandosi però di porre le basi per una vera ripartenza. Altrimenti, il rischio è l’impoverimento tanto di valori quanto di risorse materiali ed economiche.
Lo Stato, spiega il Monsignore entrando nel merito dell’attuale situazione sociale ed economica e di quella che si prospetterà nei prossimi mesi, dovrà puntare alla “creazione di lavoro vero e non di lavoro assistito”.
Sul tema del sistema sanitario nazionale, messo alla dura prova dal coronavirus e su cui si è parlato molto, in particolare per quanto riguarda le sue carenze emerse dopo la gestione politica degli ultimi decenni, il religioso invita a guardare al principio di sussidiarietà.
Principio di cui molto si è scritto, tanto nel Magistero sociale di diversi Pontefici, quanto nella stessa Dottrina Sociale della Chiesa. Ad esempio, nell’enciclica di Giovanni Paolo II Centesimus annus si legge che “una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze”.
Piuttosto, scriveva il Papa polacco, deve “sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre”. “Serve una sussidiarietà responsabile e coordinata, con la partecipazione anche del privato, delle fondazioni, delle istituzioni religiose aventi una vocazione sanitaria e delle comunità locali”, commenta perciò Crepaldi.
Un’altra tematica riguarda la libertà educativa e della scuola. “In Italia ci vuole una vera libertà di educazione a tutti i livelli, condizione necessaria per la stessa ripresa economica e civile”. “Durante la pandemia si è fatta notare la differenza tra i lavoratori del settore privato, in apprensione per il loro futuro, e i lavoratori del settore pubblico”, è la presa di coscienza del sacerdote.
Che ha tristemente registrato come, “nella macchina pubblica, così garantita, ancora una volta si sono dovuti registrare errori e lentezze. Infermieri e medici hanno dato il massimo di sé, ma ciò è avvenuto nonostante i difetti del sistema, anzi a loro compensazione”. Per combattere tutto ciò, “serve una nuova visione sussidiaria e incentrata sul bene comune”.
Crepaldi invoca poi libertà fiscale, quindi lontano da patrimoniali e “fiscalità di Stato esosa e oppressiva”. Ma verso un sistema “commisurato alle imprese e alle famiglie, non agli individui”. E dove si riducano “radicalmente” le tasse, “in concomitanza con la ristrutturazione dell’apparato burocratico e i suoi costi”.
Mentre infine per quanto riguarda gli aiuti finanziari dall’Europa, Crepaldi sostiene che “sarebbe stata da preferire l’idea caldeggiata da diversi economisti di un prestito nazionale”. “L’Italia avrebbe potuto fare da sé, stante la cospicua entità del risparmio privato”, sostiene. Visto che quanto stabilito a livello europeo non rappresenta “un aiuto gratuito e a fondo perduto, né finanziariamente né politicamente”.
“Se consideriamo l’ordine naturale delle cose, la famiglia e la nazione vengono prima dello Stato e delle istituzioni sovra-statali. Bisognerà evitare che dietro ai finanziamenti per il dopo-coronavirus si faccia valere nuovamente un europeismo ideologico che schiacci la nazione condizionandone la vita e la libertà“.
Giovanni Bernardi
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