Oggi viviamo innegabilmente un momento storico fortemente delicato, dominati dall’odio reciproco e dalla dittatura di un algoritmo tirannico che troppo spesso falsa la realtà.
Alla crisi sociale, ambientale, economica che vivevamo fino ai mesi scorsi, che comprende la povertà, le guerre, l’incapacità dell’umanità di intraprendere un cammino sano verso un progresso positivo, si è aggiunta la crisi del coronavirus.
In paesi come gli Stati Uniti, le tensioni sociali rischiano di fare esplodere un intero Paese, e a cascata tutti gli altri. Nella globalizzazione, infatti, siamo tutti interconnessi, come ha dimostrato la pandemia. E se un Paese importante come gli Stati Uniti, che ha interscambi commerciali con l’intero pianeta, va in crisi, allora a cascata questa crisi si innesca anche nelle altre aree del pianeta. Con un effetto domino.
La voce di Papa Francesco che ci indica la strada da seguire
Eppure ancora una volta è Papa Francesco che riesce a indicare la strada da percorrere in mezzo a tutte queste difficoltà. La strada, come ben sanno i credenti, è il Signore Gesù Cristo. Solo lui ha Parole di pace e di giustizia. Per questo, come spiega il sacerdote don Aldo Buonaiuto in un editoriale pubblicato sul quotidiano online da lui diretto, Interris, “non è il momento per fomentare divisioni. Altrimenti lo scenario che avremo davanti sarà quello delle macerie fumanti post belliche”.
“La testimonianza più efficace è l’esempio e, con saggezza da vescovo di strada, Bergoglio insegna che non c’è peggior disperazione dell’assenza di punti di riferimento”, spiega Buonaiuto. Che mette, “tra i modelli più belli e non semplici da seguire”, anche “quello indicato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella“.
Vero credente è chi fa la volontà del Padre
“Che ha insignito del cavalierato, accanto ad eroici martiri anti-covid e luminari della scienza medica, un santo della porta accanto, Pietro Floreno“. Pietro è “malato di SLA, e ha donato all’ospedale del paese il suo ventilatore polmonare di riserva”.
“Non chi dice Signore Signore è vero credente, ma chi fa la volontà del Padre”, ricorda infatti il sacerdote. “Se ne ricordino nei Palazzi di ogni potere dove la dignità umana rischia di finire in un algoritmo”, avverte. Don Buonaiuto infatti critica la tecnocrazia dell’algoritmo, cioè della rete, che oggi più che mai governa ogni attività della vita umana, da quando ci svegliamo fino al momento in cui andiamo a dormire.
La crisi del coronavirus e il potere dell’algoritmo che aumenta
Ancora più nel momento del coronavirus, e abbiamo visto governi come quello italiano provare a fronteggiare il rischio del contagio con l’app Immuni, che tracciando tutti i nostri spostamenti cerca di difenderci dal virus ma allao stesso tempo ci chiede anche di prendere in carico una parte importante della nostra libertà.
Legata tanto alla privacy, già ampiamente in mano alle big del settore hi-tech, quanto allo scientismo imperante di chi, involontariamente o meno, vorrebbe controllare ogni spostamento dei cittadini all’interno dei luoghi in cui vivono. Rendendoci ancor più ingranaggi di un grande sistema meccanico, o digitale, in cui lo spazio per l’umano è sempre più ristretto.
Tornare alla fraternità, unica soluzione di fronte al male che ci assilla
Per questo bisogna tornare alla fraternità, al rispetto reciproco, all’amore per il prossimo. Per queste ragioni bisogna essere buoni samaritani e non squali che cercando di fare il proprio interesse anche di fronte al male, alla malattia, alla difficoltà. Bisogna tornare ad essere uomini e donne che si guardano reciprocamente in viso, desiderosi di compiere il bene del prossimo piuttosto che di utilizzarci e poi buttarci via, reciprocamente, come calze vecchie. Per questo non solo non è cristiano, ma non è nemmeno umano.
“Sei anni fa fui molto colpito nel sentire Papa Francesco canonizzare il predecessore Giovanni XXIII per la sua docilità allo Spirito Santo“, scrive don Buonaiuto. “Irascibile nell’antichità era colui che canalizzava la propria sovrabbondante energia vitale o verso la realizzazione di grandi attese oppure verso la rabbia autodistruttiva”.
L’uso scriteriato dei mass media di parole come “ira”
Considerazione che ci portano all’oggi, dove “l’uso scriteriato e banalizzante che viene fatto oggi dai mass media della parola ira, sembra ignorare che nei monoteismi questo sentimento forte e pericoloso è esclusiva pressoché universale della divinità. Il sacro timor di Dio affonda le radici proprio nella consapevolezza umana che il Creatore è benevolo ma al tempo stesso può condurre in battaglia gli eserciti: cioè, è lento all’ira ma implacabile nella Sua determinazione”.
Perciò, da qui l’invito del sacerdote della Papa Giovanni XXIII, specialmente guardando ai tafferugli che si stanno verificando negli Stati Uniti in seguito alla morte dell’afroamericano George Floyd. “Smettiamola di sperperare un vizio capitale per descrivere quotidiani tafferugli partitici o trascurabili contrapposizioni su questioni tutt’altro che insolubili”. Questo perché “una causa giusta trascolora nel suo opposto quando l’ira sfocia in saccheggi e devastazioni”.
La lotta fratricida che colpisce anche i cristiani e la Chiesa stessa
Un messaggio che vale addirittura anche per la Chiesa stessa, colpita al suo interno da scontri fratricide e avversione assurde per un semplice fedele, intento a vivere la Parola del Signore applicando al meglio il Vangelo nella propria vita. Se questo è l’esempio, in sostanza, Dio ce ne scambi.
“Non sono immuni da questo tsunami devastante neppure i cristiani che, come denuncia San Paolo, sono sempre propensi a dilaniarsi e divorarsi tra loro. Fa tristezza pensare che, secoli dopo la predicazione di San Francesco di Sales (“vale più un grammo di esempio che un quintale di parole”), nell’ecclesia si litiga ancora sotto le bandiere della comunione e si stenta a conciliare le ragioni dell’ego con il bene comunitario”, spiega infatti in conclusione don Aldo.
Avvilente compiacersi delle disgrazie altrui per desiderio di potere
“È avvilente che in forma strisciante di odio e di invidia ci si compiaccia delle disgrazie e delle divisioni in casa altrui, non comprendendo che, come scrive Ernest Hemingway, la prossima campana può suonare per qualcun altro. Il Vangelo aveva previsto tutto raccomandando di valutare l’albero dai frutti. Non bruciando il fico improduttivo ma mettendolo nelle condizioni di esprimere al meglio le proprie potenzialità”.
“Quante voci malevole abbattono i tanti “Abele”, conclude il sacerdote. “Vittime innocenti della bramosia di primato dei pavoni che in ogni ambito vorrebbero sottomettere persino la storia al personale tornaconto di potere e d’immagine”.
“In qualsiasi contesto, invocare e scatenare la rabbia fa il gioco diabolico dell’apprendista stregone che evoca forze oscure dalle quali finisce egli stesso travolto”.
Giovanni Bernardi
Fonte: interris.it
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