La situazione dei cristiani in Pakistan è drammatica, tra vessazioni, stupri, violenze ed omicidi la loro vita è un inferno.
La recente ondata di violenza e sommosse avvenuta nelle principali città pachistane all’indomani dell’assoluzione di Asia Bibi ha permesso al popolo occidentale di conoscere in parte quelle che sono le disgrazie sofferte dai cristiani pachistani quotidianamente. Al momento non ci sono novità sulla revisione della sentenza della donna cristiana assolta dalle accuse di blasfemia (accuse che l’hanno costretta ad affrontare 9 anni di carcere) e la povera Asia è costretta a rifugiarsi nel proprio Paese, per timore che uno dei fondamentalisti possa effettuare una giustizia sommaria.
A nulla dunque sono servite le offerte di asilo giunte dai Paesi membri dell’Unione Europea (L’Italia in tal senso si è mossa prima di tutti), né tanto meno la condanna del leader del partito fondamentalista Tehreek-e-Labaik Pakistan (TLP) con le accuse di terrorismo e sedizione. Asia Bibi continua ad essere ostaggio dell’odio religioso e attende con fremente speranza che le venga restituito il passaporto così da poter riottenere la propria vita.
La situazione dei cristiani in Pakistan
Nulla di sorprendente secondo quanto riferito dall’avvocatessa Tabassum Yousaf nel corso della presentazione del Rapporto di ‘Aiuto alla Chiesa che soffre‘. La donna ha spiegato che la violenza nei confronti delle minoranze religiose, specie quelle cristiane, è una costante della vita nelle città pachistane: “Nelle scuole, ad esempio, i cristiani non possono bere dallo stesso rubinetto o usare gli stessi bagni dei loro colleghi musulmani”. Pare addirittura che i cristiani non possano accedere ai lavori di maggiore importanza o alle cariche pubbliche (un po’ come accade in India, nonostante l’abolizione del sistema delle caste). A questi fenomeni di razzismo ed intolleranza si uniscono le violenze ai danni delle donne e delle ragazze, violentate come punizione per essere cristiane.
La spada di Damocle incombente sulle teste dei cristiani, però, rimane la legge sulla blasfemia, reato per il quale c’è addirittura la pena di morte. Da quando è stata introdotta nel Paese mediorientale (1986), infatti, tale legge è diventata un’arma contro chi difende la libertà religiosa (numerosi gli esempi di persone uccise solo per aver manifestato il diritto di professare il proprio credo). Fare luce su una simile realtà è doveroso, ma si tratta anche del primo passo verso una strada alla libertà che per essere percorsa ha bisogno dell’appoggio del governo.
Segui tutte le nostre News anche attraverso il nuovo servizio di Google News, CLICCA QUI
Luca Scapatello