Le indagini genetiche non smentiscono il racconto tradizionale sulla provenienza della Sindone. Un team di ricercatori – tra i quali anche il Prof. Antonio Torroni e la Dott.ssa Anna Olivieri delDipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia – ripercorre nel tempo e nello spazio le “migrazioni” della più importante reliquia del Cristianesimo.
La Sindone è considerata dalla tradizione cattolica il sudario usato per avvolgere il corpo di Gesù Cristo nel sepolcro, dopo la sua morte per crocifissione, circa 2000 anni fa. Si tratta indubbiamente della più importante reliquia della Cristianità. Tale lenzuolo funerario di lino, lungo 4,4 e largo 1,1 metri, mostra la doppia immagine corporea, frontale e dorsale, di un uomo che ha sofferto un trauma fisico evidenziando segni interpretati come dovuti a maltrattamenti e ritenuti compatibili con quelli descritti nelle sacre scritture.
Nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dall’Università di Padova e condotto in collaborazione con le Università di Pavia e Perugia, sono stati analizzati campioni di DNA genomico isolato da residui organici di varia origine, provenienti da polveri aspirate nel 1978 dalla parte posteriore della Sindone, in corrispondenza di diverse parti dell’immagine corporea, e da porzioni prelevate dal bordo laterale usato nel 1988 per la datazione della Sindone con radiocarbonio. L’obiettivo principale della ricerca era quello di determinare il numero di entità tassonomiche, nel caso delle specie vegetali e animali, e di unità genotipiche ed etniche, nel caso dei soggetti umani, in funzione della tipologia (aplotipo) del loro genoma cloroplastico e mitocondriale. I risultati così ottenuti sono stati poi messi in relazione con le informazioni storiche, le aree geografiche di provenienza o appartenenza più probabile, e la distribuzione moderna delle specie vegetali e delle etnie umane, con l’intento di acquisire nuovi indizi sull’origine della Sindone.
“Le nostre analisi – sottolinea il Prof. Gianni Barcaccia, docente del Dip. di Agronomia, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova e coordinatore della ricerca – hanno evidenziato la presenza di almeno 19 specie vegetali, di diversa natura tassonomica: non solo piante comuni nel Bacino del Mediterraneo ma anche piante con centro primario di origine in Asia, soprattutto Cina, Medio Oriente e nelle Americhe, alcune introdotte nel Vecchio Mondo in un intervallo storico verosimilmente successivo al XII secolo. Per quanto riguarda i lignaggi umani, le nostre analisi hanno rilevato sequenze provenienti da almeno 14 soggetti di diversa origine etnica, riconducibili a un numero limitato di aplogruppi Eurasiatici, inclusi alcuni noti per essere tipici dell’Europa occidentale e Africa nord-orientale, altri comuni in Medio Oriente, dalla Penisola Arabica alla Regione Caucasica, e anche aplotipi rari del sub-continente Indiano. Tale diversità del DNA cloroplastico vegetale e del DNA mitocondriale umano non esclude un’origine Europea di epoca Medievale, ma è anche compatibile con il percorso storico seguito dalla Sindone durante il suo presunto viaggio di 2000 anni dal Medio Oriente fino a Torino.”
I risultati acquisiti confermano inoltre che fibre vegetali e granuli pollinici sono presenti sulla Sindone e rivelano anche che più soggetti umani hanno toccato o comunque lasciato tracce del loro DNA sulla Sindone.
Da qualche tempo è noto che le misurazioni del radiocarbonio collocherebbero l’origine della Sindone nel periodo 1260-1390 d.C. e ciò implicherebbe non solo un’origine riconducibile al tardo Medioevo, ma anche un percorso geografico essenzialmente limitato all’Europa occidentale. Una seconda ipotesi comporterebbe, invece, un viaggio molto più lungo, iniziato a Gerusalemme nell’anno 30 o 33 d.C. Il periodo di tempo in cui si sarebbero verificate le interazioni della Sindone con le fonti biologiche di DNA è in questo caso molto più lungo, circa 2000 anni, e le aree geografiche in cui si trovava la Sindone comprenderebbero il Medio Oriente, l’Anatolia, l’Europa orientale e occidentale, con contaminazioni ambientali e individuali potenzialmente molto più ampie.
Molte delle specie vegetali identificate sulla Sindone in base al DNA cloroplastico hanno avuto origine e sono diffuse in Europa centrale e nelle regioni del bacino del Mediterraneo, dalla Penisola Iberica al Medio Oriente. Inoltre, non è trascurabile la presenza di alcune specie esotiche introdotte in Europa dall’America settentrionale e meridionale, e dall’Asia centrale e orientale. Le varie specie vegetali e le numerose famiglie tassonomiche identificate suggeriscono che molte delle contaminazioni ambientali della Sindone potrebbero essersi verificate nel corso degli ultimi secoli, dopo i viaggi di Marco Polo e Cristoforo Colombo, e sarebbero compatibili con lo scenario secondo cui questo lenzuolo potrebbe essere stato esposto in diverse località del bacino del Mediterraneo.
Per quanto riguarda le tracce umane, le tipologie di DNA mitocondriale rilevate sulla Sindone non sono rappresentative di tutta l’umanità, ma di un ampio sottoinsieme di lignaggi (aplogruppi) che caratterizza in maniera distintiva diverse popolazioni dell’Eurasia occidentale. Questo indica – secondo il Prof. Antonio Torroni e la Dott.ssa Anna Olivieri del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia – non solo che numerose persone sono entrate in contatto con la Sindone, ma anche che queste persone appartenevano a etnie diverse e provenivano da numerose aree geografiche, inclusa l’Europa, il Nord Africa, il Medio Oriente e l’India. “Le sequenze di DNA umano quindi si adattano bene al percorso geografico del lungo viaggio postulato per la Sindone dal Medio Oriente fino a Torino – conferma il Prof. Alessandro Achilli del Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie dell’Università di Perugia – anche se queste sono inoltre compatibili con lo scenario per il quale tra le migliaia di fedeli e devoti che sono venuti in contatto con la reliquia in Francia e in Italia nel corso dei secoli, potrebbero essercene stati molti provenienti da regioni lontane dove questi aplogruppi mitocondriali sono comuni.”
I risultati dello studio sono compatibili dunque con due possibili scenari: nel caso di una origine medievale della Sindone, le persone che sono venute in suo contatto in Europa occidentale dal 1300 in poi lasciandovi traccia del proprio DNA, forse mosse dal culto per tale importante reliquia cristiana, provengono da diverse aree geografiche e hanno diverse appartenenze etniche; in alternativa, nel caso di una sua origine mediorientale, la Sindone nel corso di 2000 anni è stata spostata in tutta l’area del Mediterraneo, di conseguenza venendo in contatto con una vasta gamma di persone geneticamente ed etnicamente diverse, in un arco di tempo ben più lungo.
L’articolo relativo alla ricerca è stato pubblicato sugli Scientific Reports di Nature.