A dispetto di chi sostiene che “il gender non esiste”, è già in atto nelle scuole italiane un grande piano di rieducazione di massa. Il caso Firenze mette i brividi.
Il caso fiorentino del “laboratorio sugli stereotipi di genere, intercultura e bullismo omofobico”, rivolto alle scuole fiorentine primarie e secondarie di primo grado e intitolato “Le chiavi della città”, rappresenta cioè un vero e proprio allarme per le famiglie di tutto il Paese. Un vero e proprio esperimento sociale che è già in atto, oscuro a gran parte dei genitori. Qualora passasse il Ddl Zan, attualmente al Senato, questa inquietante realtà verrebbe addirittura codificata per legge.
Il progetto deleterio è stato partorito dalla collaborazione tra l’Assessorato all’educazione e al welfare del Comune di Firenze, l’Ufficio Regionale Scolastico Toscana, l’Ufficio Provinciale Scolastico Firenze e la Fondazione CR Firenze, e denunciato dall’associazione Pro Vita e Famiglia.
Per realizzare questo progetto, sarebbe stata creata una rete “per il sostegno delle scuole di ogni ordine e grado del Comune di Firenze“. L’ombrello dietro il quale si nasconde questa grande opera di rieducazione e di controllo sistematico di pensieri e comportamenti dei più giovani, è quella della “progettazione di percorsi di cittadinanza e costituzione”.
Tra le varie attività, infatti, è immancabile il “laboratorio sugli stereotipi di genere“. “Il progetto si propone come obiettivo generale quello di contrastare la formazione di stereotipi di genere, prevenendo la discriminazione di chi non si conforma ad essi, favorendo un’educazione alle differenze”, è quanto si legge nel sito.
Insomma, un panegirico per propagandare, come al solito, idee molto confuse e molto poco condivisibili come quelle dell’ideologia gender, con la quale si cerca di obbligare i ragazzi a credere che maschile e femminile siano solo due “costrutti sociali” piuttosto che due realtà biologiche naturali innegabili.
Entrando nel dettaglio, si legge che nella scuola primaria il progetto si pone l’obiettivo di “individuare gli stereotipi di genere” presenti nelle più grandi fiabe e narrazioni della tradizione e della cultura italiana e internazionale. Lo stesso, per i giocattoli più noti e diffusi.
Invadendo in questo modo a piedi pari l’immaginario dei bimbi che deve restare, invece, limpido e senza macchie di alcun genere. La pretesa è quella di imporre loro un modello di comportamento, di libertà indiscriminata senza morale o vincoli. Ben lontano dall’essere quanto di più auspicabile e che non ha proprio nulla a che fare con le esistenze spensierate dei bambini.
Il progetto continua poi nei suoi intenti fumosi e difficilmente comprensibili se si pensa che si tratta di un’attività rivolta alla scuola primaria. Frasi come “atteggiamento critico verso ogni forma di discriminazione“, “atteggiamento di accoglienza nei confronti delle differenze individuali”, sono già infatti di dubbia e oscura comprensione, da approfondire.
Quando si passa poi all’obiettivo di “favorire l’integrazione delle diversità culturali e di genere e promuovere una formazione dell’identità più libera e autentica”, allora il giochetto è svelato. Sarebbe questa, perciò, l’idea di prevenzione delle discriminazioni? Quella di convincere i più piccoli ad abbattere ogni senso di identità per aprirsi alle presunte “differenze”, in un momento della vita in cui non si ha sviluppato ancora alcun tipo di identità?
Non paghi, gli stessi insegnanti verranno sottoposti a questo genere di indottrinamento coatto. Nel finale della scheda del progetto si legge infatti che i docenti saranno sottoposti a un incontro con gli psicologi. Un momento che dovrà essere, si legge nella presentazione del progetto, “utile per avere un feedback rispetto agli esiti del progetto e per condividere buone prassi di educazione alle differenze”.
Se non è rieducazione coatta, in stile Mao Tse-tung, ci si chiede cos’altro sia. La missione dell’ideologia lgbt, di sradicare tutto quanto è stabile e sicuro nella mente dei più piccoli, è dietro l’angolo, più pericolosa che mai. Tutto questo, qualora dovesse passare il Ddl Zan attualmente in Senato, sarebbe un vero e proprio alla libertà di ciascuno e soprattutto dei propri figli. Stiamoci molto attenti.
Giovanni Bernardi
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