Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita nei giorni scorsi ha puntualizzato: sarebbe stato meglio se il documento del Vaticano fosse rimasto segreto.
Dopo la nota della Segreteria di Stato e le puntualizzazioni del cardinale Pietro Parolin, sul ddl Zan si è pronunciato anche monsignor Vincenzo Paglia.
Pur mantenendo toni prudenti e conciliatori con il governo, il presidente della Pontificia Accademia per la Vita ha ribadito la posizione della Santa Sede: l’attuale bozza di legge contro l’omotransfobia è inaccettabile.
Intervistato dal Giornale, monsignor Paglia ha premesso che la Costituzione non ammette “discriminazioni per motivi di ‘sesso’”. In base a questo, qualunque legge ordinaria dovrà promuovere una “tutela contro le discriminazioni”.
Se è vero che, nominalmente, il ddl Zan si presenta come antidiscriminatorio, nella realtà, l’attuale bozza di legge “rappresenta un serio rischio di minaccia per la libertà d’espressione e di discriminazione del sentimento religioso del popolo italiano”. Con il risultato che, con l’intento di “realizzare un articolo della Costituzione, si rischia di negarne altri”.
Il ddl Zan è quindi “inaccettabile”, in quanto “vorrebbe inserire per legge un’idea, quella del genere, che finirebbe per imporsi come ideologia”. La Chiesa, in tal senso, “propone un cammino diverso”, che è quello del “rispetto delle persone” e della “dignità” che nasce dalla “storia” di ogni uomo e donna, dalle loro “gioie” e “dolori”. Una “legge manifesto” che avesse la pretesa di imporre un’“ideologia” sarebbe “inaccettabile per la Chiesa per la società”.
Commentando l’intervento di Mario Draghi, che aveva ricordato la laicità dello Stato, monsignor Paglia ha elogiato il “rispetto” e la “considerazione” del premier “per la Santa Sede e per le sue posizioni”.
In uno stato laico, quale è l’Italia, “nessuna fede religiosa potrà mai proporre che diventi legge una credenza che non sia rispettosa di quelle libertà per cui molti cattolici si sono battuti e continuano a battersi con tenacia e coraggio”, ha puntualizzato il presule.
Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita ha quindi negato che quella della Santa Sede sia stata un’ingerenza. “Se l’Europa può legittimamente intervenire – ha spiegato – quando un paese minaccia i diritti dei cittadini con tendenze omosessuali, non vedo perché la Santa Sede non possa fare altrettanto in Italia”.
Quello del Vaticano, quindi è un “interesse per il bene comune, a partire dalla preziosa visione antropologica che la Chiesa tutela come una ricchezza”. La sua “storica vicinanza” – geografica e culturale – con l’Italia, permette al Vaticano di “cogliere con estrema sensibilità il sentire comune del popolo italiano”.
Per “noi italiani”, infatti, “la famiglia basata sul matrimonio di un uomo e una donna, la realtà di un padre e di una madre come genitori, è qualcosa che rappresenta un valore di estremo rilievo”. Nessuna “ingerenza”, quindi, ma soltanto una “passione per l’umanità”.
In conclusione, monsignor Paglia ha puntualizzato in merito ad alcune sue recenti dichiarazioni, ritenendole travisate. Al presule era stato attribuito un giudizio negativo sulla nota della Segreteria di Stato, quando in realtà, aveva soltanto “espresso dei dubbi, come tanti”.
“Lo sbaglio, a mio avviso, è stato rendere pubblica una Nota, che doveva rimanere segreta. Questa – ha aggiunto Paglia – era l’intenzione originaria della Santa Sede”, tuttavia, “qualcuno deve aver pensato diversamente. La pubblicità ha rischiato di far alzare muri ancora più alti”.
In ogni caso, ha concluso il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, la nota ha avuto l’“effetto di far luce sulle gravi problematiche di un Decreto che, così com’è, è inaccettabile. Non solo dalla Chiesa, direi dalla maggior parte degli italiani”.
Luca Marcolivio
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