La ginecologa e femminista genovese Sandra Morano, che ha firmato un pesante e partecipato appello contro il Ddl Zan, svela le vere intenzioni dietro la legge.
La ginecologa genovese e docente universitaria Sandra Morano ha infatti spiegato con grande chiarezza che il rischio insito nel Ddl Zan è di far sparire l’identità femminile, e con essa la sua forza distintiva, vale a dire la maternità. Questo è il vero pericolo taciuto di questo Ddl che ora è stato incardinato nella commissione Giustizia, e di cui è stata avviata la discussione. Per questo, ora come non mai, è necessario tenere alta l’attenzione affinché questo scempio non diventi realtà nel nostro Paese.
Il vero dramma del Ddl Zan: cancellare donne e uomini
Il problema di questo testo, messo in luce dalla scienziata, è infatti altamente drammatico. Come spiega la docente, il testo punta infatti al superamento del sesso biologico, per abbracciare altre definizioni fluide e variabili, come ‘genere’, ‘identità di genere’, ‘percezione di sé’, che con la Costituzione e con la certezza del diritto hanno veramente poco a che vedere. Ma che tuttavia rischiano di assottigliare le stesse certezze giuridiche, al punto da raggiungere il vero e proprio fine ultimo delle lobby che puntano a introdurla: vale a dire, far scomparire il confine tra i sessi.
In sostanza, per l’esponente di spicco del progressismo genovese e docente universitaria, il ddl Zan, al di là delle buone intenzioni di combattere l’omofobia e la transfobia, introduce definizioni non univoche per ‘classificare’ le categorie meritevoli di tutela. Il tutto “entrando a gamba tesa”, come riporta Avvenire, “in un dibattito scientifico, giuridico e bioetico in pieno svolgimento”. Non c’è certezza su cosa siano questa fantomatiche identità di genere, ma solo studi controversi portati avanti da una piccola comunità molto ideologizzata che però punta a imporre le proprie tesi come dogma egemonico.
Dove c’è caos c’è sempre anche il principe del caos
Quindi anche se nel titolo del testo ci sono belle parole, il contenuto è ben diverso. Si parla infatti di “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. Ma quelle definizioni che vengono introdotto sono definite in una maniera molto dubbia e ben poco condiviso. Per cui la confusione è tanta, proprio come il rischio che ne emerge.
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Dove c’è caos, infatti, c’è anche lo stesso principe del caos. Di fronte ai peggiori scenari infatti, la Morano, forte della sua esperienza professionale medica nell’ambito del miglioramento delle condizioni della maternità e della nascita, ha firmato l’appello per la modifica del testo della legge, insieme ad altri 400 rappresentanti della società civile. “Sarebbe come accettare di ‘far sparire’ le donne e la loro incontrovertibile capacità procreativa, la maternità”, è l’appello della scienziata.
La testimonianza della medica e scienziata e i problemi messi in luce
“Capita a noi mediche e medici di accompagnare la sofferenza di soggetti che non si riconoscono nel proprio sesso biologico. Comprendiamo il rifiuto di alcuni di essere rigidamente definiti o ri-definiti, anche se più spesso capita che molti desiderino chiarire e manifestare attraverso dolorosi percorsi la transizione verso una più soddisfacente identità sessuale. Questa libertà non può però limitare la libertà di tutti, donne e uomini, ad accettare un cambiamento lessicale che per via legale sancisce l’abbandono del concetto di sesso a favore della identità di genere con le sue varianti“.
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Le conseguenze sono altamente pericoloso, e non c’è bisogno di prendere in considerazione i casi più eclatanti. Pensiamo al papà canadese in prigione per essersi opposto alla transizione della figlia di otto anni, al sacerdote arrestato in Gran Bretagna per avere letto in pubblico le lettere di San Paolo, fino ad esempio al dramma dell’utero in affitto. Alle distorsioni ingenerate dal potersi solamente “autodichiarare” donna e accedere alle competizioni femminili, alle quote rosa, alle carceri femminili, ai bagni delle donne. Insomma, al cancellamento vero e proprio del sesso femminile.
Le terribili conseguenze che il Ddl Zan avrebbe anche sulla ricerca
“Pensiamo alle conseguenze che tale definizione può avere sulla Medicina di genere, cioè lo studio del diverso impatto delle malattie e dei farmaci sul femminile e sul maschile, che in questi anni sta facendo passi da giganti”. Il Ddl Zan, ormai diventato simbolo di artisti, vip, influencer e da sempre sponsorizzato da grandi potentati internazionali, e da lobby occulte con non meglio precisati interessi ideologici, rischia di cancellare anche tutti questi aspetti molto delicati della ricerca medica e scientifica.
“Questa è una delle derive di questo testo, e io invito i miei colleghi a prendere posizione. Da una legge confusiva possono derivare cambiamenti nel lessico, che non possono non coinvolgere perfino i manuali e gli insegnamenti della medicina”. In che direzione vorrebbe fosse modificato il testo del ddl Zan? «Preferirei che si parlasse di prevenzione e contrasto alle discriminazione di genere e della violenza per ‘motivi fondati sul sesso’. Sarebbe sufficiente e molto più utile a tutti”, spiega la donna.
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“Intravedo alcune derive inquietanti. La cancellazione della maternità, ad esempio, che per me è il tema centrale dell’identità femminile, quello che ancora è esclusiva delle donne. Ebbene, se il sesso diventa una percezione fluida di sé, ciascuno può giocare su più campi, un uomo può dirsi donna e reclamare il diritto a un figlio. Anche attraverso la gestazione per altri”.
Giovanni Bernardi