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Se il demonio non esiste allora perchè ci Battezziamo.

Il demonio esiste eccome

Secondo alcuni Cardinali, Vescovi e Sacerdoti il demonio non esiste. Quando si dice loro che nel Vangelo si legge che Gesù cacciava il demonio, essi controbattono che Gesù chiamava demonio le malattie psichiatriche che a quei tempi non esistevano. Ma io ribadisco domandando loro come sia possibile che Gesù, il  Figlio di Dio, che ha creato il mondo, non conoscesse le malattie  psichiatriche. Ma come? il Signore  non avrebbe fatto distinzione tra malattia e demonio? Lui che ha detto: “ Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura, cacciate i demoni e guarite gli ammalati”!

Se il demonio non esistesse,inoltre,  perché dovremmo farci battezzare? Che senso avrebbe?     Nelle promesse Battesimali non si rinuncia forse  a satana, alle sue opere, alle sue seduzioni, ad ogni forma di magia, di spiritismo, di cartomanzia e di superstizione di ogni genere?

Numerosissimi Santi hanno combattuto contro il demonio e  alcuni di essi sono stati addirittura  posseduti per anni. Riportiamo qui di seguito brani tratti  dalla storia di  alcuni Santi che testimoniano ciò  che  essi hanno  sofferto a causa di satana.  Se fossero stati malati psichiatrici, la Chiesa non li avrebbe certamente proclamati Santi!  Ricordo, poi, che alcuni Papi hanno affermato  che chi non crede all’esistenza del demonio è fuori dalla Chiesa Cattolica.

La maggior parte dei Santi ha dovuto lottare molto contro il diavolo e, proprio per questo, ci possono parlare di lui, per esperienza che hanno vissuto. Dio ha permesso queste sofferenze perché essi potessero purificarsi e santificarsi e anche perché, constatando la terribile verità della sua esistenza,  potessero pregare e sacrificarsi per la conversione dei peccatori.

Santa Teresa di Gesùci dice nella sua Vita: «Una volta ero in un oratorio e mi apparve dal lato sinistro il demonio, una figura abominevole, in special modo guardai la sua bocca perché mi parlò e l’aveva spaventosa. Dal suo corpo pareva uscisse una gran fiamma. Ebbi molto timore; feci il segno della croce come potei e sparì; ma dopo ritornò. Per due volte mi accadde questo. Non sapevo che fare; avevo lì acqua benedetta e la gettai verso quella parte e non tornò più. Un’altra volta, da cinque ore ero tormentata da dolori molto tremendi e inquietudine interiore ed esteriore al punto che non mi sembrava che si potesse ormai più sopportare…

Vidi vicino a me un negretto abominevole, che ringhiava come un disperato… Mi dava grandi sferzate nel corpo, sulla testa e sulle braccia senza che potessi oppormi. Non osavo chiedere acqua benedetta per non impaurire[le monache] che non sapevano cosa fosse e affinché non sapessero di cosa si trattava… Ma siccome quel tormento non cessava, dissi: se non ridete, vi chiederei acqua benedetta. Me la recarono e la versarono su me, ma non ne traevo profitto; gliela feci gettare dove si trovava quel tale e immediatamente fuggì e il male mi lasciò… Una notte pensai che mi affogassero e, allorché versavano acqua benedetta, vidi una grande moltitudine di demoni andarsene come chi precipita…

Una volta, mentre pregavo,[il demonio] si pose sopra il libro perché non terminassi la preghiera. Mi feci il segno della croce e fuggì. Mentre ricominciavo, tornò. Ricominciai così per tre volte, ma finché non spruzzai acqua benedetta non riuscii a terminare» (Vida 31).

San Paolo della Croce(1694-1775) vedeva il diavolo che si presentava sotto la forma di un gigante orribile o di un gatto nero o di un uccello nero di aspetto terrificante e deforme e non lo lasciava dormire. Gli levava le coperte, lo trascinava al suolo, saliva sul suo letto, lo colpiva… Gli infondeva nel cuore pensieri di malinconia e di tristezza e persino desideri di buttarsi dalla finestra…

Lui, per difendersi, pregava, prendeva il crocifisso nelle mani, spruzzava acqua benedetta e si metteva al collo la corona del rosario. Aveva sempre dell’acqua benedetta in casa.

Il santo Curato d’Arsper molte notti non poté neppure dormire per colpa del diavolo. Imitava i grugniti degli orsi, dei cani o di altri animali… gli faceva sentire colpi di martello, lo trascinava per terra e gli faceva altre cose che gli procuravano dolore. Molte volte lo insultava e gli gridava “mangia patate” (perché le patate erano la sua principale dieta giornaliera). Eppure, con l’acqua benedetta e con il crocifisso si difendeva dal suo nemico, anche se a volte la lotta durava ore. Quando si riferiva al diavolo, il santo lo chiamava “el garras”, (il graspino).

San Benedetto Cottolengospesso trovava le scarpe e la veste nascoste dal demonio, e lo incontrava nei luoghi più difficili e strani. Una volta gli si presentò come un grande signore, che cercava di convincerlo che non avrebbe costruito la sua Opera, ed entrava ed usciva dalla sua casa senza lasciar traccia.

San Giovanni Boscoebbe molto a soffrire a causa del demonio. Lo svegliava di notte, gridandogli forte nell’orecchio, gli buttava via le carte sulle quali scriveva le “Letture cattoliche”, gli toglieva le coperte del letto e in un caso, addirittura le incendiò. A volte sentiva un peso enorme sopra di sé che gli impediva di respirare e gli si presentava come un mostro orribile. Don Bosco lo ricacciava con il segno della croce, l’acqua benedetta e praticando spesso il digiuno.

Santa Gemma Galganiuna notte vide il diavolo nella forma di un cane nero enorme. Un altro giorno, nel quale aveva disobbedito all’ordine del suo confessore di non uscire sola di casa, la seguì lungo il cammino sotto la figura di un uomo che la terrorizzò. Andò a chieder al suo confessore che la perdonasse e dopo la confessione, si rese conto che il diavolo aveva preso la fisionomia del suo confessore. Lei dice nel suo Diario: «Quella fu una giornata del demonio. Il confessore era il diavolo ed aveva la mitra sulla testa». Se ne rese conto perché, mentre gli diceva i peccati, a lui andava bene tutto quello che diceva e non la correggeva. Altre volte non la lasciava dormire e le dava tanti colpi che non poteva levarsi la mattina, ma quello che più la faceva soffrire erano le tentazioni contro la purezza.

In un occasione (25 agosto 1900) le si presentò sotto la figura del suo angelo custode. In principio non lo riconobbe; ma poi, sentendo paura ed inquietudine, riconobbe che non era il suo angelo.

San Paolo aveva già detto: «Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce» (2 Cor 11, 14).

Alessandrina da Costa(1904-1955) era assalita dal demonio con pensieri di suicidio, di disperazione e di impurità. In certi casi, con il permesso di Dio, il diavolo si impadroniva di lei. In questi momenti, non sopportava che si parlasse in sua presenza della Vergine o del Signore, sputava sulle immagini sacre, insultava il suo direttore spirituale e diceva parole oscene e bestemmie. Lei, che pesava 33 chilogrammi ed era paralizzata, sembrava avere una forza sovrumana inspiegabile. Fu un’anima mistica straordinaria. Era rimasta invalida all’età di 14 anni, gettandosi da una finestra per non essere violentata, e rimaneva sempre nel suo letto immobilizzata. Era un’anima vittima per la salvezza dei peccatori e quasi tutti i giorni il Signore permetteva che il diavolo la assalisse e la facesse soffrire per due ore affinché sentisse orrore per il peccato e crescesse sempre più nell’amore verso Dio e del prossimo. In quei momenti il suo direttore spirituale pronunciava esorcismi e sua sorella le spruzzava acqua benedetta per calmarla.

San Padre Pio(1887-1968), famoso sacerdote cappuccino, aveva una guerra senza quartiere con il diavolo, che chiamava “cosaccio” o “barbablù”. Lo assaliva con le tentazioni più atroci, con attacchi violenti, anche dal punto di vista fisico, e con perfidie di ogni tipo. In una lettera, scriveva così al suo direttore spirituale, padre Agostino: «L’altra notte l’ho passata molto male. Dalle dieci di sera alle cinque del mattino il diavolo non fece altro che colpirmi. Mi suggeriva pensieri di disperazione… Quando se ne andò, sentivo un freddo intenso in tutto il corpo che mi faceva tremare da capo a piedi…

Da diversi giorni viene a visitarmi con molti altri, armati di bastoni e di barre di ferro. Non so quante volte mi ha tirato giù dal letto e mi ha trascinato per la stanza… A volte rimango così incapace di muovermi perché mi ha tolto anche la canottiera e, quando fa freddo, mi congelo… Quante infermità dovrei aver preso se il dolcissimo Gesù non mi avesse aiutato».

Certe volte gli buttava all’aria le cose della stanza e metteva tutto in disordine, gli diceva parole oscene e spargeva un odore nauseabondo. Una mattina, dopo una notte di sofferenze con il diavolo, scrisse una lettera al sua direttore, datata 5 novembre 1912, in cui diceva che aveva visto il suo angelo che sorrideva di gioia e lui lo rimproverava per non averlo aiutato, nonostante l’avesse chiamato in suo aiuto. «Per castigarlo, decisi di non guardarlo in volto. Ma lui, poverino, mi si avvicinò quasi piangendo e fino a quando non lo guardai, non parve tranquillizzarsi. Mi disse: Sono sempre al tuo fianco e ti circondo del mio affetto. Il mio amore non finirà neppure al temine della tua vita. Sapevo che il tuo cuore palpita sempre di amore per il nostro amato Gesù… Non temere, devi aver pazienza. Io sono con te».

Molte volte rideva e giocava con il suo angelo, con cui aveva molta confidenza, e per questo, per celia, l’angelo era capace di castigarlo, sapendo molto bene che, in quei momenti, Gesù voleva che rimanesse apparentemente solo affinché il suo merito contro il nemico, nel trionfo, fosse maggiore. Per questo, per la soddisfazione di averlo visto uscire vincitore ancora una volta dalla tentazione, il suo angelo gli appariva sorridendo di gioia.

In talune occasioni riceveva lettere dal suo direttore e non poteva leggerle, perché il diavolo le rendeva illeggibili, come se le avesse bruciate, o erano totalmente in bianco. Allora, metteva un crocifisso sopra e le spruzzava di acqua benedetta ed esse si rendevano leggibili.

Dopo aver letto sopra avete visto quanti Santi ne hanno passato di tutti i colori contro il demonio adesso  non dite che il demonio non esiste. Vi ricordo che anche San Giovanni Bosco è stato disturbato dal demonio per anni.

127. – Ossessione.

D. Bosco si era mosso per recarsi a celebrare la Messa in casa della marchesa di Comillas, quando gli si menò davanti un’ossessa che, appena lo vide, si gettò a terra e parve svenire, mandando spuma dalla bocca, dibattendosi e scontórcendosi come un serpe. Egli le di­ceva di invocare Maria, essa invece urlava: « No, non voglio uscire! non voglio partire! ». Sicconne la disgraziata aveva nome Maria. D. Bosco la chiamava: « Maria, prendi questa medaglia » ; ma essa non dava segno d’intendere. Finalmente D. Bosco la benedisse. Si alzò allora la giovane, prese la medaglia che D. Bosco le offriva, la baciò, entrò in chiesa e udì la Messa. Sembrava guarita: infatti fece colazione tranquillamente, e tutto questo alla presenza di molte per­sone. Coloro che l’accompagnavano, dicevano di non averla vista da gran tempo così calma e n’erano stupefatti. E se ne tornò conso­lata a casa. (M. B. XVIII, 89).

128. – Il nemico delle Regole.

D. Bosco soffriva gravi suggestioni diaboliche ogni volta che stava per intrapprendere qualche opera importante a maggior gloria di Dio. Un mattino avendogli uno domandato se nella notte avesse ri­posato bene, gli rispose: « Non molto, perchè fui molestato da un brutto animalaccio, sotto forma di orso, il quale mi si pose sul letto, e tentò, opprimendomi, di soffocarmi ». Questo fatto non avvenne una volta sola; e D. Bosco diceva chiaramente come fossero mole­stie infernali.

La notte poi nella quale D. Bosco finì di scrivere le prime Regole della Pia Società Salesiana, frutto di tanta preghiera, meditazione e lavoro, mentre scriveva la frase di conclusione: «Ad maiorem Dei Gloriam», ecco apparirgli l’inimicus holito, il tavolino si mosse, si rovesciò il calamaio, mentre s’udivano grida così strane da incutere profondo terrore; e in fine restò tutto così imbrattato il manoscritto da non essere più leggibile, e dover poi D. Bosco ricominciare il suo lavoro. (M. B. V, 694).

129. – La potestà delle tenebre.

Una vera vessazione diabolica era incominciata coi primi giorni di febbraio del 1862. Si dornandò a D. Bosco qual fosse la causa della sua grande spossatezza, e se non si sentisse bene. Allora egli rispose «Avrei bisogno di dormire! Sono quattro o cinque notti che non chiudo occhio; vi è chi mi fa vegliare contro voglia. Da parecchie notti lo spirito folletto si diverte a spese del povero D. Bosco; appena addormentato, mi sento un vocione all’orecchio che mi stordisce, e anche un soffio che mi scuote come una bufera. Mi rovista e disperde le carte e mi disordina i libri. Correggendo a sera tarda il fascicolo delle Letture Cattoliche intitolato « La potestà delle Tenebre » e la­sciandolo perciò sul tavolino, levandomi all’alba, talora lo trovai per terra, e tal’altra era scomparso e doveva cercarlo or di qua or di là per la stanza. E’ curiosa questa storia. Sembra che il demonio ami di starsene coi suoi amici, con quelli che scrivono di lui. Sono tre notti che sento spaccar le legna che stanno presso il mio franklin. Stanotte poi, essendo spenta la stufa, il fuoco si accese di per sè, e una fiamma terribile pareva che volesse incendiare la casa. Altra volta essendomi gettato sul letto, e spento il lume, incominciava a sonnecchiare, quan­d’ecco le coperte tirate come da mano misteriosa, muoversi lentamente verso i piedi, lasciando a poco a poco metà della mia persona sco­perta. Benchè la sponda del letto alle due estremità fosse alta, pure sulle prime volli credere che quel fenomeno venisse prodotto da causa naturale; quindi, preso il lembo della coperta, me la tirava addosso; ma non appena l’aveva aggiustata, di bel nuove sentiva che essa andava scivolando sulla mia persona. Allora, sospettando ciò che poteva es­sere, accesi il lume, scesi dal letto, visitai minutamente ogni angolo della stanza, ma non trovai nessuno e ritornai a coricarmi abbando­nandomi alla divina Bontà. Finche il lume era acceso, nulla accadeva di straordinario, ma, spento il lume, dopo qualche minuto ecco muo­versi le coperte. Preso da misterioso ribrezzo, riaccendeva le candela, e tosto cessava quel fenomeno, per ricominciare quando la stanza ri­tornava al buio. Una volta vidi spegnersi da un potente soffio la lu­cerna. Talora il capezzale incominciava a dondolare sotto il mio capo, proprio nel momento che stava per pigliare sonno. Io mi faceva il segno della santa Croce, e cessava quella molestia. “Recitata qualche preghiera, di nuovo mi componeva sperando di dormire almeno per qualche minuto; ma, appena incominciava ad assopirmi, il letto era scosso da una potenza invisibile. La porta della mia camera gemeva e pareva che cedesse sotto l’urto di un vento impetuoso. Spesso udiva insoliti e spaventevoli rumori sopra la mia camera, come di ruote di molti carri correnti. Talora un acutissimo grido improvviso mi faceva trasalire; e una notte vidi spalancarsi l’uscio della mia camera ed entrare colle fauci aperte un orribile mostro, il quale si avanzava per divorarmi. Fattomi il segno della Croce, il mostro disparve ». (M. B. VII, 68-70).

131 – Tak, tak, tak…

Il 5 febbraio 1862 D. Bosco raccontò: « L’altra sera andai in ca­mera e vidi il tavolino da notte ballare e battere: tak, tak, tak… « Ohi, questa è bella!» dissi fra me, e mi avvicinai e lo interrogai: « E sicchè, che cosa vuoi ? » ed esso continuava: tak, tak, tak. Mi poneva a passeggiare per la camera ed esso taceva; gli andava vicino, ed esso ballava e batteva. Vi assicuro che se io avessi udito raccontare quanto ho veduto, non avrei certamente creduto. E non ci par di sentire i fatti delle streghe che ci raccontava la nonna? ». (M. B. VII, 72).

134. – Moriresti dalla paura!

Una sera del 1865 D. Bosco narrava a un gruppo di giovani le terribili notti di quei tempi. « Oh io non ho paura del diavolo! » in­terruppe un giovane. « Taci! Non dir questo – rispose D. Bosco con voce vibilata, che colpì tutti -. Tu non sai quale potenza abbia il demonio, se il Signore gli desse licenza di operare ». – « Sì, sì: ce lo vedessi, lo prenderei per il collo, e avrebbe da fare con me ». – « Ma non dire sciocchezze; moriresti dalla paura al primo vederlo ». – « E lei come faceva a respingerlo? ». – « Oh io l’ho ben trovato il mezzo per farlo fuggire e per un buon pezzo non comparir più ». – « E qual è questo mezzo? Il segno della Croce certamente». – « Sì, rna non bastava, ci vuol altro! Il segno della Croce vale solo per quel momento ». – « Coll’acqua benedetta? ». – « In certi mo­menti anche l’acqua benedetta non basta ». — « Qual’è dunque questo rimedio che ha trovato? ». – « L’ho trovato; e di quale eficacia esso fu!… ». Quindi tacque, e non volle dire altro. Poscia concluse « Quello che è certo si è che non auguro a nessuno di trovarsi in momenti terribili come mi sono trovato io; e bisogna pregare il Si­gnore che non permetta mai al nostro nemico di farci simili scherzi ». (M. B. VII, 76-77).

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