Il calendario della forma Straordinaria del Rito Romano indica una devozione per ogni mese dell’anno, scelta in base agli eventi che si ricordano in quel periodo specifico.
Così, il mese di Agosto è dedicato a Dio Padre, Creatore di ogni cosa. Per cominciare a parlare di Dio Padre e della sua natura/sostanza, prendiamo in prestito le parole di Sant’Anselmo d’Aosta (1033-1109), Arcivescovo di Canterbury, ritenuto uno dei massimi teologi della storia. E’ colui che più di ogni altro, probabilmente, si è occupato di dimostrare l’esistenza del Padre creatore del mondo, riscattandone il concetto generico dalla filosofia.
“Dunque, o Signore, che dai l’intelligenza della fede, concedimi di capire, per quanto sai che possa giovarmi, che tu esisti, come crediamo, e sei quello che crediamo. Ora noi crediamo che tu sia qualche cosa di cui nulla può pensarsi più grande. (…) E questo ente esiste in modo così vero che non può neppure essere pensato non esistente. Infatti, si può pensare che esista qualche cosa che non può essere pensato non esistente; e questo è maggiore di ciò che può essere pensato non esistente.
Onde, se ciò di cui non si può pensare il maggiore può essere pensato non esistente, esso non sarà più ciò di cui non si può pensare il maggiore, il che è contraddittorio. Dunque, ciò di cui non si può pensare il maggiore esiste in modo così vero, che non può neppure essere pensato non esistente”.
Così, Sant’Anselmo conclude che Dio esiste, anche se non riusciamo ad afferrarne il concetto!
Il nostro Dio è Padre, inteso come origine della nostra stessa storia e, come tale, va pensato e onorato.
Basta leggere il primo Libro delle Bibbia per rendersi conto di come sia stato descritto e intravvedere (in quanto si parla dello Spirito di Dio che aleggiava sulle acque informi) che esso si espliciti attraverso la sua forza. E, poiché tutto ciò che è accaduto, da allora, era già in suo progetto, la sua seconda Persona, Gesù Cristo, era già insito in lui, “generato non creato dalla stessa sostanza del Padre”, ed è Dio stesso.
Dio è dunque Padre, ma anche Figlio e Spirito Santo, ma rimane un’unica Persona, come citata nel primo dei Comandamenti: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo” (De 6, 4).
Il concetto/dogma della Trinità, del Dio trino e uno, è stato molto discusso nel corso dei secoli, probabilmente perché la mente umana non riesce a coglierlo nella sua interezza e in maniera immediata.
Già nel Concilio di Nicea del 325, i Vescovi cristiani dovettero contrastare le eresie del Monaco e teologo Ario, che voleva la natura del Figlio diversa e inferiore da quella del Padre. Si stabilì che Gesù Cristo è consustanziale al Padre, eterno e immutabile, e che Ario dovesse essere perseguito come un eretico.
L’arianesimo, tuttavia, non si debellò affatto; molti ne furono conquistati -persino un Sant’Agostino ancora acerbo nella fede- propagando l’inesatta idea che Cristo fosse stato creato dal Padre, in un tempo successivo, dunque, non poteva essere della sua stessa natura, né della sua stessa valenza.
Ario non era il solo a pensarla in quel modo. Nei primi secoli del cristianesimo, gli Ebioniti rinnegarono la nascita verginale di Cristo, ritenendolo un grande Profeta, ma un semplice uomo (come oggi i musulmani). Consideravano San Paolo un apostata e proponevano di ritornare al giudaismo. I Macedoniani furono, invece, pneumatomachi, ossia avversi allo Spirito Santo.
Non lo ritenevano Dio, ma lo consideravano una forza non ben definita.
Gli Adozionisti pensavano che Cristo fosse una persona comune, a cui Dio aveva affidato una missione straordinaria. Solo al Battesimo al fiume Giordano, quando lo Spirito Santo era sceso su di lui, era divenuto un essere divino. E l’elenco non finisce qui.
Finalmente, nel 381, il Concilio di Costantinopoli definì meglio il concetto di Trinità, parlando dello Spirito Santo come della terza e divina Persona. Così. diventava consustanziale al Padre ed al Figlio, definendosi come lo conosciamo oggi.
C’è da notare che gli ortodossi e molte delle Chiese protestanti credono nella Trinità. Oggi, oltre ai musulmani, anche gli Ebrei non ne comprendono il significato, avendo rifiutato di credere nella rivelazione del Nuovo Testamento.
Padre mio, io mi abbandono a te: fa di me ciò che ti piacerà.
Qualunque cosa tu faccia, io ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si faccia in me, in tutte le tue creature.
Non desidero altro, o mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tue mani. Te la dono, o mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo ed è per me un bisogno d’amore il donarmi, il rimettermi senza misura tra le tue mani, con infinita fiducia, perché tu sei mio Padre. Amen.
Antonella Sanicanti
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