Il suo metodo: appoggiarsi sempre alla saggezza plurimillenaria della Chiesa e dei santi. Questi e altri consigli nel libro di spiritualità di un’autrice laica.
Per andare lontano, l’uomo non può fare di testa sua. Ha sempre bisogno di un altro uomo più saggio che gli indichi la strada.
E quasi sempre questi uomini saggi sono a loro volta guidati da Dio o dai grandi del passato che li hanno preceduti.
Una tradizione “dinamica”
Questo è il vero significato di tradizione: nulla di statico e inamovibile ma, al contrario, qualcosa di destinato a rimanere vitale, perché si nutre da radici pressoché immortali. I grandi filosofi e teologi medioevali – San Tommaso in primis – attingevano ai grandi della classicità greca e latina – Aristotele su tutti.
I cristiani di oggi sono spesso disorientati dalla polifonia valoriale che la società contemporanea propone e nella quale non sempre gli uomini di Chiesa sono in grado di districarsi brillantemente.
In questo caso, nulla è più opportuno dell’attingere alla sapienza di chi ci ha preceduto. Nella sua decina di libri pubblicati dal 2013 a oggi, Stefania Perna, insegnante e madre di famiglia barese, lo ha sempre fatto, solitamente giustapponendo i propri dilemmi spirituali alle certezze dei grandi della fede.
Anche nel suo ultimo saggio A piccoli passi verso l’orizzonte (Edizioni Segno), tra i tanti, Perna cita Romano Guardini, Divo Barsotti, San Massimiliano Kolbe, San Luigi Grignion de Montfort. Rispetto ai suoi libri precedenti, tuttavia, l’autrice viaggia sempre più “in autonomia” e svelando un proprio pensiero originale e distinto su tante tematiche del quotidiano e della spiritualità.
85 capitoli per un totale di 1600 paragrafetti, ognuno solo apparentemente slegata dagli altri. Si parte con “Amare” e si conclude con “Vocazione”. In mezzo troviamo “Cose belle”, “Desiderio”, Croce”, “Diavolo”, “Famiglia”, solo per citarne alcuni.
Il matrimonio è per la felicità: ma di chi?
La vita spirituale si intreccia costantemente con le cose del mondo, senza una vera soluzione di continuità e ciò è inevitabile in una tradizione religiosa “incarnata” come quella cristiana.
L’autrice affronta, ad esempio, il tema dei litigi familiari e prende atto di come le frasi fatte degli umani siano lontane anni luce dalla logica di Dio. “Un vero credente non si sposa solo per essere felice – scrive Perna – quanto e soprattutto per far felice l’altro. E poi, nel matrimonio tra credenti, si ha un bel progetto di vita, un progetto comune condiviso: aiutarsi a diventare santi e a diffondere il Regno di Cristo, ad iniziare dai propri figli”.
Emerge poi il tema della Quaresima: se in questo tempo “ti accorgi che non riesci a vivere la sobrietà o altre virtù, pensa che, invece di spazientirti, puoi sempre vivere l’umiltà (di non riuscire) e la pazienza (di ricominciare)”.
E il digiuno? Secondo Perna, questa pratica “ci aiuta a capire che, se siamo pesanti, non possiamo volare”. Un digiuno molto bello, comunque, è anche “il digiuno dai dubbi, dai pensieri neri o dal pessimismo”; è fondamentale, sottolinea l’autrice “cercare di essere persone… che hanno un problema per ogni soluzione”.
Non basta, tuttavia, fare digiuno: è necessario viverlo con il giusto spirito. Qui ci viene in soccorso San Girolamo: “Se digiuni due giorni, non ti credere migliore di chi non ha digiunato: tu digiuni e magari ti arrabbi, un altro mangia e forse pratica la dolcezza”.
Scrupoli e malinconia, lontani da casa mia…
Un capitolo breve (una sola pagina e cinque paragrafetti) ma ricchissimo di significato è quello relativo alla “furbizia cristiana”. “Essere furbi – scrive Perna – è sapersi rifugiare nel Signore: è un atteggiamento da non sottoporre a sospetto perché va sempre bene! […] La furbizia dei santi è sempre stata basata sul credere che, in ogni circostanza, basta un sorriso di Gesù, per illuminare ogni ombra della vita umana”.
Non è tutto: “I santi non sono più meritevoli di noi (perché la santità è un dono gratuito di Dio che non si può meritare) ma sono però più furbi di noi (perché sanno che il dono è gratis e lo chiedono insistentemente!)”.
Cosa dire, poi, degli “scrupoli” che, lastricando di buone intenzioni la strada di ognuno, finiscono per renderla più impervia e a rischio di cadute ancor più rovinose? In primo luogo, “gli scrupoli vanno bene come campanello d’allarme che avvisa che qualcosa non va ma non devono diventare i padroni della nostra vita. A volte ci basta considerare che l’orizzonte di Dio è sempre più ampio del nostro”.
Anche qui vengono in nostro aiuto i santi. San Filippo Neri affermava: “Scrupoli e malinconia, lontano da casa mia”. E un altro santo li definiva “alleati del nemico”.
“Spesso quando le persone non hanno molti vizi, il demonio le colpisce con gli scrupoli” e ambisce ad “allontanarle da Dio perché ne è invidioso”. Persino quando si fa “una cosa buona con il cuore”, spesso è in agguato una “vocetta fastidiosa, a dire che lo fai per sentirti brava o per essere tranquilla”. La vita d’uscita, allora, è dire a Gesù: “Signore, vedrai tu, purifica il mio cuore!”.