Dio mi ha affidato questa missione, non piangete per me se vado in prigione

 

Oggi vi raccontiamo la storia di Mary Wagner donna che ha deciso di combattere contro la pratica dell’aborto a discapito della sua stessa libertà. Le sue proteste contro le cliniche abortiste sono celebri in Canada e negli Stati Uniti e la sua fama ha valicato i confini facendola diventare un emblema di questa lotta sia per i progressisti (che la reputano alla stregua di una criminale) che per i religiosi (i quali nonostante le sue azioni estreme hanno imparato a considerarla una paladina della giustizia).

 

L’impegno pro vita di Mary è cominciato il 1993 a Denver, quell’anno nella città americana si tenne la giornata della gioventù, dal palco Papa Giovanni Paolo II urlava contro la pratica dell’aborto ed incitava i giovani a combattere (con le parole) come gli apostoli fecero per diffondere la lieta novella. Quelle parole risuonarono dentro di lei come una chiamata, dapprima si chiuse in una vita contemplativa, ore ed ore di preghiere in favore delle vittime dell’aborto, ma quando si accorse che la preghiera non bastava si decise a diffondere la verità attivamente, con manifestazioni e proteste davanti e dentro le cliniche abortiste.

 

Il suo impegno di attivista politica è cominciato nel 2006, un impegno che le è costato diversi arresti per violazione della legge che impedisce di manifestare davanti agli ospedali, ultimo dei quali ad inizio mese. La sua lotta è stata spesso incompresa anche dagli ambienti anti-abortisti, questi ultimi infatti preferiscono impostare la loro lotta in maniera assolutamente pacifica e rispettosa delle leggi. Persino la Curia romana la considerava eccessiva nel suo modo di agire, ma questo giudizio è cambiato dopo la visita del Cardinale Oswald Gracias (Vescovo di Bombay chiamato da Papa Francesco a rinnovare la Chiesa): il cardinale si convinse a parlare con lei dopo aver letto una lettera scritta da Mary per Pasqua, al termine del confronto uscì e disse: “Mi si è chiarito che Mary ha una missione, il suo non è un futile esercizio per combattere i mulini a vento e anche se avesse salvato una sola vita ne sarebbe valsa la pena”.

 

L’ultimo arresto è stato ripreso in diretta, Mary aveva uno sguardo triste non per il carcere, a quello ci è abituata ed è persuasa che sia la pena che deve affrontare per salvare delle anime e delle vite, ma perché ancora una volta delle donne non sono state toccate dal messaggio di vita di cui si è fatta portatrice ed hanno portato a termine il programma di dare fine ad una vita prima ancora che nasca.

 

Di questo è convinta una sua grande amica e sostenitrice Suor Immolatia, lei spiega come la missione di Mary per conto di Dio sia di importanza cruciale e che sarebbe lei stessa a dire a quelli che sono tristi per la sua incarcerazione: ”Non piangete per me, non lamentatevi per il mio arresto e detenzione, piangete piuttosto per questi, i più piccoli dei nostri fratelli e sorelle, i Santi Innocenti, che sono massacrati, fatti a pezzi, le cui grida fragili non vengono sentite, i cui corpi smembrati e insanguinati vengono gettati nella pattumiera o trattati come materiali da ricerca”. D’altronde, ha aggiunto in seguito la suora, sebbene sia dietro le sbarre di una prigione provinciale lei è più libera di spirito di tante altre persone ingabbiate dalle sovrastrutture sociali che ci governano.

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