Accade dopo tutta una serie di contraddizione che hanno iniziato a scandalizzare l’opinione pubblica, e il governo ha deciso di scaricare di punto in bianco la grande organizzazione.
Molti cominciano a presagire che la nota organizzazione a favore dei diritti Lgbt, la più influente in Europa e soprattutto in Gran Bretagna, sia ormai arrivata praticamente al capolinea.
Ci si è accorti dei costi e degli svantaggi esorbitanti di enti pubblici e privati per aderire a sistemi estremamente ideologizzati in materia Lbgt.
Praticamente è bastata una settimana per fare crollare la sua reputazione a picco, come spiega il sito Tempi. Dopo che nei mesi scorsi alcuni suoi co-fondatori, come Matthew Parris e Simon Fanshawe, hanno preso le distanze dalle stesse lotte del movimento, giudicate come ormai praticamente alla deriva senza più nessun limite o misura, una serie di eventi l’hanno letteralmente sconquassata dall’interno.
La dichiarazione che ha messo fuori gioco i pro-Lgbt
È stato infatti lo stesso governo inglese a scaricare ormai Stonewall, attraverso il ministero della Salute, una delle tante istituzioni che negli ultimi mesi hanno chiuso ogni collaborazione con la influente lobby Lgbt, che ormai si ritiene essere totalmente “impanata” nella questione dei trans, sempre più indifendibile sotto molti aspetti.
Il governo inglese è infatti uscito dal programma Diversity Champions, insieme ad altri enti come Ofcom e la Equality and Human Rights Commission. La ragione? Stonewall “mette a repentaglio la reputazione del servizio pubblico e la sicurezza dei nostri pazienti e del nostro personale”, ha scritto Kate Grimes, ex ad del Kingston Hospital di Londra sull’Health Service Journal.
Le insistenti pressioni e la volontà di condizionare le istituzioni
Diversi hanno forse iniziato a comprendere che le eccessive e insistenti pressioni e volontà di condizionare le istituzioni del Paese, attraverso continue linee guida pro-gender in molti casi totalmente fuori di senno, non siano poi qualcosa di così positivo per la società inglese ed europea. in particolare, il tema del genere si trova ad essere in conflitto con l’Equality Act, che è saldamente fondato sul sesso. Anche perché se tutto è relativo, compreso il genere, nulla più esiste, quindi la parità femminile può essere tranquillamente aggirata con una “autodichiarazione”.
La cancellazione della parola “madre” per essere sostituita da “dipendente in stato di gravidanza” o “genitore che fa nascere” è solo uno dei tanti esempi che dimostra come dietro la presunta parità di genere non c’è altro che misoginia che cancella la donna e i suoi diritti. “Spesso l’adesione al programma Diversity Champions non significa fare la cosa giusta”, ha scritto lo Spectator
L’assurdo indice non gradito da aziende e governi
Lo Stonewall’s Workplace Equality Index infatti chiede a enti, aziende e istituzioni pubbliche di pagare per entrare nel proprio sistema di classificazione in cui vengono giudicati “in base a quanto bene promuovono l’inclusività dei trans”. Una sorta di vero e proprio ricatto che “mette le organizzazioni in una posizione compromettente”, è stato scritto. In sostanza, le aziende hanno deciso di non poterne più con questa farsa che non porta loro guadagni ma solo inghippi, e hanno detto basta. È sufficiente toccare il portafoglio per fare cadere ogni ipocrisia idealistica.
Nell’opinione pubblica ha iniziato inoltre a scandalizzare l’idea che insieme alla libera scelta dei pronomi, di per sé già una follia vera e propria, si comincia a chiedere l’accesso libero dei transgender in spazi riservati solo a un sesso, come a spogliatoi o bagni pubblici, specialmente dopo i diversi casi di cronaca che hanno visto stupri e casi simili, uno su tutti il detenuto trans che ha messo in cinta due compagne di cella dopo averle stuprate.
Non bastasse, il Telegraph ha spiegato che l’adesione ai servizi di formazione e alla consulenza di Stonewall è costata ai contribuenti inglesi 301.623 sterline in cinque anni. Così dopo la diffusione di diverse inchieste giornalistiche il governo britannico ha deciso di rivedere le proprie politiche. Era ora.