Disorientamento pastorale

disorientamento pastorale confusione tra i fedeli
“….su questa pietra fonderò la mia Chiesa”

Oggi, ad oltre 55 anni dalla svolta conciliare e dopo tutti gli sbandamenti teologici e politici dell’ultimo mezzo secolo, salta agli occhi anzitutto un qual certo disorientamento pastorale. Moltissimi cattolici appaiono più che mai confusi nella loro fede e nelle loro convinzioni più intime. Anche molti osservatori laici e distaccati si interrogano e magari scrivono articoli, libri e pamphlet per denunciare la crisi della Chiesa, la scomparsa del cattolicesimo europeo o la sua mutazione genetica indebita e inconcepibile.

Il cardinal Carlo Caffarra (1938-2017), un eminente teologo ed un impegnato pastore nell’Italia del XX e del XXI secolo, in un’intervista a Matteo Matzuzzi, apparsa sul Foglio il 17 gennaio 2017, disse che “Solo un cieco può negare che nella Chiesa esista una grande confusione”.

E questa costatazione, secondo noi lapalissiana ed empirica, rimanda la mante al celebre libro-intervista del cardinal Ratzinger, scritto a 4 mani con Vittorio Messori, in cui l’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ammetteva che i primi due decenni successivi al Concilio (1962-1965) non furono affatto positivi per la Chiesa (cf. Rapporto sulla fede, San Paolo, 1985). E i 3 decenni seguenti, sino ai nostri giorni? In cosa avrebbero mutato, ciò che di negativo Ratzinger vedeva nella cattolicità degli anni ‘80?

Abbondano al contrario numerosissimi profeti dell’ottimismo a priori, i quali confondono sempre la verità con l’attualità, la realtà con i loro rosei desideri, il duro presente della Chiesa e della fede in Occidente con l’imperterrito e irriducibile mito del progresso…

Di essi, oltre a Caffarra, non fa sicuramente parte il cardinal Willem Jacobus EijK, arcivescovo-metropolita di Utrecht in Olanda. Il presule ha recentemente protestato per la poca chiarezza delle gerarchie ecclesiastiche, e non solo in Germania, riguardo alla questione dell’inter-comunione tra cattolici e luterani, e più in generale per le derive di tanti pastori e prelati negli ambiti della morale, della teologia e del diritto (cf. La nuova bussola quotidiana, 7 maggio 2018).

Resta sempre valido quindi, e va studiato con meticolosa attenzione, il libro che il giornalista Danilo Quinto ha dedicato a questi continui sbandamenti nel popolo santo di Dio, e anzitutto in coloro che per missione (e non per merito) avrebbero il compito di condurre, guidare, preservare e non – come capita – far precipitare nella fossa (cf. Danilo Quinto, Disorientamento pastorale. La fallacia umanistica al posto della verità rivelata? Introduzione teologica di Antonio Livi, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma, 2018, pp. 274).

Senza peli sulla lingua e con la sicurezza che deriva dall’età e dalla stoffa, mons. Livi nota che il disorientamento ben denunciato da Quinto, “consiste nella sensazione che l’episcopato mondiale e il Papa stesso siano ormai divisi sulle questioni più importanti riguardanti il dogma e la morale della Chiesa (…). Di conseguenza i fedeli non si sentono guidati in modo fermo e unanime, nella pratica della fede, dai loro Pastori (conferenze episcopali, singoli vescovi, parroci, cappellani)” (pp. 8-9).

Paolo VI, presentato da taluni come alfiere del progressismo e da altri come traditore del Concilio, denunciava il 19 gennaio del 1972, la persistenza del modernismo, che “sotto altri nomi è ancora d’attualità”. E se dalla Pascendi (1907) al 1972 l’eresia modernista non era stata completamente debellata (in quasi 70 anni di storia), cosa lascia pensare che lo sarebbe stata dal 1972 al 2018, in un tempo certamente inferiore? Purtroppo nulla.

Ma perfino questo giudizio storico sul modernismo, certamente attendibile, di Papa Montini, in quanto storico potrebbe essere criticato da un cattolico o da un osservatore. Quello che non può essere criticato da nessuno è ciò che nella stessa Udienza affermò il Pontefice poco sotto: “Noi possiamo allora comprendere perché la Chiesa cattolica, ieri ed oggi, dia tanta importanza alla rigorosa conservazione della Rivelazione autentica, e la consideri come tesoro inviolabile, e abbia una coscienza così severa del suo fondamentale dovere di difendere e di trasmettere in termini inequivocabili la dottrina della fede; l’ortodossia è la sua prima preoccupazione” (corsivo mio).

Chiedo umilmente alle autorità ecclesiastiche competenti: nella Chiesa di Papa Francesco, il quale si appresta a canonizzare il prossimo 18 ottobre proprio il suo predecessore bresciano, l’ortodossia è la prima preoccupazione dei Vescovi, dei parroci, dei teologi e del ceto docente del cattolicesimo?

Tutto il libro di Danilo Quinto tende a dimostrare il contrario. E’ vero che, come spiega Livi da buon epistemologo, una cosa sono i dogmi di fede e altra cosa sono le opinioni, pur ragionevolissime, di un autore cattolico. Le tesi personali di un autore, pur legittime, “sono incontrovertibili solo quando si rifanno direttamente ai dogmi della dottrina cristiana” (p. 10). Tuttavia, appare impossibile non essere al corrente del disorientamento pastorale in corso, il quale è altresì un disorientamento dottrinale, morale, filosofico, bioetico, canonico e liturgico.

Si può discutere ovviamente sulle cause di questi vari disorientamenti e sui loro effetti sulla comunità ecclesiale, hic et nunc. Coloro stessi che, profeticamente, li hanno denunciati già molti anni fa, quando essi erano in germe rispetto alle metastasi attuali – si pensi a Romano Amerio, Divo Barsotti, Marcel de Corte e tanti altri – non avevano una visione univoca né delle cause, né delle responsabilità.

Ma i fatti sono fatti, e l’apostasia silenziosa, come la chiamò Giovanni Paolo II, secondo noi è un fatto acclarato, non una mera ipotesi di lavoro o una riflessione che risentirebbe di soggettive ed inevitabili precomprensioni della realtà sociale ed ecclesiale.

D’altra parte, il Catechismo della Chiesa cattolica, che alcuni vorrebbero censurare (sulla pena di morte, sull’omosessualità, sul peccato originale, sull’esistenza dei demoni, sull’impossibilità di ricevere la comunione senza essere in grazia, etc.), afferma così in un passaggio emblematico-apocalittico: “Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il mistero di iniquità sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità” (n. 675, corsivo mio).

Che il “disorientamento pastorale” descritto da Quinto e da Livi sia l’inizio di questa impostura religiosa, è ragionevole pensarlo, pur senza avere certezze apodittiche in proposito.

Antonio Fiori

 

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