Divina Misericordia, il Papa: “Solo così possiamo cancellare il peccato”

Dopo la Resurrezione, i discepoli di Gesù da “misericordiati” diventano “misericordiosi”. Lo ha detto papa Francesco, nell’omelia per la Festa della Divina Misericordia.

Il Santo Padre ha presieduto la messa nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia, alla presenza, tra gli altri, di alcuni detenuti delle carceri romane, di infermieri dell’ospedale Santo Spirito e di alcune famiglie di rifugiati.

I tre doni della Resurrezione

Il Vangelo odierno (Gv 20,19-31) mostra i tre doni che Gesù offre ai discepoli al momento della Resurrezione: la “pace”, lo “Spirito” e le “piaghe”. Dopo la crocefissione, essi si erano chiusi in casa “per paura di essere arrestati e di fare la stessa fine del Maestro”. Al tempo stesso, erano rimasti “chiusi anche nei loro rimorsi” per aver “abbandonato e rinnegato il Maestro”: si sentivano “incapaci, buoni a nulla, sbagliati”.

Quando Gesù appare loro e dice: “Pace a voi”, è come se intendesse: “Vi mando perché credo in voi”. Infonde in loro, cioè, una “pace esteriore” che non toglie i “problemi di fuori” ma, piuttosto, una “pace del cuore” imprime una “fiducia dentro”. Li ha fatti passare “dal rimorso alla missione”, li ha spinti ad abbandonare “tranquillità” e “comodità”, ad “uscire da sé”.

Risorgendo, Gesù “spezza le catene che tengono prigioniero il cuore” e i discepoli “sentono che Dio non li condanna, non li umilia, ma crede in loro”. Per Dio, infatti, “nessuno è sbagliato, nessuno inutile, nessuno escluso, ha sottolineato il Pontefice.

La Sua misericordia conta più dei nostri peccati

Quando poi dona lo Spirito Santo, Gesù rimette i peccati ai discepoli. Il peccato “da soli non possiamo cancellarlo. Solo Dio lo elimina, solo Lui con la sua misericordia ci fa uscire dalle nostre miserie più profonde”. Tutti hanno bisogno, allora, del “Sacramento del perdono”: al centro della confessione, infatti, “non ci siamo noi con i nostri peccati, ma Dio con la sua misericordia”.

Terzo dono del Risorto ai discepoli sono le “piaghe” attraverso le quali siamo stati guariti (cfr 1Pt 2,24; Is 53,5). “Le piaghe sono canali aperti tra Lui e noi, che riversano misericordia sulle nostre miserie – ha sottolineato il Papa –. Sono le vie che Dio ci ha spalancato perché noi entriamo nella sua tenerezza e tocchiamo con mano chi è Lui”.

È in particolare nella messa, che “Gesù ci offre il suo Corpo piagato e risorto”. Tocchiamo così quelle stesse piaghe in cui San Tommaso mise il dito dopo la Resurrezione: scoperto Dio “intimo e vicino”, come Tommaso, commossi gli diciamo: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Se ci basiamo “sulle nostre capacità, sull’efficienza delle nostre strutture e dei nostri progetti, non andremo lontano; se, al contrario, “accogliamo l’amore di Dio potremo dare qualcosa di nuovo al mondo”.

Comunismo? No, cristianesimo!

Gli effetti della Resurrezione si riscontrano innanzitutto nella prima Lettura. I discepoli mettono tutto in comune (cfr At 4,32) ma questo, ha puntualizzato Francesco, “non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro”. Gli stessi che prima litigavano su “premi e onori” e “su chi fosse il più grande tra di loro” (cfr Mc 10,37; Lc 22,24), ora condividono tutto, hanno «un cuore solo e un’anima sola»” (At 4,32).

Sorella, fratello, vuoi una prova che Dio ha toccato la tua vita? Verifica se ti chini sulle piaghe degli altri”, ha detto il Santo Padre. “Non rimaniamo indifferenti – ha proseguito –. Non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono”. Da “misericordiati”, si diventa “misericordiosi”: se l’amore “finisce con noi stessi, la fede si prosciuga in un intimismo sterile” e “diventa disincarnata”. Privata delle “opere di misericordia” la fede “muore” (cfr Gc 2,17).

Lasciamoci risuscitare dalla pace, dal perdono e dalle piaghe di Gesù misericordioso. E chiediamo la grazia di diventare testimoni di misericordia”, è stata quindi l’esortazione finale del Pontefice.

Durante la recita del Regina Caeli, al termine della celebrazione, il Papa ha ringraziato le persone presenti alla messa nel Santuario della Divina Misericordia: “fedeli abituali, personale infermieristico, carcerati, persone con disabilità, rifugiati e migranti, Suore Ospedaliere della Divina Misericordia, volontari della Protezione Civile”.

Voi rappresentate – ha detto loro – alcune realtà nelle quali la misericordia si fa concreta, si fa vicinanza, servizio, attenzione alle persone in difficoltà. Vi auguro di sentirvi sempre misericordiati per essere a vostra volta misericordiosi”.

Luca Marcolivio

 

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