Divorziati e separati possono fare la comunione? Cerchiamo di fare chiarezza una volta per tutte su un argomento scottante e che tocca la vita di molte persone.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento”. “(…) L’intima comunione di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale (…). Dio stesso è l’autore del matrimonio”, conseguentemente, l’unione davanti al Signore, il matrimonio religioso cristiano, non è solo un’istituzione umana, ma diventa divina.
Quando allora due coniugi decidono di separarsi, divorziare, rompono un patto divino, sancito con Dio e da Dio, di fronte alle autorità ecclesiali. Disobbedire al Signore, infrangere una sua legge, è peccato e questo spiega perché i divorziati, che decidono di contrarre un altro matrimonio, di iniziare una convivenza con una persona, diversa dal coniuge (dall’ex coniuge), non possono accedere ai Sacramenti e, in particolare, prendere la Comunione.
Accade a loro quello che è previsto per ogni nostra mancanza: senza pentimento del peccato, senza proponimento di non commettere più quella mancanza, non ci può essere né perdono, né assoluzione nel Confessionale.
Cosa dice il Diritto Canonico
Il diritto Canonico (915) dice, infatti: “Non si ammettano alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena, e quanti dovessero persistere ostinatamente in un manifesto peccato grave”.
Questa descrizione dei fatti è comunque molto generica e non tiene conto, come si dovrebbe, dei casi personali e particolari, delle attenuanti nelle situazioni che alcuni separati vivono, loro malgrado, e di coloro che, pur essendo divorziati, non iniziano nessun altra relazione.
Probabilmente, per questo motivo, il documento ultimo del Papa, tanto discusso ancora adesso, l’Amor Laetitia, nel capitolo 8, alla nota 354, dice che, “in certi casi”, la chiesa potrebbe avvicinare i coniugi “irregolari” alla fede con “l’aiuto dei sacramenti”.
Oggi lo ribadisce anche il Cardinale Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ponendo l’accento sulla coscienza personale di ognuno, che, al di la della condizione che si sceglie di vivere (o in cui ci si ritrova per volere dell’altro coniuge che ha interrotto la relazione matrimoniale), deve essere caritatevolmente compresa dalla chiesa e sostenuta, istruita, educata.
Il Cardinale precisa che divorziati e separati potrebbero essere ammessi alla Comunione, se “desiderano cambiare vita, ma non possono attuare il loro desiderio”, ossia se “sono coscienti del loro peccato”, ma non hanno la possibilità di modificare la loro situazione, che implica il rispetto per altre persone, che intanto potrebbero essere state sentimentalmente e umanamente coinvolte (altri partner o altri figli).
Alla luce di questi nuovi sviluppi, pare che la chiesa e la sua dottrina vogliano e possano comprendere, caso per caso, la difficile circostanza che induce a spezzare il sacro vincolo matrimoniale, ribadendo che potrebbe bastare la volontà di convertirsi, e la confessione, per accedere al Sacramenti dell’Eucarestia.
Il teologo Maurizio Gronchi, docente alla Pontificia Università Urbaniana e Consultore della Congregazione della Dottrina delle Fede, definisce il capitolo 8 dell’Amoris Laetitia come una “ricerca della pecora perduta da parte del pastore, superando ogni forma di emarginazione”.
Questo atteggiamento non serve -c’è da sottolinearlo- ad accettare o a giustificare il peccato, compromettendo la dottrina della fede, ma a comprendere l’umana debolezza e ad attualizzare le circostanze che molte coppie di sposati/separati/divorziati/risposati civilmente si trovano a vivere oggigiorno.
Amoris Laetitia: controversie varie
Del resto, anche Papa Giovanni Paolo II aveva detto: “La prevedibilità di una nuova caduta, non pregiudica l’autenticità del proposito”.
Al momento, però, sono molti i prelati che non hanno ben accettato la posizione del Santo Padre Francesco, in merito alle innovative disposizioni della chiesa, nei confronti dei coniugi “irregolari”.
Ricordiamo che Cardinali e Vescovi del calibro di Burke, di Brandmueller, di Caffarra, di Meisner, di Müller e di Peric, e molti solo sostenitori, hanno espresso, in una lettera titolata “Dubia”, il loro assoluto dissenso sull’Amoris Laetitia e su ciò che, nel documento, sembra voler modificare o moncare la nostra secolare dottrina.
Il Vescovo di Mostar (Diocesi ci cui fa parte anche Medjugorje, tra l’altro), Monsignor Petric, ha affermato: “I cattolici sposati validamente che abbiano successivamente divorziato e si siano nuovamente sposati, non possono ricevere la santa Comunione, fino a quando non avranno risolto la propria situazione in contraddizione con la Legge di Dio”, “non può essere data (l’assoluzione) a una persona che viva in una comunione matrimoniale irregolare o non sia sposata in chiesa”.
Molti altri religiosi e laici, e da tante parti del mondo, invece, hanno colto nell’Amoris Laetitia un atteggiamento di misericordia, una volontà di discernimento maggiore e mai marginale, per ogni criticità umana ed esistenziale, tutte cose che fanno ben sperare che la chiesa voglia avvicinarsi al fedele e alla sua vita privata, in ogni suo aspetto, per prendersene cristianamente cura, come è giusto che sia.