Dolcetto scherzetto? Halloween ci ha rovinato, una festa ci ha cambiato la vita per sempre

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Dolcetto scherzetto? Halloween ci ha rovinato, una festa ci ha cambiato la vita per sempre
Nessun dolcetto, né scherzetto. Ma droga e stupri e sangue. «Non eravamo mai stati a una festa di Halloween: ci sembrava una cosa stupida e superficiale. Ma questa persona di mezza età, così distinta, così educata e cortese che ci invitò con garbo ad andarci, ci convinse. Soprattutto per la curiosità, una volta, di vedere».

Nel 2005 aveva ventuno anni Car­men (nome di fantasia, ndr) e il suo fidanzato due di più. Lo incontravano da tempo, quel signore distinto di mezza età, quasi ogni mattina nel bar dove facevano colazione, al centro di questa cittadina del Nord Italia. Spesso avevano scambiato quattro chiacchiere a modo: non che fossero diventati amici, ma lui abilmente, senza fretta, aveva saputo conquistarsi la fiducia dei due ragazzi. E alla fine diede loro l’indirizzo dove ci sarebbe stata quella festa di Halloween alla quale li aveva così amabilmente invitati.

Arrivarono, la sera del 31 ottobre di tre anni fa, in un casolare di campagna, isolato, deserto tutt’intorno. «Appena entrammo ci sembrò una cosa un po’ ridicola, perché erano tutti in maschera, sebbene con abiti molto lugubri e tetri: streghe, vampiri, streghe, zombie». Una cinquantina di persone, forse poco di più, donne e uomini.

Due grandi sale e nessuna luce elettrica: soltanto candele, dappertutto. Musica, neppure troppo alta, in uno dei due stanzoni. «Quasi subito ci sentimmo imbarazzati: io e il mio ragazzo eravamo gli unici a non essere mascherati, a non avere il volto coperto». Il distinto signore non aveva detto loro che la ‘festa’ sarebbe stata in maschera.

«Mangiammo. Bevemmo cocktail alla frutta, ricordo che alcuni sapevano di fragola e altri di lampone». Non tutti i bicchieri li presero dal buffet, alcuni li porse loro sempre quel signore di mezza età e non ci fecero caso, poiché era assai gentile come al solito e com’era stato anche ogni mattina al bar.

Verso la fine della cena accadde qualcosa che «ci colpì molto», continua a raccontare Carmen con la voce che le si fa un filo: «Nella sala più grande entrò un uomo vestito completamente di nero, con un grande mantello ed un cappuccio sul volto. E tutti, nessuno escluso, tranne noi due, si misero in ginocchio ». S’avvicinò ad ognuno, lentamente, e a ciascuno impose le sue mani, mentre «tutti s’erano messi a parlare una lingua incomprensibile ». Ne furono assai «impressionati» entrambi. Pensarono tuttavia «fosse una specie di gioco che facesse parte delle feste di Halloween». Non conoscevano il mondo dell’occulto: «Credevamo che certe cose che si leggono o si sentono fossero solamente fantasie e invenzioni».

Perché però a quel punto non andarsene via e tornare a casa? Carmen e il fidanzato ci provarono. «Avevo mal di testa, nausea, mi girava la testa, volevo uscire – ricorda lei – andai verso la porta, ma era chiusa a chiave. Chiesi aiuto al mio ragazzo, ma neanche lui si sentiva bene e neanche lui riuscì ad aprire la porta, non ci riuscimmo nemmeno provando insieme». E qui finiscono i suoi, i loro, ricordi: barcollano sfumando nei giramenti di testa sempre più forti e infine in un buio vuoto.

Si risvegliò per primo lui verso le quattro del mattino. Scosse subito lei che dormiva ancora. Era nuda, completamente, aveva molti tagli sulle braccia e sul corpo, graffi, lividi e altri segni di abuso. Erano da soli: nel casolare non c’era più nessuno. La loro auto era ancora parcheggiata lì fuori, lui la portò al pronto soccorso dell’ospedale più vicino. Furono sottoposti a molti esami ed analisi. Lei aveva subìto violenze sessuali ed entrambi nel sangue avevano della Ketamina (una droga anestetica, utilizzata soprattutto in veterinaria, che deprime il sistema nervoso centrale, riduce la frequenza cardiaca e respiratoria e abbassa la pressione).

Qualche giorno, più tardi lui, il fidanzato di Carmen – che oggi è suo marito – tornò in quel casolare. E ci trovò il proprietario: «Dovete far finta che non sia mai accaduto nulla», disse l’uomo al ragazzo. «Cerchiamo di capirci subito: non dovete approfondire, ma lasciar perdere. Se non volete avere dei ‘problemi’ quella sera per voi non c’è mai stata ». Carmen era terrorizzata. Le arrivavano telefonate anonime. Non riuscì più ad uscire di casa per tantissimo tempo. Venne seguita da uno psicoterapeuta. Dovette spostarsi e, per un anno, andare a vivere col suo fidanzato a qualche centinaio di chilometri dalla loro cittadina, nella quale però non incontrarono mai più quel signore «di mezza età, così distinto, educato e cortese».

È stato terribile per lei dover rivivere, raccontandolo al cronista, quella notte. Non voleva farlo. Ci ha pensato a lungo. Alla fine ha solamente chiesto l’anonimato più assoluto, perché ha deciso di «far sapere, soprattutto ai giovanissimi che pensano a questa festa come a un appuntamento molto bello e molto ‘ cult’, che proprio la notte di Hal­loween si fanno cose orrende». Per­ché «i ragazzi vanno messi in guardia, tanto, chiaramente, senza timori di andare controcorrente, soprattutto le ragazze».

Socchiude gli occhi, fa un respiro lento e profondo: «Oggi, quando penso ad Halloween, capisco che la mia vita è stata rovinata – dice prima di salutarci –. E che di questa rovina porto i segni sulla mia anima e sulla mia pelle».”

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