Davanti a una folla mai così numerosa dall’inizio della pandemia, Francesco celebra la Passione del Signore in piazza San Pietro e spiega perché i crocifissori di Gesù “non sanno quello che fanno”.
Salvare l’altro e perdonarlo incondizionatamente. Sono questi i due messaggi più rilevanti del Vangelo della Passione, commentato oggi da papa Francesco durante la messa della Domenica delle Palme in piazza San Pietro.
Quella odierna apre il primo ciclo di celebrazioni pasquali del post-pandemia. Per la prima volta dopo tre anni, il Santo Padre ha potuto presiedere la messa delle Palme davanti a una considerevole folla di pellegrini (circa 50mila, secondo la Gendarmeria Vaticana). Lo ha fatto ricordando in primo luogo il segno di contraddizione delle “due mentalità” che emergono durante l’agonia di Gesù sul Calvario.
I crocifissori gli ripetono: “Salva te stesso” (Lc 23,37). Questa, però, è la mentalità del mondo, è “il ritornello dell’umanità che ha crocifisso il Signore”. È l’inclinazione a “badare a se stessi, pensare a se stessi; non ad altri, ma solo alla propria salute, al proprio successo, ai propri interessi; all’avere, al potere e all’apparire”.
Alla mentalità dell’io, però, “si oppone quella di Dio”, che “offre se stesso”. Sulla Croce, Gesù non “rivendica qualcosa per sé”, né “difende o giustifica se stesso”. Piuttosto, “prega il Padre e offre misericordia al buon ladrone”.
Nel momento del “dolore fisico più acuto”, Gesù “chiede perdono per chi lo sta trapassando”. Non minaccia “castighi in nome di Dio”, come altri martiri dell’Antico Testamento (cfr 2Mac 7,18-19). Al contrario, “soffre e ha un solo desiderio: poterci perdonare”.
Da quelle “piaghe”, da quei “fori di dolore provocati dai nostri chiodi che scaturisce il perdono”. Il Pontefice ha quindi esortato a guardare il Crocifisso e a dire: “Grazie Gesù: mi ami e mi perdoni sempre, anche quando faccio fatica ad amarmi e perdonarmi”.
Gesù ci insegna a “spezzare il circolo vizioso del male e del rimpianto. A reagire ai chiodi della vita con l’amore, ai colpi dell’odio con la carezza del perdono”.
Dio non divide l’umanità in “buoni e cattivi”, in “amici e nemici” ma considera tutti “figli amati, che desidera abbracciare e perdonare”. Non si “stanca di perdonare, non sopporta fino a un certo punto per poi cambiare idea, come siamo tentati di fare noi”.
“Non stanchiamoci del perdono di Dio: noi preti di amministrarlo, ogni cristiano di riceverlo e di testimoniarlo”, ha esortato il Papa, osservando, poi, un paradosso. Perché Gesù dice che i suoi uccisori “non sanno quello che fanno”, quando “avevano premeditato la sua uccisione, organizzato la sua cattura, i processi, e ora sono sul Calvario per assistere alla sua fine”?
Eppure, essi “non sanno”, perché “quando si usa violenza non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno sugli altri, che sono fratelli. Si dimentica perché si sta al mondo e si arriva a compiere crudeltà assurde”.
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“Lo vediamo nella follia della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo – ha sottolineato Francesco –. Sì, Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli”.
Anche davanti agli abomini della guerra attuale, si ripete la “frase inaudita” di Gesù crocifisso: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
L’ultimo riferimento è al Buon Ladrone, l’unico che “accoglie” l’invocazione al perdono di Gesù. “Possiamo pensare che la misericordia di Cristo abbia suscitato in lui un’ultima speranza e l’abbia portato a pronunciare quelle parole: «Gesù, ricordati di me» (Lc 23,42)”.
È come se il Buon Ladrone avesse voluto dire: “Tutti si sono dimenticati di me, ma tu pensi pure a chi ti crocifigge. Con te, allora, c’è posto anche per me”.
Proclamando: «Oggi con me sarai nel paradiso» (v. 43), Gesù compie il “prodigio” del suo perdono che “trasforma l’ultima richiesta di un condannato a morte nella prima canonizzazione della storia”.
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Con Gesù “non è mai finita, non è mai troppo tardi. Con Dio si può sempre tornare a vivere”, ha concluso il Papa, esortando i fedeli a incamminarsi “verso la Pasqua con il suo perdono”.
Poco prima della recita dell’Angelus, il Santo Padre ha richiamato l’attenzione sulla situazione di instabilità sociopolitica in Perù, per poi lanciare un nuovo appello per la pace in Ucraina, vessata da un conflitto “di cui non si vede la fine, una guerra che cui ogni giorno ci pone davanti agli occhi stragi efferate ed atroci crudeltà, compiute contro civili inermi”.
Nei giorni che precedono la Pasqua, in cui i cristiani si accingono a celebrare “la vittoria del Signore Gesù Cristo sul peccato e sulla morte” e non la vittoria “di qualcuno su qualcun altro”.
Oggi, però, “c’è la guerra, perché si vuole vincere alla maniera del mondo”, tuttavia, “così si perde soltanto. Perché non lasciare che vinca lui, Cristo portato alla Croce, per liberarci dal dominio del male?”, ha detto il Papa.
Cristo “è morto perché regnino la vita, l’amore e la pace. Si ripongano le armi, si inizi una tregua pasquale ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere. No! Una tregua per arrivare alla pace, verso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente”.
“Che vittoria sarà quella pianterà una bandiera su un cumulo di macerie? Nulla è impossibile a Dio. A lui ci affidiamo per intercessione della Vergine Maria”, ha quindi concluso Bergoglio.
Il Pontefice si è congedato da piazza San Pietro a bordo della papamobile, salutando il gran numero di fedeli – mai così tanti dall’inizio della pandemia – venuti a partecipare alla messa delle Palme.
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